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L'articolo di oggi non poteva non far riferimento alla festa del SS. Crocifisso che Pontasserchio si appresta a celebrare, il 28 aprile.Da quella ricorrenza è nata la Fiera del 28, che poi da diversi anni si è trasformata in Agrifiera, pronta ad essere inaugurata il 19 aprile per aprire i battenti sabato 20.La vicenda che viene narrata, con il riferimento al miracolo del SS. Crocifisso, riguarda la diatriba sorta tra parroci per il possesso di una campana alla fine del '700, originata dalla "dismissione" delle due vecchie chiese di Vecchializia. 

. . . non discuto. Voi riformisti fate il vostro cammino .....
. . . l'area di centro. Vero!
Succede quando alla .....
. . . ipotetica, assurda e illogica. L'unica cosa .....
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Bardi (c. d) 56% e rotti
Marrese ( c. .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Di Gavia
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di Michelle Rose Reardon a cura di Giampiero Mazzini
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di Mollica's
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Di Siciliainprogress
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Non cancellerò
Quella foto tua
Come la gioconda
E la rosa gialla
Sulla pelle mia
Stare insieme a te
In quest anni miei
Insieme a tutto il resto
Tu .....
La Proloco di San Giuliano Terme, attenta alla promozione e alla valorizzazione dell'ambiente indice il concorso "il giardino e il terrazzo più bello" .....
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Alla Mensa nel Trecento

7/5/2012 - 23:16

 
La tavola nel Medioevo


Due ragazzi sono intenti a eliminare i resti del pasto gettandoli nel camino acceso: un cane e un gatto collaborano a ripulire accuratamente i piatti.

L’acqua era infatti un bene prezioso: quella potabile doveva essere quotidianamente attinta ai pozzi e alle fontane pubbliche, quella per gli altri usi era di solito in gran parte piovana, raccolta dai tetti nelle cisterne con docce e grondaie. Un pozzo privato era un lusso raro. Questi problemi pratici, e la quasi assoluta mancanza di norme igieniche erano causa delle frequenti epidemie.

La forma di camino a cappa sporgente è lo sviluppo del camino a muro che a sua volta sostituisce il più antico braciere.

Pietro Lorenzetti (notizie dal 1305 il 1345). Ultima cena ( part.), Assisi, Basilica di San Franceso (foto n° 1)


Le tavole erano di solito formate da semplici «caprette» su cui veniva poggiato il piano: erano quindi facilmente smontabili per fare spazio. Le tovaglie, sempre ben stirate, erano decorate ai bordi con ricami neri o  azzurri. I commensali sedevano su panche e prendevano il cibo da un vassoio al centro della tavola; le suppellettili erano modeste ciotole, cucchiai e coltelli; mancavano forchette che compariranno assai più tardi.  

Si mangiava generalmente con le mani, che venivano più volte lavate durante il pasto. Un lusso particolare, documentato qui da Duccio, sono i bicchieri di vetro: il vino,  versato da brocche di maiolica, era rifornito con botticelle e orcioli posti accanto alla mensa.

Duccio di Buoninsegna (1255ca- 1319), Nozze di Cana, pannello a tergo della Maestà, Siena, Museo dell’Opera del Duomo. (foto n° 2)


Nel Trecento, e anche in tempi successivi, gli acquai erano utilizzati non solo nelle cucine, ma anche in altri ambienti, soprattutto nelle sale per lavarsi le mani durante il pasto. Questo acquaio ricavato nello spessore del muro aveva, come gli altri, un secchiello appeso, con una cannellina in basso, cui defluiva l’acqua. L’acquaio è costruito in pietra e la cornice è sostenuta nella parte superiore da due mensole come le porte architravate.

Sopra la pila — la vaschetta che sporge dal muro — vi è uno scaffale dove è appoggiato il vasellame dì varia forma, mentre due asciugamani pendono da una sbarra.

Cennino Cennini (Colle Val d’Elsa, fine XIV -inizi XV secolo), Natività della Vergine (part.), Siena, Pinacoteca Nazionale. (foto n° 3)
 
Le cucine erano di solito nei piani  superiori della casa, o comunque appartate per evitare l’estendersi di eventuali incendi e rìdurre al minimo il diffondersi del fumo e dell’odore dei cibi in tutta la casa. A sinistra, un uomo sta manipolando del cibo su una tavola su cui è posta  una ciotola.

In primo piano, a destra, un girarrosto è azionato da un bambino che  attizza il fuoco. Dalla cappa pende una catena a cui è appesa una caldaia per avere sempre   a disposizione l’acqua calda. Nello spessore del muro si apre una nicchia che contiene recipienti di varie forme. Queste nicchie erano molto in uso in quanto l’arredo era scarso anche nelle famiglie più abbienti. (foto n° 4)


Il mercante, anche se benestante o addirittura ricco, manteneva una semplicità di vita che era segno di equilibrio, di buon senso e della continuità della tradizione, Per le fonti di calore, bracieri e camini, disposizioni rigorose imponevano al capofamiglia di coprire con la cenerei fuochi nella propria casa ogni sera - da cui il “coprifuoco”- per evitare il pericolo costante di incendi.

Il legno, infatti, entrava in larga misura nell’edilizia medievale: travi, sporti, scale, balaustre, etc.

