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Il nuovo articolo di Franco Gabbani non riguarda un personaggio o un evento in particolare, ma esamina un aspetto sociale e lavorativo che, presente da molti secoli, ebbe grande sviluppo nell'800 ( fino all'inizio del '900), ma che fortunatamente terminò relativamente presto, grazie agli sviluppi economici e scientifici.

Si tratta del baliatico, un'attività spesso vista benevolmente, ma che è stata definita "calamità occupazionale"

. . . lo sai che lo diceva anche la mia. Però al .....
Bimbo lasciala sta la geografia, studia l'agiografia. .....
. . . niente, mi sa che bisogna riformare l' ISTAT. .....
. . . ci sono più i premi di una volta.
Quest'anno .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Incontrati per caso...
di Valdo Mori
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Incontrati per caso...
di Valdo Mori
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di Emanuele Cerullo
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Libero caro
mio dolce tesoro
più ti guardo, ti "esploro"
più sembri un capolavoro
Un'inesauribile fonte
di emozioni
una sorgente
un erogatore .....
Nel paese di Pontasserchio la circolazione è definita "centro abitato", quindi ci sono i 50km/ h max

Da dopo la Conad ci sono ancora i 50km/ h fino .....
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DELLE REGOLE
di Trilussa

11/3/2012 - 10:10


 Ieri ho negato a mia figlia di inserire la targa della sua auto personale nel mio permesso di accesso alla ZTL della città. Se insiste forse la metterò, è in grado di convincermi ma sono quasi certo non lo farà,  ma per ora le ho detto che è una cosa scorretta e forse anche un piccolo reato. Mi sono poi domandato quanti avrebbero fatto questa scelta. Un scelta dettata dalla volontà (o dalla speranza forse) di un cambiamento di questa nostra società sprofondata molto in basso dal punto di vista dell’etica pubblica, oppure un inutile esibizionismo di civiltà. E’ vero che il proverbio dice che il pesce puzza dalla testa a me pare che anche la coda non mandi un buon odore.

La domanda quindi  è questa: sto diventando, lentamente, un cittadino consapevole oppure sono un coglione perché tantolofannotuttiechevoichesiaunarondinenonfapromaveranonfareilcoglione?

Non è una domanda da poco perché ognuno di noi quando pensa al malaffare, alla disonestà, alla illegalità e alla furbizia (che ne è parente strettissima), pensa sempre agli altri. Una cosa che riguarda gli atri, mai noi stessi, il nostro comportamento nella vita di tutti i giorni.
Eppure se facessimo una riflessione su di noi, esaminando il nostro di comportamento in tutte le fasi della nostra quotidianità, sono sicuro saremmo capaci di scoprire, forse con qualche disappunto e un po’ di incredulità, che anche noi siamo coinvolti in questo gioco della diseducazione civile.


Non ci sarà mai capitato di lasciare l’auto in seconda fila perché dovevamo fare una piccola commissione? Pensandoci bene ci rendiamo conto che la zona parcheggio non era poi così lontana , magari solo a pochi passi, ma noi l’abbiamo fatto ugualmente trovando subito anche  la giustificazione per la nostra coscienza (speriamo di averla ancora, magari un po’ appannata da 17 anni di berlusconismo sfrenato, ma ancora in grado di giudicarci con severità): sono in ritardo, ho fretta, faccio subito, cosa vuoi che sia, lo fanno tutti.


Oppure abbiamo un sacchino non proprio differenziato e non sappiamo dove buttarlo. Nel cassonetto del comune limitrofo in difetto di differenziata se vogliamo limitarci a una piccola inciviltà, sul ciglio della strada nel caso di individui affetti da diseducazione patologica, un  caso quasi disperato da meritare di ripartire dalla scuola dell’obbligo per imparare un po’ di civiltà e di rispetto.

