L'analisi del nuovo articolo di Franco Gabbani si sposta questa volta nel mondo di un associazionismo antesignano, le confraternite, necessarie per togliere dall'isolamento e dal mutismo le popolazioni delle campagne, anche se basate esclusivamente sui pricipi della religione.
E d'altra parte, le confraternite, sia pur "laiche", erano sottoposte alla guida del parroco.Sono state comunque i primi strumenti non solo di carità per i più bisognosi, ma soprattutto le prime esperienze di protezione sociale verso contadini ed operai.
Oggetto di infinite discussioni, il sudato "Statuto dei lavoratori" nasce il 20 maggio del 1970, sette mesi dopo il famoso "autunno caldo" del 1969 che coinvolse oltre sette milioni di lavoratori impegnati nella rivendicazione dei propri diritti.
In quell'infuocato periodo della storia italiana, l'autunno del '69 appunto, furono soddisfatte molte delle richieste avanzate dai lavoratori come la riduzione dell'orario di lavoro a 40 ore settimanali, gli aumenti salariali e il diritto di assemblea nelle fabbriche con più di 15 dipendenti.
Nello stesso anno quindi, allo scopo di regolamentare meglio tutto ciò, è stata presentata al Consiglio dei ministri la prima bozza dello "Statuto dei lavoratori", approvata dal Parlamento solo un anno più tardi.
Ecco alcuni principi fondamentali contenuti nello Statuto. -
L'articolo 1 della legge n.300 del 1970 legittima i lavoratori, senza distinzione di opinioni politiche, sindacali e di fede religiosa, a manifestare liberamente il proprio pensiero nei luoghi dove prestano la loro opera.
Il datore di lavoro può impiegare le guardie giurate solo per tutelare il patrimonio aziendale e non per verificare l'attività dei dipendenti.
I lavoratori non possono essere sottoposti a controlli neppure con l'uso di impianti audiovisivi o altre apparecchiature. -
Il controllo delle assenze per infermità (malattia o infortunio) può essere effettuato dal datore di lavoro solamente attraverso i servizi ispettivi degli istituti previdenziali competenti.
Le visite personali di controllo sul lavoratore sono ammesse solo se indispensabili ai fini della tutela del patrimonio aziendale.
Le visite saranno realizzate in modo da non ledere la dignità e riservatezza del lavoratore all'uscita dei luoghi di lavoro.
Il datore di lavoro, ai fini dell'assunzione, non può effettuare indagini per conoscere le opinioni politiche, religiose o sindacali del candidato. -
I lavoratori studenti devono essere agevolati nei turni di lavoro perché possano frequentare i corsi e preparare gli esami. Non sono obbligati a fare gli straordinari e hanno diritto a a permessi retribuiti quando devono sostenere prove d'esame.
Tutti i lavoratori, all'interno dei luoghi di lavoro, possono svolgere attività sindacali. Il datore di lavoro non può discriminare, per questo motivo, i propri dipendenti (neppure se questi partecipano ad uno sciopero) con provvedimenti disciplinari o assegnando loro mansioni inadeguate. -
E' prevista la ricollocazione nel posto di lavoro quando il giudice annulla il licenziamento effettuato senza giusta causa o giustificato motivo. In questo caso il datore di lavoro è tenuto a risarcire il danno subito dal suo dipendente con un'indennità stabilita in base alla retribuzione globale di fatto. -
Il dipendente può chiedere al posto della reintegrazione lavorativa, un risarcimento pari a quindici mensilità di retribuzione.
In azienda è prevista la costituzione delle rappresentanze sindacali; i lavoratori hanno diritto di riunirsi in assemblea nei limiti di dieci ore all'anno e di svolgere opera di proselitismo per le loro organizzazioni sindacali all'interno dei luoghi di lavoro.
