È possibile dipingere il silenzio?Questa è la domanda che si poneva la nuova mostra di Gavia al Real Collegio di Lucca, cercando una risposta nelle immagini dipinte.
E la mostra ha rappresentato quello che l'artista stessa ama, uno spazio di incontro e di condivisione di un senso comune all’interno di una situazione pittorica, materiale e artistica ma anche in particolare il luogo dove possa emergere una realtà di emozioni che attingano dentro ogni nostra sensibilità intima e “silenziosa”.
IL CACCIATORE D’IMMAGINI
"Salta giù dai letto di buon mattino e parte soltanto se il suo spirito netto, il cuore puro, leggero il corpo come un abito estivo.
Provviste non gli occorrono. Strada facendo, berrà aria fresca e aspirerà profumi salutari. Lascia a casa le armi, contentandosi di aprir bene gli occhi. Gli occhi sono la rete dove le immagini andranno a cadere da sé. La prima immagine ch’egli fa prigioniera è quella della strada che mostra le ossa (sassi ben politi) e le carreggiate (vene screpolate), tra due siepi folte di pruni e di more.
Poi, carpisce l’immagine del fiume. Esso lustra alle svolte e dorme sotto la carezza dei salici. Balena quando un pesce si rovescia sul ventre, come se vi si gettasse una moneta d’argento e, appena cade una pioggerella sottile, il fiume ha la pelle d’oca.
Sue sono le immagini delle ondose mèssi, della grassa erba medica, dei prati orlati di rogge. Ghermisce al passaggio il volo di un’allodola o d’un cardellino.
Entra quindi nel bosco. Egli non sapeva d’aver sensi tanto sottili. Tosto impregnato di profumi, non perde il rumore più segreto, e, per comunicare con gli alberi, ecco lega i suoi nervi alle nervature delle foglie. Presto, vibrante fino al malessere, la sua percezione diventa eccessiva, ed egli ne fermenta, ne ha paura, e lascia il bosco per seguire di lontano i contadini che tornano al villaggio.
Uscito all’aperto, fissa per un attimo, fino ad averne gli occhi abbacinati, il sole che si corica spogliandosi all’orizzonte delle sue vesti luminose: le nubi sparse qua e là.
Finalmente, tornato a casa con la testa gremita, il cacciatore spegne il lume, e a lungo, prima di addormentarsi, si compiace di numerar le sue immagini. Docili, esse rinascono così come vuole il ricordo. Ciascuna ne richiama un’altra, e incessantemente la loro folla fosforescente si accresce via via di nuove sopragiunte, come pernici che, inseguite e disperse per tutto il giorno, cantano a sera, al riparo da ogni pericolo, e si richiamano nel cavo dei solchi."
Jules Renard, universalmente conosciuto per la sua opera “Pel di carota”, era anche un abile “cacciatore di immagini” e il brano sopra riportato è il primo capitolo di un suo eccezionale libricino scritto intorno al 1900 (1896), dal titolo “Storie naturali”, dove l’aurore vede e descrive la Natura come nessuno mai aveva fatto.
Nel “Journal” del quale era collaboratore, scrisse:
“Buffon ha descritto gli animali per far piacere agli uomini. Io vorrei esser gradito piuttosto agli animali; vorrei, se essi potessero leggere le mie piccole Storie naturali, che ciò che ho scritto li facesse un poco sorridere”
Riporto qualche riga del capitolo riguardante "Le Rondini".
"M'insegnano la lezione tutti i giorni.
Punteggiano l'aria di piccole strida.
Tracciano una riga dritta, segnano una virgola, e subito vanno da capo.
Chiudono tra vertiginose parentesi la casa dove abito.
Con la leggera penna dell'ala ghirigorano svolazzi inimitabili.
Poi, a due a due, come abbracciate, si congiungono, si mescolano, e sull'azzurro del cielo spruzzano macchie di inchiostro.
Ma soltanto l'occhio di un amico può seguirle; e se voi sapete di greco e di latino, io so legger l'ebraico che traccian nell'aria le rondini dei camini." [...]