In ricordo di tutti i partigiani, uomini, donne, operai, contadini, intellettuali, soldati, ministri di culto, che pagarono con la vita il loro anelito di libertà, sacrificio che rese l’Italia intera libera dal nazifascismo fornendo solide fondamenta alla democrazia.
Si è svolta a Campo, come ogni anno, la consueta celebrazione del XXV Aprile alla presenza delle autorità Sangiulianesi, del nuovo parroco del paese e di un nutrito gruppo di cittadini.
Oltre al doveroso omaggio a tutti coloro che hanno partecipato alla resistenza, quest'anno la celebrazione si è articolata su una serie di interventi tra i quali il recupero di uno spazio di verde urbano con l’impianto di tre ulivi e l’inaugurazione del Monumento: “La Pace nel Lavoro”che vuole rappresentare simbolicamente, con l’aratro, la cultura contadina di Campo e con l’ulivo il desiderio di pace della sua popolazione. Intervento da considerare come la seconda pietra dell’operazione che ha per fine la realizzazione di ciò che domani potrà essere considerata una memoria storica all’aperto della vita contadina che fu, fino agli anni sessanta del secolo scorso, l’attività primaria del territorio campigiano.
In occasione della manifestazione si è voluto ricordare lo scomparso Don Mirio Coli, negli anni sempre presente alla giornata di festa, che nel 1998 era stata argomento di una delle sue pagine di vernacolo: Er venticinque d'aprile - 26 aprile 1998 che tra il serio e l’ironico raccontava quali fossero i valori che ci tramanda quel giorno ed il modo di ricordarlo della gente: i contadini.
“Allora l'Europa la ripulinno e la liberonno. Oggi, doppo un fottio d'anni, l'Europa gliè come casa nostra e noartri italiani ci si nentra a testa ritta. E cosa vor dì se ci si va cor portafoglio sgonfio. L'importante è 'ndacci. Viva l'Europa, libera e unita. Bella la bandiera di 'olore azzurro, tutta piena di stelle. Sembra un cèlo 'ndove la libertà un tramonterà mai. Festa di popolo, 'nsu' prati erbosi,'or mangià ar sacco fatto di 'nzuppe di 'avulo e fagioli, 'onigliolo fritto, cacio 'onle fave e presciutto tagliato a fette 'or cortello. Sur parco 'nduve fanno e' 'omizi, ar posto der sindao e l'onorevole, c'erano vattro botticini di vino, du' bianchi e du' rossi, già 'ncannati, bastava girà lo zipolo e pisciavano subito. L'orchestrina gliera fatta 'n casa 'ome e' dorci ’e avevano preparato le donne. Du' fisarmonie, una 'hitarra, una 'ornetta e la batteria.
Ho sempre davanti all'occhi 'r fiasco posato'nsur tavolo. Beppe un poteva mancà a vesta festa: 'n vita sua un n'aveva persa una. Però vest'anno ciaveva un probrema. Ni doveva figlia'la vacca e un la poteva lassà. L'aitò 'r su' amio Serafino. A lui ni doveva partorì la moglie e un si poteva move'. Rimase a casa a badalle tutte e due, la moglie e la vacca. E Beppe partì per la festasiuro d'esse' 'nformato subito vando la vacca figliava.
Fra poo vi dirò 'n vale modo tienseno 'r collegamento diretto.
Beppe l'avevo sempre visto 'or farcione attaccato arculo e le forbici da pota 'nfilate 'ndella 'ustodia di coio attaccata alla cintola de' 'arzoni. Vesta vorta partì cor telefonino di Serafino messo ar posto delle forbici da pota. Con vesto sarebbe stato 'nformato di vando la vacca figliava. Vardate un po' 'r progresso a cosa è arrivato. Beppe'or cellulare mi sembrava un artro Beppe, 'omunque vabene 'osì, un si poteva mia nentrà 'n Europa 'or farcione sur culo.
Bella festa ver giorno, Beppe gliera sempre 'or gomito arzato. La su' Beppina un c'era, ma lui ballò 'on Angiulina tanghi e varzerini. L'Angiulina, fra l'altro, nigarbava anco fassi strizzà. Poi, 'on la scusa di sientissi un sassolino 'ndella scarpa, s'aggiaccò 'nsull'erba e si faceva levà le scarpe da Beppe. Beppe ruffolava ma 'r sasso un lo trovava e già che c'era ruffolava anco più su. “Acqua, fohino, acqua, fohino” bisbigliava l'Angiolina 'ndermentre Beppe ruffolava sempre più su. “Foo, foo” urlò l'Angiolina 'or un ber gridino, ma 'n ver momento sono 'r telefanino ‘e Beppe tieneva alla cintola ar posto delle forbici da pota. E sentì, una voce ‘e diceva: “ 'orri Beppe, la vacca figlia”. E Beppe sen'andiede via a corsa mentre l'Angiolina 'ontinuava a dì: “Beppe, fòo, Beppe fòo”. Ma Beppe ormai gliera 'n della stalla 'on la vacca ‘e figliava.”
Micol.
L'Aratro di cui si compone il monumento è detto: “LA VOLTOLINA” Matricola n° 2536966 – anno 1915, prodotto dalla Rud Sack
Grosse Fabrik fur Pffuge und Drills - Liepzig – Plagwitz - (Germania), dono del Dott. Carlo Lai
Foto di leonardo ulivieri
Fonte: SALVATORE PANCARI, DALLA CASA DEL POPOLO DI CAMPO