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L'articolo di oggi non poteva non far riferimento alla festa del SS. Crocifisso che Pontasserchio si appresta a celebrare, il 28 aprile.Da quella ricorrenza è nata la Fiera del 28, che poi da diversi anni si è trasformata in Agrifiera, pronta ad essere inaugurata il 19 aprile per aprire i battenti sabato 20.La vicenda che viene narrata, con il riferimento al miracolo del SS. Crocifisso, riguarda la diatriba sorta tra parroci per il possesso di una campana alla fine del '700, originata dalla "dismissione" delle due vecchie chiese di Vecchializia. 

. . . non discuto. Voi riformisti fate il vostro cammino .....
. . . l'area di centro. Vero!
Succede quando alla .....
. . . ipotetica, assurda e illogica. L'unica cosa .....
. . . leggo:
Bardi (c. d) 56% e rotti
Marrese ( c. .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Di Gavia
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di Michelle Rose Reardon a cura di Giampiero Mazzini
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di Mollica's
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Di Siciliainprogress
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Se oltre a combattere
quotidianamente
Con mille problematiche
legate alla salute
al reddito
al lavoro
alla burocrazia
al ladrocinio
alla frode
alla .....
Oggi è venuto a mancare all’affetto di tutti coloro che lo conoscevano Renato Moncini, disegnatore della Nasa , pittore e artista per passione. .....
Le Parole di Ieri
Da Boccalone a Boraccina

25/10/2014 - 18:33


BOCCALONE

Lett: BOCCALONE. [Chi ha la bocca troppo larga, maldicente, ma anche bambino che piange molto e spesso].
In dialetto è utilizzato specie con quest’ultimo significato, per indicare cioè un bambino che piange in continuazione, in circostanze normali, per motivi banali. Attualmente un po’ in disuso.
In maremma significa invece credulone e, riferito ad una femmina, indica una donna che affronta volentieri argomenti piccanti.
 
BOCCONE DEL PRETE

Lett: BOCCONE DEI PRETI. [La parte posteriore del pollo].
Riguardante tutti i volatili, è la parte posteriore dell’animale dove si trovano le ghiandole responsabili del sapore di selvatico (servatio), che sono accuratamente eliminate durante la pulitura. Sconosciuta è l’origine di questo modo di dire ed in lingua italiana ne esiste anche una versione gerarchicamente superiore, tale BOCCONE DI CARDINALE (letterale) per indicare un cibo squisito.
 
BODDA
Lett: ROSPO. [Anfibio senza coda, notturno, col corpo coperto di sporgenze, la più grande dietro gli orecchi, secerne un umore d’odore sgradevole e vive in luoghi umidi].
Ne esiste una varietà detta BOTTA (bufo vulgaris) da cui probabilmente deriva il termine dialettale, usato al femminile. Si vedono ogni tanto sulle strade, specie nelle giornate piovose, ed i ragazzini un tempo ci giocavano stuzzicandole e cercando di fargli fare lo sprillo, o la pisciata, come si chiamava l’emissione forzata del loro umore puzzolente.
La bodda è protagonista di uno dei più famosi proverbi toscani che recita:
La bodda per ‘un chiede ‘un ebbe ‘oda”.
 
BOFIONCO
Lett: BOFONCHIO. [Calabrone].
Grossa vespa a strisce gialle e marrone che fa i nidi sia in terra sia in alveari di carta, incollando la cellulosa masticata che rende il nido colorato secondo l’erba utilizzata.
Molto pericolosi per i contadini che vangano a mano sono i nidi, gli alveari interrati che possono essere scoperti dalla vanga scatenando le punture degli insetti, molto dolorose ed anche molto pericolose se in grande quantità.
Secondo del Baglini, vangando una proda, ebbe la disavventura di imbattersi proprio in uno di questi nidi e fu punto da numerosi insetti tanto da essere ricoverato con urgenza in ospedale per scongiurare sia il problema allergico legato alle sostanze iniettate, sia l’avvelenamento che così tante piccole porzioni di veleno possono causare.
In dialetto c’è stato un cambio di vocale con l’anticipazione della lettera “i” che rende la parola molto più musicale.
 
