Il mese scorso è stato presentato un nuovo libro pubblicato dall'Editore MdS, "Il coraggio tra i fiori di ortica", un'opera intensa e profonda cheracconta l'infanzia non solo nella sua dimensione più luminosa, ma anche nelle sue ombre, fatta di giochi e risate, ma anche nelle sue ombre, tra segreti, paure, abusi e battaglie quotidiane che i più piccoli affrontano con straordinaria forza.
Un libro che ci ha subito colpito e per il quale si preannunciava un sicuro interessamento e successo a livello nazionale.
"Domattina appuntamento in piazza a Migliarino per andare in tribunale ad Arezzo".
Questo messaggio fu scambiato fra i sei amici che stavano accingendosi a fondare la Voce del Serchio e dovevano farlo al tribunale di Arezzo perché sede del server che governava, editava, il giornale.
Così il 23 gennaio 2008 scattai questa foto, simile nelle cascatelle di Ripafratta o Filettole, nella steccaia in Avane o sotto i ponti di Pontasserchio e Migliarino, per avere bene in mente e nel cuore questo simbolo e il giorno seguente, 24, i sei migliarinesi firmarono in Arezzo tutte le carte che permisero la nascita di questo servizio che stiamo offrendo.
L’acqua del Serchio era limpida, la sua/nostra Voce era cristallina e il suo umore spumeggiante.
Correva e saltava, abbeverava e lavava, schizzava e lustrava, raccontava e nutriva, era amica e amante, madre e figlia, era la voce del Serchio che da quel giorno divenne LA VOCE del SERCHIO.
E suoi figli ed amanti divennero tutti i lettori che bevevano la sua acqua e alimentavano la sua portata, avendo una Voce dove far sentire la loro Voce.
Passò un anno e il 23 gennaio 2009 in Serchio c’era la “torba” e così l’anno successivo, quella catastrofica iniziata un mese prima e che durò fino ed oltre il 23 gennaio del 2010; stessa cosa nel 2011, ‘12 ed eccoci a stamani, 23 gennaio 2013, con un fiume alto torbo che non lascia spazio a purezza ed evoca terrore.
Dov’è quell’onda da bere e quello schizzo da ornamento?
Solo ricordi.
Ora è tutta una torba, una piena, una voce straripante, come lo stato dell’animo che pervade i lettori ultimamente.
Passerà?
Spero, anzi credo, proprio di sì!
Ripassiamo i versi del Pascoli nella sua “Al Serchio" che inizia con:
O Serchio nostro, fiume del popolo!
tu vai sereno come un gran popolo,
lasciate le placide cune,
muove all’officina comune;[…]
e termina così:
[…]O Serchio nostro, fiume del popolo,
io t’udii, forte come un gran popolo
che sopra il conteso avvenire
va, l’ora che volle, ruggire.
Torbido, rapido, irresistibile,
correvi all’ombra di nere nuvole,
portandoti in cima del flutto
le livide folgori e tutto:
tutto! anche quello ch’è tuo, ch’è opera
tua! Ma di tutto, fiume, eri immemore
tu! fuor che di precipitare
laggiù nell’abisso del mare.