Il mese scorso è stato presentato un nuovo libro pubblicato dall'Editore MdS, "Il coraggio tra i fiori di ortica", un'opera intensa e profonda cheracconta l'infanzia non solo nella sua dimensione più luminosa, ma anche nelle sue ombre, fatta di giochi e risate, ma anche nelle sue ombre, tra segreti, paure, abusi e battaglie quotidiane che i più piccoli affrontano con straordinaria forza.
Un libro che ci ha subito colpito e per il quale si preannunciava un sicuro interessamento e successo a livello nazionale.
“A mora, non t’azzardà a tradimmi perché ti stacco la testa io eh!”
“A moro, non esse sospettoso, non avè paura chi io le corna non te le metto, lo giuro(?)!”
E così l’amore fra i “mori” si consuma felicemente.
Il cerambice della quercia (cerambyx cerdo), detto in italiano longicorno o gran capricorno per le sue lunghe appendici cervicali, in siciliano pisa cantàro perché se lo trovate sopra un grosso sasso e cercate di tirarlo su lui si porta dietro la pietra come se la pesasse (pisa=pesa e cantaro= antica unità di misura di c.a 50 chili) e in veneziano scurzapaje perché se lo stuzzicate con un rametto lui lo spezza con le sue forti mandibole (scorcia paglie), è un insetto molto comune nei boschi data la sua dieta a base di legno.
In Valtellina invece lo chiamano “el diaul”, forse il più appropriato dei nomi dialettali.
Io ho un ricordo di un nome dialettale, fantastico e fantasioso, che i miei genitori davano ad un grosso insetto (forse questo - forse no): mauba.
Sotto la mia quercia ci sono le ortensie e i due “mori” a-moreggiano felici sopra un fiore.
Un insetto simile, il moscardino, sempre con lunghe antenne ma con colori meno scuri, dato il suo odore di muschio, veniva messo un tempo nelle tabacchiere per aromatizzare il tabacco.