Il nuovo articolo di Franco Gabbani non riguarda un personaggio o un evento in particolare, ma esamina un aspetto sociale e lavorativo che, presente da molti secoli, ebbe grande sviluppo nell'800 ( fino all'inizio del '900), ma che fortunatamente terminò relativamente presto, grazie agli sviluppi economici e scientifici.
Si tratta del baliatico, un'attività spesso vista benevolmente, ma che è stata definita "calamità occupazionale"
Ore 13 circa, la calura non consente altro se non un po' di divano, mentre mangio un panino accendo la Tv e vado diretta su Rai3, dove solitamente trovo qualcosa che mi piace.
“Pane quotidiano” dice la sigla, sono incuriosita dal nome del programma ed indugio un attimo e poi decido di rimanere.
Ospite Massimo Recalcati ed il suo ultimo libro “Patria senza Padri”.
Massimo Recalcati è uno psicoanalista e parlando del ruolo del padre, in famiglia e del suo rapporto con i figli, parla della decadenza della nostra società, della politica moderna e dunque del nostro vivere. Parla di padri alla costante ricerca della conferma di essere amati dai figli, ne parla come aberrazione sociale, come ricerca snaturata, poiché sono i figli ad avere per primi, questa stessa necessità. In questa ricerca, quasi ossessiva, il padre finisce per non negare più niente, per non dire più un solo “no” facendo danni enormi, a se stesso ad ai propri figli. Si perdono così regole, rituali e tradizioni che, seppur vissute come una costrizione, sostengono la famiglia.
Vengono fuori una miriade di sfaccettature e dai ragazzi del pubblico, arriva una domanda: perché dovremmo rispettare regole imposte dai nostri padri, quando loro per primi non le rispettano? Perché?
Una gran bella domanda, alla quale mi verrebbe da dare la mia risposta, perché per 20 anni è passato il messaggio di un padre che non si è fatto simbolo di Legge, ma della sua continua trasgressione e della esaltazione di sé, del narcisismo e del cinismo a servizio di un godimento praticamente totale.
E' difficile spiegare i “no”, il “si” è più semplice, facile, comodo, meno sfinente. Il “si”, non implica confronto né scontro, al massimo lascia uno contento e l'altro nel limbo dell'avrò fatto bene o no?
Ma se il “sempre si” è deleterio, il “no” deve essere supportato dall'esempio nel fare. Facendo per primi ciò che si raccomanda deve esser fatto, dando l'esempio quotidiano, correndo il rischio di passare da meno furbi di altri.
E qui diventa difficile spiegare il “perché no”, spiegare perché il furbetto di turno, che ha un vantaggio immediato da un comportamento scorretto, non va imitato, ma bensì tenuto al palo con atti agli antipodi dei suoi.
Prova a spiegare ad un bimbo che non si parcheggia nei posti riservati ai diversamente abili, quando scendono da un'auto proprio lì parcheggiata, due baldi giovani che l'unica disabilità che portano è probabilmente quella interiore.
Prova a farti capire, mentre lo tieni mezz'ora in macchina sotto il sole, cercando un posto “giusto”. Allora smarrita e quasi senza argomenti, gli dici che la libertà non è fare tutto ciò che si vuole, ma è farlo lasciando all'altro lo spazio per essere libero a sua volta. Immaginiamo di vivere in uno scomparto mobile e modificabile, che adiacente a quello di altri, ne segue rispettandoli, i confini.
Intanto la conduttrice manda l'intervista ad un giovane evasore fiscale totale, il quale alle domande incalzanti del giornalista, in merito a come si senta con la sua coscienza, risponde: sono a posto, non ho né ammazzato, né stuprato, né spacciato, ho solo evaso il fisco.
Ecco qua un altro aspetto della discussione, si dice che abbiamo esaltato uno stato mamma, accettiamo volentieri uno Stato assistenziale, che interviene con finanziamenti, stipendi, pensioni, provvidenze d’ogni genere a nostro favore. Mentre poco sopportiamo l’altra faccia di questa medaglia, dimenticando che il Welfare State, per ben funzionare, ha bisogno di quello Stato delle regole al quale gli italiani sembrano guardare con diffidenza o estraneità.
Stiamo a posto, no?
La trasmissione finisce, ma non finiscono i pensieri che ha scatenato.
Si parla di padri, ma in realtà non c’è corrispondenza tra maschile e femminile, si parla di codici paterni e materni, di funzioni che possono stare sia in un uomo che in una donna, anzi abitano in tutte e due. Si parla di perdita del concetto di autorità, di limite, regola, di finitudine.
La nostra società liquida, che non nasce ieri, è la vera metafora di una patria senza padri, perché la liquidità in quanto tale non ha forma se non contenuta, la sua forma è data dal contenitore, la liquidità cerca un contenitore.
Allora si capisce che accoglienza e contenimento fanno capo ai codici materno e paterno, e quest’ultimo rappresenta a livello collettivo quello che a livello familiare rappresenta con i figli. La funzione del paterno è quella di interiorizzare un codice etico e morale, rappresenta la mappa regolativa del vivere, necessaria per orientarsi nel mondo, è un’offerta di libertà autentica, una libertà che senza regole e senza il rispetto di queste non è altro che un blob senza forma.
I giovani di oggi somigliano a Telemaco…..sono alla ricerca di un padre-testimone, cioè capace di mostrare, nella propria esistenza, la possibilità concreta di tenere ancora insieme la Legge e il desiderio. Questa patria, sembra voler dire l’autore, è senza padri degni del nome…ma si può forse sperare nei figli, che la loro attesa si compia.
Poi essi potranno proseguire da soli.