Di seguito riportiamo invece il testo dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, l'articolo al centro di numerose polemiche e di battaglie fra chi intende modificarlo e chi vorrebbe tenerlo così com'è o addirittura estenderlo alle aziende sotto i 15 dipendenti, che disciplina la reintegrazione nel posto di lavoro.
Ferma restando l'esperibilità delle procedure previste dall'art. 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, il giudice, con la sentenza con cui dichiara inefficace il licenziamento ai sensi dell'art. 2 della legge predetta o annulla il licenziamento intimato senza giusta causa o giustificato motivo ovvero ne dichiara la nullità a norma della legge stessa, ordina al datore di lavoro di reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro.
Il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno subito per il licenziamento di cui sia stata accertata la inefficacia o l'invalidità a norma del comma precedente. In ogni caso, la misura del risarcimento non potrà essere inferiore a cinque mensilità di retribuzione, determinata secondo i criteri di cui all'art. 2121 del codice civile.
Il datore di lavoro che non ottempera alla sentenza di cui al comma precedente è tenuto inoltre a corrispondere al lavoratore le retribuzioni dovutegli in virtù del rapporto di lavoro dalla data della sentenza stessa fino a quella della reintegrazione. Se il lavoratore entro trenta giorni dal ricevimento dell'invito del datore di lavoro non abbia ripreso servizio, il rapporto si intende risolto.
La sentenza pronunciata nel giudizio di cui al primo comma è provvisoriamente esecutiva. Nell'ipotesi di licenziamento dei lavoratori di cui all'art. 22, su istanza congiunta del lavoratore e del sindacato cui questi aderisce o conferisca mandato, il giudice, in ogni stato e grado del giudizio di merito, può disporre con ordinanza, quando ritenga irrilevanti o insufficienti gli elementi di prova forniti dal datore di lavoro, la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro.
L'ordinanza di cui al comma precedente può essere impugnata con reclamo immediato al giudice medesimo che l'ha pronunciata. Si applicano le disposizioni dell'art. 178, terzo, quarto, quinto e sesto comma del codice di procedura civile. L'ordinanza può essere revocata con la sentenza che decide la causa.
Nell'ipotesi di licenziamento dei lavoratori di cui all'art. 22, il datore di lavoro che non ottempera alla sentenza di cui al primo camma ovvero all'ordinanza di cui al quarto comma, non impugnata o confermata dal giudice che l'ha pronunciata, è tenuto anche, per ogni giorno di ritardo, al pagamento a favore del Fondo adeguamento pensioni di una somma pari all'importo della retribuzione dovuta al lavoratore.
Art. 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604 Quando il prestatore di lavoro non possa avvalersi delle procedure previste dai contratti collettivi o dagli accordi sindacali, può promuovere, entro venti giorni dalla comunicazione del licenziamento ovvero dalla comunicazione dei motivi ove questa non sia contestuale a quella del licenziamento, il tentativo di conciliazione presso l'Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione. Le parti possono farsi assistere dalle associazioni sindacali a cui sono iscritte o alle quali conferiscono mandato. Il relativo verbale di conciliazione, in copia autenticata dal direttore dell'Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione, acquista forza di titolo esecutivo con decreto del pretore.
Il termine di cui al primo comma dell'articolo precedente è sospeso dal giorno della richiesta all'Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione fino alla data della comunicazione del deposito in cancelleria del decreto del pretore, di cui al comma precedente o, nel caso di fallimento, del tentativo di conciliazione, fino alla data del relativo verbale.
In caso di esito negativo nel tentativo di conciliazione di cui al primo comma le parti possono definire consensualmente la controversia mediante arbitrato irrituale.
Art. 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604 Il datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, deve comunicare per iscritto il licenziamento al prestatore di lavoro. Il prestatore di lavoro può chiedere, entro quindici giorni dalla comunicazione, i motivi che hanno determinato il recesso: in tal caso il datore di lavoro deve, nei sette giorni dalla richiesta, comunicarli per iscritto.