BOIA
Lett: BOIA. [Giustiziere. Manigoldo. Carnefice].
Con un iniziale significato blasfemo, una vera e propria bestemmia (D... boia), ha eliso (Io boia), e poi definitivamente perduto, nel tempo, il termine iniziale mantenendo invariato il secondo e facendo assumere al vocabolo il semplice significato di stupore e grande meraviglia.
Ci sono altre testimonianze di elisioni legate alla ricerca di un parlare meno volgare come le lucchesi “io ccaio” o “io lai”, iterazioni molto frequenti nel parlare comune degli abitanti di quella provincia. Nel caso di “io lai”, ad esempio, “io” sta per Dio e “lai” è la contrazione di laido, una evidente bestemmia rimaneggiata ed adattata a tempi più garbati .
Boia!” usato da solo oppure con una delle sue forme specifiche, ad esempio“Boia, ‘e culo!”, esprime efficacemente il sentimento di una grande sorpresa, di evidente meraviglia e sbigottimento.
Boia ‘e culo!” poteva riferirsi ad una improvvisa e inattesa fortuna al gioco da parte di un amico, ma poteva anche rappresentare la manifestazione di sincero apprezzamento per un prosperoso fondo schiena di una fanciulla.
Boiata indicava invece una cosa non bella, uno spettacolo non riuscito, un’opera d’arte non apprezzata. E’ ancora presente nel parlare comune: “E’ proprio ‘na boiata!” : una bocciatura senza attenuanti!
 
BOLLORE
Lett: BOLLORE. [Gonfiamento e gorgoglio della bollitura, fervore].
In dialetto significava caldo intenso con varie sfumature:
-“è a bollore” : è molto caldo, riferito ad un oggetto
-“sono a bollore” : ho molto caldo
-“ho i bollori” : ho le banfe
-“mettilo a bollore” : mettilo al fuoco, riscaldalo fino a farlo bollire.
 
BONANIMA
Lett: nc.
Con questo termine si indicavano i defunti.
Si metteva davanti al nome: “la buonanima di Tizio”, ed aveva un significato di rispetto per la persona scomparsa, o anche per segnalarne semplicemente la condizione di defunto.
Mi pà buonanima” in passato era un modo molto comune per indicare il genitore defunto.
Nelle famiglie contadine, specie quelle più lontane dagli aggregati urbani, per i genitori e per gli anziani c’era un rispetto tale (ci troviamo di fronte del resto alla famiglia patriarcale), che gli stessi figli usavano il “lei” o il “voi” per rivolgersi ai propri genitori.
 
BORACCINA
Lett: BORRACCINA [Muschio che cresce a tappeto sul terriccio di prati e boschi o sulla corteccia degli alberi-De Mauro]
E’ quindi termine italiano, col raddoppio della r, ed indica proprio quel muschio che viene raccolto nei boschi e nei posti umidi per tappezzare il presepio chi si fa per Natale.
Il presepio veniva allestito immancabilmente in tutte le case e i personaggi erano tutti statuine di gesso, molto fragili, che ogni anno andavano riguardate, riaggiustate alla meglio o eventualmente riacquistate. Quando si tiravano fuori della scatola si controllavano una per una e se mancava un pastore poco male, se invece a mancare era uno degli attori principali allora bisognava andare alla bottega e rimediare. Si faceva il laghetto con uno specchio e la campagna con la borraccina. Al centro si metteva la capanna con la stella e sopra un bel cielo stellato. I più intraprendenti riuscivano anche a piazzare qualche debole lampadina nascosta che illuminava tutta la scena.
Ora le statuine sono diventate di plastica, non si rompono mai, e si trovano in commercio anche dei piccoli presepi già confezionati di tutto, bue e asinello compresi. Sono più pratici, non sporcano, durano di più, sono più facili da allestire ma non rendono certo l’atmosfera del Natale, lasciata orami nelle mani dei negozi e dei supermercati sfavillanti di luci e colori.
L’origine della parola è ignota, non essendovi in italiano nessun vocabolo da cui si possa far risalire, dato che il tronco “borace” ha tutt’altro significato ed anche i derivati hanno a che fare con il sale dell’acido borico o simili, niente a che vedere con questo delicato tappettino verde.

 

FOTO: Gita a San Marino 1969

 

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