Il nuovo articolo di Franco Gabbani non riguarda un personaggio o un evento in particolare, ma esamina un aspetto sociale e lavorativo che, presente da molti secoli, ebbe grande sviluppo nell'800 ( fino all'inizio del '900), ma che fortunatamente terminò relativamente presto, grazie agli sviluppi economici e scientifici.
Si tratta del baliatico, un'attività spesso vista benevolmente, ma che è stata definita "calamità occupazionale"
Un altro anno è finito ed uno sta per cominciare.
Abbiamo tutti un anno di più, un centimetro in meno da percorrere soprattutto per chi ne ha già percorsi molti e sa che i centimetri purtroppo sono contati.
Proprio per questo l’augurio è che il prossimo anno sia vissuto intensamente, con quell’impegno e quella passione capaci di trasformato in qualcosa di bello, di utile, in qualcosa che può arricchire, accrescere, formare.
Perché noi non siamo immobili nel tempo e così come rappresentiamo oggi la conseguenza del nostro tempo passato, delle nostre esperienze, della nostra vita, ogni cosa che faremo, ogni luogo che visiteremo, ogni persona che incontreremo nel prossimo come negli anni a venire ci porterà sempre qualcosa di nuovo che ci arricchirà e ci darà, oltre alla cultura e al sapere, saggezza ed esperienza.
Noi non siamo in essere ma sempre in divenire.
E per poter crescere sempre di più ecco il valore dello studio, della lettura, dell’impegno, dello scambio, della relazione con gli altri. Un rapporto con gli altri tanto più importante e formativo quanto più l’altro è diverso da noi, per lingua, per cultura, per tradizioni, per colore.
Credere che il nostro mondo sia “il mondo” con noi al centro immobili e immutabili porta all’impoverimento intellettuale e culturale, all’isolamento, porta alla negazione dell’altro, al rifiuto della diversità, alla mancanza di solidarietà fino al razzismo e alla xenofobia di cui abbiamo purtroppo esempi recenti e vicini.
Nella sua rubrica Massimo Granellini fornisce un suggerimento per l’anno nuovo.
“Per esempio afferrare il tempo, governarne la fluidità e plasmarla ai nostri scopi. Smettere di lamentarsi, di fare le vittime, di aspettarsi dagli altri la soluzione dei nostri problemi. Diventare adulti. Profondi ma leggeri. Voler bene alle persone a cui si è scelto di voler bene. Leggere Charles Dickens o chi volete voi, purché oltre alla tecnica abbia un’anima, oltre al cinismo un sogno. E le vere profezie dei Maya, per scoprire che il 21 dicembre 2012 non finirà un bel niente, semmai comincerà qualcosa. Qualcosa che sarebbe meglio far cominciare già adesso, anche dentro di noi”.
Afferrare il tempo, vivere e non sopravvivere, impegnarsi in prima persona e non aspettare sempre che gli altri lo facciano per noi, coltivare anche noi un sogno per l’anno prossimo, per il futuro.
Un anno difficile quello prossimo che si aggiungerà ad un altro anno molto difficile, il passato, dove il paese ha corso il rischio della bancarotta per una grande crisi internazionale probabilmente mal gestita sia a livello europeo che italiano.
Un anno che ha visto l’uscita di scena di Berlusconi e la nascita di un governo tecnico che ha messo in sicurezza i conti ma purtroppo chiedendo sacrifici sempre ai soliti, ai pensionati, ai dipendenti a reddito fisso, ai lavoratori. Era il primo passo, indigesto ma forse inevitabile per salvare il paese.
Durante le feste ho parlato con un amico che vive in Grecia da molti anni e più che di auguri abbiamo parlato della drammatica situazione che sta vivendo in quel paese con lo stipendio dimezzato e le enormi tasse da pagare che gli arrivano insieme alla bolletta della luce: se non paghi ti staccano la corrente. Una situazione di grave disagio per quel popolo che speriamo serva comunque a portare anche la Grecia al sicuro dalla bancarotta, ancora non del tutto esclusa.
Noi non possiamo che sperare che l'anno nuovo porti anche il secondo passo promesso dal governo Monti, quello della crescita capace finalmente di portare lavoro e occupazione. Ma anche quello della giustizia fiscale, dell’abolizione degli sprechi, dell'applicazione del principio che ognuno debba contribuire alle spese dello Stato in base alle proprie disponibilità economiche, quello in cui gli evasori vengano finalmente combattuti non solo a parole ma con i fatti.
