Nella prestigiosa Sala Gronchi del Parco Naturale di Migliarino, San Rossore e Massaciuccoli, il 20 ottobre alle ore 16, avrà luogo la cerimonia di premiazione della dodicesima edizione del concorso artistico-letterario "Area Protetta", organizzato da MdS Editore, Associazione La Voce del Serchio e Unicoop Firenze Sezione Soci Valdiserchio-Versilia.
Non sono una tifosa, non guardo il calcio, ma ieri sera se fossi stata in casa sicuramente avrei visto qualcosa di quello spettacolo indegno che è andato in onda. I risultati si vedono stamani, con la foto di “Gennaro ‘a Carogna” che campeggia su tutte le pagine online dei giornali e su Fb. Non voglio parlare della vicenda appena trascorsa, del valore simbolico e reale che porta con sé, penso al messaggio educativo che si è dato ai bambini e ai giovani in generale, penso alla luce che si è accesa su questi “capi”, mi fa orrore la foto di quel tale in cima alla cancellata con il palmo della mano alzata verso la curva…potere, quanto gliene abbiamo regalato in una sola sera? È come se lo avessimo certificato. Penso ai giornali e alle storie che vengono raccontate…
Perché le storie che raccontiamo sono sempre quelle di un mondo patologico, malato e che rinforza la sua malattia? Perché siamo sempre immersi solo e sempre nella bruttezza?
Esiste un mondo silenzioso, ma attivo, fatto di molte persone che ogni giorno cercano di fare qualcosa di buono per la collettività in cui vivono e che rappresentano. Un esercito di uomini e donne, amministratori, sindaci che nel silenzio più assoluto danno il loro contributo onestamente. Chi la racconta la loro storia? Chi certifica il loro potere? Chi dà valore al loro messaggio educativo?
Ho davanti un libro che si intitola “ il mio quartiere è un gran paniere…il mio quartiere è un gran forziere…” è un libro che racconta la storia del CEP, quartiere pisano che quest’anno, se non mi sbaglio, festeggia i suoi 50 anni. Questa frase racchiude il senso di cui abbiamo bisogno di riappropriarci, prima di tutto noi stessi. Questa frase parla delle persone, del valore che hanno, delle possibilità che abitano dentro di noi e che deliberatamente decidiamo di usare in un modo o in un altro.
Mi viene in mente una canzone di tanti anni fa che diceva…guardo il mondo da un oblò, mi annoio un po’…e certo, ad un oblò ci si affaccia da soli e si vede quel poco che ti consente quella piccola fessura. Nello stesso tempo però l’oblò può essere un inizio, se gli do il significato di cominciare da qui, da me, da dove vivo…perché poi si sa, l’importante è iniziare e come dice il proverbio l’appetito vien mangiando.
E allora comincio da qui, dal luogo in cui vivo. Un luogo vivo, dove battono molti cuori all’unisono, ad esempio è da qui che è nata l’idea della Voce del Serchio e del Maggio Migliarinese…idee nate da 4 amici al bar, per dirla con una nota canzone, ma che poi son diventate di tanti.
Sulla Voce in questi giorni chi ha letto attentamente può avere scorto i segni dell’esistenza di una comunità.
E’ iniziato il Maggio Migliarinese, c’è stata la comunicazione di una riunione del rinnovo del consiglio della Cooperativa e del circolo Arci di Migliarino, c’è stata la riunione dell’ASBUC. Comunicazioni che chiedono di partecipare, di farsi avanti, di darsi e dare tempo alla costruzione di una comunità che vive, ma che non può esistere da sola. Comunicazioni che chiedono di occuparsi e pre-occuparsi degli altri a partire da sé, dal mettersi in gioco in prima persona.
È il volontariato con le tante facce che può assumere. E’ la scelta di partecipare, di esserci come cittadini, come abitanti di un luogo, il luogo del nostro vivere. È la scelta di condividere, di collaborare, di contribuire anche alla felicità, allo star bene, con poco, per molti.
Tutto questo mondo, il volontariato dalle mille facce, ha nella sua missione la costruzione, anche semantica, di un “noi” che raccoglie i tanti “io”, una missione che sta alla base della costruzione del mondo sociale, che è sempre più fragile, ma soprattutto sempre più minacciato e fragilizzato.
Penso che si arrivi al Noi solo attraverso un allenamento/addestramento, che aiuti a mettere tra parentesi le individualità, nel senso degli interessi strettamente personali, un allenamento che passa dal vivere e condividere la costruzione e la partecipazione alle imprese e alle tradizioni di una comunità.
I nemici di questa costruzione di luoghi sociali sono l’indifferenza, la critica a priori, il disprezzo per quello che viene fatto. Questi nemici hanno molte e diverse ragioni, che possono essere fugate solo partecipando, mettendosi in gioco…creando una spirale che può dare qualche risultato, altrimenti è solo polemica arida e sterile, alimentata spesso da ragioni personali.
Ieri sera allo spettacolo di inizio del Maggio, una persona dice: qui non cambia mai nulla, per anni ogni volta che mi sono affacciato ho visto sempre le stesse facce. Come dargli torto, è la verità. Quello che non sale ad un livello diverso è la consapevolezza che per anni questa persona si è sempre e soltanto “affacciata”, non ha mai ritenuto importante “entrare” anima e cuore, testa e corpo nelle situazioni, dando il proprio contributo.
Andate nella sezione cronache della Voce e leggete la comunicazione scritta dal Presidente della Cooperativa Teatro del Popolo, si capisce che questo è un problema prima di tutto per chi le cose le fa.
Un grosso problema quello della solitudine, quando non è indifferenza, che è la battaglia principale da cui tutto nasce.
Per crescere un paese ci vuole una comunità, e una comunità non si può imporre per legge, è una scelta che ha bisogno di consapevolezza, di suole da consumare per camminare insieme, di capacità di ascolto e di dialogo, di senso di umanità solidale.
Una comunità è compagnia, fa e si fa compagnia.
Qui ci sono tanti semi di comunità per far crescere un paese...bisogna averne cura e prendersene cura.