Tornano, dopo la pausa estiva, i racconti storici di Franco Gabbani.
Un articolo, come per altri in precedenza, legato interamente alle vicende personali di una persona dell'epoca, una donna che ha vissuto intensamente una vita, ragionevolmente lunga, che potremmo definire di ribellione al ruolo che ai tempi si riconosceva alle donne, in aperta opposizione ai vincoli, alle scelte e al giudizio che la società di allora le riservava.
Comprare patate, pelarle, cucinarle, arrosto, fritte o lesse e mangiarle non è un fatto di per sé significativo, né degno di nota.
Eppure in questo Paese apparentemente addormentato, paralizzato a livello sociale e culturale, dove si sprecano le metafore e i simboli per raccontarci e per farci immaginare la crisi economica, senza quasi mai mettere al centro la crisi di comunità e di solidarietà, la patata, fa bella mostra di sé come simbolo di resistenza e di coraggio, di integrazione e di accoglienza, ma soprattutto di futuro. Di una visione alternativa del futuro.
La patata come simbolo di una sfida al nostro correre, al nostro vedere senza guardare, al nostro sentire senza ascoltare. La patata come simbolo della possibilità concreta di praticare una strada alternativa, non facile, non immediata, ma del resto la patata è frutto di un lavoro che richiede tempo, pazienza, cura, fatica, terreno fertile e nasce in profondità, va scoperta per poterla raccogliere.
Questo vale per tutte le patate certo, ma la mia patata, il simbolo di questa storia, non è una patata qualsiasi è la patata di Boveglio, un paesino della lucchesia vicino a Collodi. Qui c'è una casa di accoglienza che ospita 7 richiedenti asilo provenienti dal Pakistan e uno dall'India, queste persone stanno coltivando molti campi del paese, che prima hanno provveduto a liberare dai rovi e dalle altre piante infestanti che li avevano invasi.
Tutta la comunità di Boveglio, passati i primi momenti di diffidenza, ha collaborato con la casa d'accoglienza in vario modo.
Adesso è già tempo di raccolta dei prodotti: le patate, i fagiolini e gli stortini. E il processo attivato non si chiude a cerchio, ma assume la forma della spirale che non chiude, ma casomai cresce, proprio perchè nutrita, coltivata. La logica conseguenza di questa storia è l'entrata in scena di un po' di persone, che credono presuntuosamente che per cambiare il mondo, per costruire un nuovo modo di stare insieme si può partire dal fare la spesa, da quello che si consuma siano cose da mangiare, che scarpe, acqua, tempo, rapporti tra persone.
E infatti questi prodotti vengono venduti e distribuiti attraverso la rete dei Gas, gruppi di acquisto solidale, quest'ultima parola è quella che fa la differenza, che aggiunge quel sapore speciale alle patate.
Ecco sono tornata al mio simbolo, la patata. Comprarle, pelarle, cucinarle e mangiarle non è più un atto privo di importanza.
Ogni cosa ha la sua storia, e questa storia a me pare di buon gusto, quello che manca alle storie che troppo spesso ci raccontano.
Per chi vuole saperne di più
http://www.volontariatoggi.info
il seme dell'accoglienza