Nella speranza anche che i sindacati, finalmente uniti, costruiscano insieme al Ministro una riforma organica del mondo del lavoro che estenda la tutela oltre agli attualmente occupati anche a tutti coloro che in modo o nell’altro sono esclusi dall’attività lavorativa, compresi i disoccupati, i vicini alla pensione e i nostri tanti giovani costretti ad emigrare all'estero per trovare un lavoro decente ed un altrettanto decente contratto che non li faccia vivere continuamente ai margini negando loro un vero futuro di cittadini.
Oltre a quella economica il nostro paese avrebbe un gran bisogno anche di una rinascita etica, di uno scatto di legalità, di onestà, di serietà a livello non solo politico e amministrativo ma anche a livello di semplici cittadini, sempre più coinvolti in questo preoccupante lassismo dei costumi e dei principi dove sembra diventato normale il lavoro nero, la scappatoia, la bugia, la mancata emissione di fattura, l'evasione e l'erosione fiscale.
Servirebbe nuova coscienza civile anche per uscire dagli schemi di cui siamo vittime. Schemi consolidati che oltre al consumo parossistico come rimedio alle nostre frustrazioni quotidiane ci ha imposto la furbizia come criterio universale di benessere, che ci ha fatto dimenticare la vergogna, che ci ha reso cinici, lamentosi, invidiosi e ci ha fatto perdere anche la speranza di un futuro proiettandoci in un eterno presente dove i nostri più grandi desideri si sono piano piano ridotti di spessore fino a limitarsi all’acquisto di un nuovo cellulare o di un nuovo paio di scarpe da tennis.
Lo vediamo in questi giorni dove quei giovani americani che tanto ci avevano fatto sperare quando li vedevamo sfilare davanti alle banche e ai centri del potere finanziario americano per rivendicare il loro diritto di esistere sbandierando i loro cartelli con il 99%, ora li troviamo incanalati in enormi file davanti ai negozi della Nike, con tanto di zuffe e feriti, per essere i primi ad acquistare la nuova nascita, la Air Jordan, calzatura bianca e nera da basket dal costo di 180 dollari ma che si trova già in rete alla modica cifra di 600 dollari.
E’ il potere oscuro del capitalismo che sembra non cedere nemmeno di fronte alla Grande Crisi.
Una crisi simile a quella del 1929 ma assai più grave perché quella crisi coinvolgeva capitale e cittadini, in qualche modo uniti e legati alle vicende finanziarie della propria Nazione, del proprio Paese, mentre ora con la globalizzazione non è più così.
Le grandi imprese e i grandi capitali sono oramai sganciati dal territorio e la Fiat di Marchionne non è più legata alle condizioni economiche dell’Italia, in un legame per anni molto stretto in cui c‘era uno scambio di favori utili per certi versi ad entrambi, ma come multinazionale può spostare capitale e lavoro in tutto il mondo dove può trovare le migliori condizioni di costo del lavoro o di vantaggio fiscale.
Così la Golden Lady, industria in pieno attivo finanziario, non si preoccupa certo della condizione occupazionale del proprio paese e non si perita a mandare a casa le 300 operaie della storica fabbrica OMSA (che gambe!) per trasferire la produzione in Croazia dove ha meno spese.
E Parigi, meta tradizionale delle vacanze di fine anno, in questo anno di severa crisi che tiene a casa tutti i cittadini europei, riempie i propri alberghi e strutture recettive con i brasiliani e i cinesi, i nuovi padroni del mondo che oltre al nostro debito pubblico, oltre a immense estensioni di terre coltivabili in Africa e in altri continenti, stanno piano piano comprando anche la nostra vecchia Europa.
Tutto ciò davanti alla tristezza dei tentennamenti e dei rimandi dei capi di stato europei ancora troppo impegnati alla difesa ad oltranza dei propri interessi nazionali ed elettorali, una difesa che impedisce loro di affrontare con la necessaria determinazione ed efficacia questo particolare momento storico.
Un anno quindi molto difficile per tutti, in cui gli auguri sembrano davvero indispensabili.
Ma siccome il nostro non rimpianto Cavaliere continua a ripetere che ci vuole ottimismo non mi resta che fare a tutti gli auguri di un felice nuovo anno!
Nota
Un pensiero per quegli operai che hanno passato il capodanno riuniti nelle loro fabbriche occupate con l'augurio che il nuovo anno porti loro buone notizie. Infine un consiglio per iniziare bene l'anno nuovo, un libro molto interessante che parla del mondo e parla di noi, "Alla mia sinsitra" di Federico Rampini, un libro che non parla solo della sinistra. Un buon libro per capire. Consigliato.