Ma ci sono mille altre occasioni in cui siamo in difetto di civiltà. In difetto di legalità. Quanti hanno intestato la seconda casa ad un figlio per risparmiare l’Iva, e lo stesso per l’auto di lusso quando in casa c’è un invalido, quante auto che usano il contrassegno di invalidità per trovare posto nei parcheggi riservati, usano la legge 104 per affari suoi, pagano una retta inferiore all’asilo, godono di sconti non dovuti all’Università.

Quanti professionisti non fanno ricevute con il ricatto dell’Iva, quanti pretendono certificarti per malattie che non hanno, quanti hanno piccoli abusi edilizi in casa propria o nel giardino, quanti si dichiarano indigenti e godono dei pur scarni servizi sociali pur essendo benestanti.


Gherardo Colombo ha fatto per anni il PM durante la vicenda di mani Pulite di cui quest’anno ricorre il ventennale. Un ventennale amaro perché pare che non sia cambiato niente da quegli anni pieni di speranza in un Paese più onesto, in partiti e politici più onesti ma la frase che gira è quanto di più deludente: “prima si rubava per il partito, ora si ruba al partito”.


Una volta in pensione Gherado Colobo si è dato alla scrittura ed ha scritto molti libri sull’argomento della legalità. Non solo ma ha dedicato la sua vita di pensionato a girare per le scuole di tutta Italia per parlare con gli studenti, con i cittadini di domani, affinchè conoscano e rispettino le regole, la legalità, base di ogni democrazia. Non solo quella grande, occasione di reato punibile per legge, ma anche quella minuta, quella piccola, quotidiana, che ha quasi perso il suo valore, la sua faccia.


Non solo quindi la corruzione, il peculato, la truffa, l’appropriazione indebita che sono veri e propri reati (per rimanere in ambito amministrativo) ma anche la semplice e falsamente innocua raccomandazione per un esame, la conoscenza per un posto di lavoro, per una prenotazione in ospedale passando avanti ad altri che aspettano e che erano prima di te, per togliere una contravvenzione che invece ti meritavi.
Sembrano piccole cose, comportamenti comuni ed insignificanti, derubricati da tempo a sciocchezze, ma invece non lo sono. Perché noi così facendo limitiamo la libertà di altri, diamo cattivi esempi,  infrangiamo delle regole e delle regole un paese civile non può fare a meno.


Da IBS:
«La giustizia non può funzionare se i cittadini non comprendono il perché delle regole. Se non le comprendono tendono a eludere le norme, quando le vedono faticose, e a violarle, quando non rispondono alla loro volontà. Perché la giustizia funzioni è necessario che cambi questo rapporto.»


E’ possibile che questa aspirazione diventi realtà? Come può nascere da questo cambiamento una società migliore? Ce lo spiega Gherardo Colombo, figura di primo piano del mondo del diritto, che invita a riflettere su un argomento di grande attualità e profondo coinvolgimento civile e morale.

 In Italia spesso si sente parlare e si parla di una giustizia "malata", di un'amministrazione della giustizia lenta e corrotta, di violazione sistematica delle leggi, di mancanza di legalità. Si ha la sensazione di vivere in un paese dove, sotto l'apparenza delle leggi uguali per tutti, trionfano in realtà il sotterfugio, la furbizia, la forza, la disonestà, un paese dove coloro che rispettano le leggi formali vengono scavalcati ogni giorno da coloro che le infrangono.

Secondo Gherardo Colombo esiste un solo modo per uscire da questa sconfortante e drammatica situazione: riscoprire il senso profondo delle regole che stanno alla base della convivenza civile, ritrovare il punto di riferimento ideale, dei valori di base, a cui si ispira la distribuzione di diritti e doveri, opportunità e obblighi, libertà e limiti di ogni individuo. Il rispetto dei valori della persona è la strada da percorrere, indicata anche dalla Costituzione italiana e dalla Dichiarazione universale dei diritti umani, che prospettano un modello di convivenza orientato al riconoscimento e alla valorizzazione dell'altro.
 
 
 
 
 

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