L'analisi del nuovo articolo di Franco Gabbani si sposta questa volta nel mondo di un associazionismo antesignano, le confraternite, necessarie per togliere dall'isolamento e dal mutismo le popolazioni delle campagne, anche se basate esclusivamente sui pricipi della religione.
E d'altra parte, le confraternite, sia pur "laiche", erano sottoposte alla guida del parroco.Sono state comunque i primi strumenti non solo di carità per i più bisognosi, ma soprattutto le prime esperienze di protezione sociale verso contadini ed operai.
"Un dato è importante, la Svizzera applicando la tassa cantonale di 7.000 euro l'anno a signorina incassa piu' di un miliardo di euro l'anno.....ma la cosa sconvolgente è che la democratica Germania ne incassa piu' di 4 miliardi di euro. In Italia invece si preferisce "finanziare" la delinguenza (il 70% della delinquenza si annida dietro la prostituzione), e tutti soldi esente tasse e che vanno a finire all'estero. Cosa che avviene sotto il naso di tutti, il cittadino si massacra per uno scontrino non chiesto o un limite di velocità oltrepassato ,,,,ma le solite note niente. Ma che civiltà è questa? Se un vizio non si può levare si istituzionalizza e gli si fa pagare le tasse...come ogni paese dotato di "intelligenza finanziaria", mica come il nostro. "
E’ la lettera di un lettore di un giornale online in risposta alla proposta di un cittadino di creare un quartiere a luci rosse nella propria città. Invece di trovare prostitute dappertutto, dice il cittadino, si potrebbe fare come ad Amburgo o ad altre città del Nord Europa dove le prostitute, e i derivati come sexy shop, cinema a luci rosse eccetera sono tutti concentrati in unico punto, o quartiere, della città. Per di più in questi paesi le professioniste sono registrate e pagano regolarmente le tasse per la loro attività lavorativa.
Non so se i dati dell’anonimo lettore sono giusti e nemmeno ho notizie precise sul criterio di come sono applicate queste tasse ma di sicuro la loro attività non viene vista come una cosa turpe da combattere, o molto più spesso ipocritamente da ignorare, ma come una normale attività lavorativa su cui viene regolarmente fatto un prelievo fiscale. Prelievo fiscale molto probabilmente non indifferente, vista la vastità del fenomeno, e di cui una parte, paradossalmente, potrebbe essere devoluta proprio a quelle associazioni benemerite di volontariato che si occupano di aiutare le prostitute che non svolgono la professione per loro scelta. Quelle cioè che sono state costrette ad esercitare il mestiere da altri, da quella criminalità organizzata violenta che lucra sulla pelle di queste disgraziate strappate alle loro famiglie e portate nei paesi occidentali e costrette alla prostituzione con minacce e percosse.
Sono di solito ragazze di famiglie povere di paesi poveri , famiglie non di rado consenzienti ridotte a vedere nella loro figlia giovane purtroppo la loro unica possibilità di riscatto da una vita umile e anonima, vissuta spesso nell’indigenza.
Ma non tutte sono vittime di delinquenti, non tutte sono persone in difficoltà. Molte scelgono questa vita come una vera e propria professione, ne fanno il loro lavoro, momentaneo o permanente, principale o secondario ma tuttavia un vero e proprio lavoro che come tale dovrebbe essere considerato. Intervistate in televisione appaiono come grandi imprenditrici di se stesse, con idee e programmi ben precisi, in una organizzazione della vita e della professione che non può che considerarsi una vera e propria impresa.
L’altra sera un servizio delle Iene ha mostrato come viene regolamentata la prostituzione in Germania. Da dieci anni non è più reato e sono nati nel paese molti “centri benessere” dove il proprietario fa pagare l’ingresso (65 euro, per chi è interessato) ed il cliente può usufruire dei servizi offerti dal locale (musica, piscina, sauna, bar eccetera) e compagnia femminile. Se poi il cliente intende appartarsi con qualche ragazza (in ambienti opportunamente diversi dal locale), il rapporto diventa diretto e i soldi che il cliente paga per la prestazione rimangono interamente alla ragazza su cui poi, come ogni serio professionista, questa pagherà le proprie tasse. Le ragazze intervistate si sono dichiarate tutte molto soddisfatte del proprio lavoro, contente soprattutto di lavorare in un posto sicuro, con buone norme igieniche, e anche con buoni profitti che permettono loro di costruirsi un futuro. Un modo intelligente e civile di affrontare un problema.
La nostra civiltà bigotta e ipocrita dove i valori cristiani vengono utilizzati troppo spesso secondo il proprio comodo, tende invece ad ignorare semplicemente il problema, come se non esistesse. Come se le nostre strade non fossero piene di queste frequentatrici notturne, i nostri giornali pieni di AAA con offerte di momenti indimenticabili, le pagine online ricolme di discrete ma persistenti richiami a trasgressioni e offerte sessuali.
In una civiltà che si definisce cattolica capisco che il problema sia molto complicato, la sensibilità individuale verso il problema molto diverso nei diversi schieramenti ma il non affrontarlo, come se non esistesse e non fosse pressante, non migliora la situazione.
I vantaggi di una regolamentazione (non è ipotizzabile e praticamente impossibile il divieto) sono evidenti e rivolti a tutti.
Non voglio entrare nel merito dei vantaggi che una professione riconosciuta e regolamentata potrebbe portare sia nei confronti delle ragazze sia in quelle dei clienti (basterebbe pensare alle migliori condizioni igieniche per far apprezzare una disciplina in merito), ma evidenziare che la regolamentazione della prostituzione avrebbe un indubbio vantaggio legislativo. Metterebbe fuorilegge non la prostituzione in sè (non possibile perché non si può configurare come reato in quanto atto volontario fra due soggetti -maggiorenni-autonomi e consenzienti) ma metterebbe fuori legge tutte quella e attività che si svolgessero al di fuori delle regole stabilite.
E non solo punire come ora lo sfruttamento, la riduzione in schiavitù o la violenza (già presenti nel nostro Codice Penale) ma la legge potrebbe regolamentare l’attività e vietare, ad esempio, di esercitare la prostituzione in strada, oppure regolamentare quella nei condomini, nei locali pubblici, insomma si potrebbe mantenere il diritto delle ragazze di fare il mestiere da loro volontariamente scelto, evitando spesso ipocriti giudizi morali ma stabilendo per legge il come, il dove, il quando, comprese l’obbligatorietà di controllo sanitari e dei contribuiti fiscali sul ricavato.
Sarebbe un bel passo avanti verso una civiltà più ordinata, più libera e meno ipocrita ma soprattutto più intelligente, attenta alla salute pubblica e a quella giustizia fiscale (mancata) alla base del nostro attuale momento di crisi sociale ed economica.