In un ambiente angusto e su un focolare senza alari una donna, inginocchiata davanti al  camino, mescola il cibo dentro una caldaia, mentre un’altra con due mestoli e una ciotola in mano attende di riceverlo. (foto n° 5)

 

 Le miniature che illustrano le pagine, indicate con il loro titolo originale, sono tratte dal Tacuinum Sanitatis, conservato nella Biblioteca Nazionale di Vienna — Ms, Series Nova 2644 — eseguito alla fine del secolo XlV nell’ambito della cultura lombarda,

I Tucuina Sanitatis — se ne conoscono un piccolo gruppo tutti dello stesso periodo e della stessa cerchia culturale — contenevano norme per la buona salute del corpo e per l’equilibrio psichico dell’uomo, “sanità” che si riteneva dipendesse non solo da norme alimentati e da regole igieniche, ma anche da corrispondenze armoniche fra i quattro elementi, aria, acqua, fuoco e terra, ognuno con la propria qualità, e gli umori, le età, i temperamenti umani, le stagioni e i punti cardinali. Le miniature che accompagnavano i brevi testi sono ricchissime di fonti documentarie per ambienti, arredi oggetti, vesti e introducono con vivacità e immediatezza nella vita quotidiana allo scorcio del 300.


Ricette Fiorentine del Trecento

Dai libri di cucina dell’epoca si apprende che la mensa del mercante si basava sulla cacciagione, sui legumi della sua campagna e sui prodotti dei suoi poderi: considerava salutari vini del Chianti, i Trebbiani, la Malvasia e il Vin Greco aromatico. In questa immagine, il mercante e il suo ospite assaporano un vino rosso; sulla destra, nella canova stipata di botti, un giovane spilla il vino per riempire una bottiglia. (foto n° 6)


Le ricette proposte sono tratte da un manoscritto del secolo XIV, conservato nella Biblioteca Riccardiana di Firenze (Ms. Ricc, n 1071). La trascrizione è in LVII "Ricette d’un libro di cucina del buon secolo della lingua", Bologna 1890

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Porrata bianca

Se vuoli fare porrata bianca per xij persone togli due libre di mandorle e una Oncia di gengiove fine bene pesto, e togli iiij  maci di porri e mettigli a lessare; e quando sono bene cotti, pure il bianco, scolali dell’acqua e battiglii. E togli le mandorle ben  lavate e ben monde e stemperate con acqua poca e bene colate; e mettile a bollire col porro, e fallo bene cuocere, e mettivi del detto gengiove che tu ài. Questa vivanda vuol essere biancha e bene spessa; e poni spetie sopra scodella. (foto n° 7, originale  n° 8)


Pollastri affinocchiati
Se vuoi fare pollastri afinocchiati per xij persone, togli dodici pollastri o sei capponcelli: se sono capponcelli, svembrati, se sono pollastri, interi. Togli i polli, e sofrigili in lardo bene strutto e ben colato, e togli barbe di finocchio monde e bene lavate, e barbe di petrose moli alquante, bene lavate, e fae sofrigere co’ polli. E fa fare iij once di spetie fini, e metti delle dette spetie a sofrigere ne’ polli. E quando sono sofritti una gran dotta, traine del lardo quantità, se ve n’àe troppo, mettivi acqua et aceto tanto che stieno sotto. E quando sono cotti, togli tuorla di xviij uova, e li fegaelli loro ben pesti e spetie e cafferano e quantità d’agresto o d’aceto; e trai fuori le barbe che sono cotte co’ polli, e gittale via e mettivi suso questo brodetto a bollire. Questa vivanda vuol esere gialla e potente di spetie e avere savore di finocchi: e metti i polli per tagliere, e savore per iscodella. Se vuoli fare per più o per meno persone, a questa ragione. (foto n° 9)
 

 

Torta di gamberi
Se vuoli fare una torta di gamberi, mettili a lessare, e quando sono cotti tra’ne fuori le polpe delle code, e togli alquante erbe intere, e batti bene quelle polpe; e metti con questo battuto burro di mandorle e delle dette specie et alquante uve passe. E di questo battuto fae torta sottile tra due croste: di sopra vuole essere potente di specie e dolce di burro e d’uve passe, e bene gialla dentro. (foto n° 10 e originale n° 11)


Fichi ripieni
Se vuoli fare fichi ripieni, togli lx fichi grossi, i migliori che tu puoi avere e’ più grossi. Togli pere monde e noci e mele monde e alquanti fichi medesimi, e pesta queste cose insieme, e buone spetie e alquanto cucchero. E togli i fichi interi e lievane il fiore, e fae un buono foro in catuno col dito, et empili di questo battuto, e infarinali si pasta molle e metigli a frigere in olio, e gittavi suso cucchero. E dagli da seco a l’altre vivande. (foto n° 12)


A mio parere sarebbero ricette da riproporre anche oggi se riuscissimo a sapere cosa sia il “gengiove”, forse zenzero?
Notate come del prezzemolo se ne usavano le radici e non le foglie.
Io provo!

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8/5/2012 - 13:46

AUTORE:
Ultimo

.......... una fetta di nulla senza pane era una pietanza prelibata per quei tempi. ...... Ultimo.

8/5/2012 - 4:32

AUTORE:
Giulia

Complimenti Chiube! Ancora una volta un ottimo lavoro di ricerca pieno di amore per l'arte e la cultura! E ti dirò la torta di gamberi la provo anch'io..