È possibile dipingere il silenzio?Questa è la domanda che si poneva la nuova mostra di Gavia al Real Collegio di Lucca, cercando una risposta nelle immagini dipinte.
E la mostra ha rappresentato quello che l'artista stessa ama, uno spazio di incontro e di condivisione di un senso comune all’interno di una situazione pittorica, materiale e artistica ma anche in particolare il luogo dove possa emergere una realtà di emozioni che attingano dentro ogni nostra sensibilità intima e “silenziosa”.
Oggi il Pisa non può perdere perché non gioca, quindi almeno non si soffre. Ma, su consiglio del mio superiore diretto, professor Ovidio Della Croce, ho l'autorizzazione a scrivere comunque qualcosa di sportivo, pescando tra i ricordi. Quindi procedo.
Oltre quindici anni fa, come facciamo tutti gli anni, a luglio eravamo in vacanza a Putzu Idu, una località sarda dove si ritrovano molti pisani; c’è una lunga spiaggia, bella e poco frequentata. E’ un posto tranquillo, magari non piacerebbe a Berlusconi e a quelli come lui. Ogni sera, al tramonto, dopo aver aspettato che i bagnanti se ne andassero, giocavamo a pallone sulla spiaggia. Alle partite partecipavano adulti, bravi e negati, ragazzi e ragazzini, figli e amici, anche piccolissimi, poi, tutti sudati, il bagno finale. C’era sempre una gran confusione e come per miracolo nessuno o quasi si faceva male.
Una sera noi pisani sfidiamo una rappresentanza della città di Sardara, centro dell’alto Campidano a cui siamo molto legati, data l’amicizia con l’allora sindaco, il professor Angelo Mascia. Il Sardara, oltre al sindaco, schiera il vicesindaco, l’assessore all’agricoltura, il maresciallo della stazione dei carabinieri Mannoni e vari figli e parenti. La nostra squadra, nel complesso mediocre, conta però su mio figlio, un discreto portiere, e soprattutto sull’unico attaccante di rilievo, il mio amico Pierotti (noto a tutti i ragazzini sardi, che ne temevano le giocate, tanto che quando le nostre partite finivano ai rigori dicevano “Però Pierotti non tira!”). Il tramonto, sempre bellissimo da quelle parti, si annuncia più velato del solito. Sulle nostre teste passa un volo di fenicotteri, diretti al vicino stagno di Cabras.
Dopo aver tappato le buche fatte dai bambini nella sabbia e trovato le ciabatte per le porte, di fronte ai pochi tifosi presenti, la partita ha inizio e appare subito equilibrata. Però, all’improvviso Pierotti azzecca uno dei suoi tiri impossibili (forse era un po’ alto ma vai a sapere dove potrebbe essere la traversa quando appunto la traversa non c’è), fissando il risultato sull’1 a 0; mentre siamo intenti a festeggiare, nessuno fa caso alle nuvole che si addensano sul mare. I nostri avversari si riversano nella nostra metà campo (si fa per dire) per cercare il pareggio, ma mio figlio in porta non si fa sorprendere, esibendo anche qualche tuffo piuttosto teatrale. A un certo punto torniamo in attacco noi e su un rimpallo mi capita una palla da calciare da buona posizione; di solito (essendo del tutto negato) quando calcio il pallone non va mai nella direzione desiderata, ma chissà perché ne esce una ciabattata alla Domenghini che finisce in rete (si fa sempre per dire). Incredulo, mi accingo ad esultare, quando parte una terribile scarica di tuoni e lampi accompagnata da una pioggia squassante.
Fuggifuggi generale a casa nostra, dove trovano scampo non meno di 50 persone completamente mezze e infangate. Qualcuno di noi chiede timidamente se il risultato di 2 a 0 possa essere omologato ufficialmente, ma dopo qualche discussione (e su autorevole parere del maresciallo Mannoni) si decide per l’annullamento della partita. Avevo segnato un goal inutile!