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L'articolo di oggi non poteva non far riferimento alla festa del SS. Crocifisso che Pontasserchio si appresta a celebrare, il 28 aprile.Da quella ricorrenza è nata la Fiera del 28, che poi da diversi anni si è trasformata in Agrifiera, pronta ad essere inaugurata il 19 aprile per aprire i battenti sabato 20.La vicenda che viene narrata, con il riferimento al miracolo del SS. Crocifisso, riguarda la diatriba sorta tra parroci per il possesso di una campana alla fine del '700, originata dalla "dismissione" delle due vecchie chiese di Vecchializia. 

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Ecco la lista di Vicopisano in Cammino.
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A Zonzo per Pisa
Il Mistero del Fondo Oro

20/1/2015 - 9:04

 

A cura di TARZIA

 

Nello storico quartiere Kinzica, sul lungarno Gambacorti, troviamo il solenne Palazzo Blu, restaurato di recente, che oltre ad interessanti mostre di arte moderna e contemporanea, ospita in una saletta un vero e proprio tesoro: il Polittico di Agnano.

E’ un’opera tardo gotica (tempera su legno), sicuramente un capolavoro, con una storia molto singolare.


Il dipinto era stato voluto dall’Arcivescovo di Pisa Giovanni Scarlatti poco dopo la metà del ‘300, che aveva fondato ad Agnano un monastero protetto dai SS Gerolamo e Benedetto, affidato ai monaci Olivetani. Morendo prima che l’opera fosse finita affidò l’intero patrimonio ai monaci di Agnano che si trovarono in possesso di questo polittico collocato sull’altare maggiore della chiesa di S. Gerolamo.


L’opera, magnifica nel suo fondo oro, composta da 5 tavole, rappresenta al centro la Madonna in trono col Bambino con sopra una cimasa che raffigura l’annunciazione dell’angelo e una cuspide con il Cristo Benedicente; ai lati le altre quattro tavole con santi e i quattro evangelisti nelle cuspidi. Particolarmente degna di nota la ricchezza di particolari, l’alto grado di saturazione dei colori, la minuziosità del lavoro di punzonatura sulla foglia d’oro, la ricca cornice.


Dopo oltre un secolo di tranquilla permanenza in S. Gerolamo in Agnano, alla fine del 400, per le difficoltà, tra cui la riduzione del loro numero, i monaci chiesero ed ottennero dal Pontefice Innocenzo VIII il trasferimento nel monastero di S.Pietro in Vinculis (San Pierino) a Pisa, e vendettero l’intero possesso di Agnano (chiesa e polittico compresi), rimanendo comunque gli officianti in S.Gerolamo come aveva voluto il Vescovo Scarlatti.


L’acquirente non era uomo da poco, si parla nientemeno che del Magnifico Lorenzo de’ Medici, la transazione non fu comunque molto chiara, perché alla fine i leggittimi possessori del bene si ritrovarono ad essere Maddalena figlia di Lorenzo e il suo sposo Franceschetto Cybo figlio nientemeno che di Innocenzo VIII.


Riportano le fonti che Lorenzo soggiornasse spesso nella tenuta di Agnano (scriveva il Poliziano: ”l’amico Lorenzo poteva leggere e studiare in quella valle appartata dove la natura rivaleggiava con l’arte”). Sicuramente il grande Lorenzo guardava con un occhio attento il polittico, così arcaico, minuzioso, lontano dalle nuove tecniche artistiche che il Magnifico era avvezzo contemplare in Firenze.


I Cybo, imparentandosi con i Malaspina, divennero duchi di Massa e Carrara, richiamarono i monaci Olivetani nell’antica sede e nel 1591 fecero costruire ex novo ad Agnano la chiesetta di S.Jacopo per il popolo, riservando per se come cappella di corte S.Gerolamo con il polittico.


Alla fina del ‘700, con le riforme dei Lorena il monastero fu soppresso e i beni devoluti alla Regia Amministrazione della Diocesi di Pisa. La potente famiglia Cybo-Malaspina aveva perduto i diritti sul monastero e sul polittico che intanto rimaneva tranquillo sull’altar maggiore. I Cybo però avevano molte frecce al loro arco, erano confluiti, per estinzione della linea maschile, nella casata d’Este di Modena; Maria Beatrice, già duchessa di Massa e Carrara e di Modena sposa l’Arciduca d’Austria Ferdinando d’Asburgo Lorena, divenendo cognata dell’Imperatore del Sacro Romano Impero, ma soprattutto del Granduca Pietro Leopoldo di Toscana. Con questi parenti non fu difficile per lei riavere tenuta, monastero e ovviamente polittico.

Fece sconsacrare la chiesetta di S.Jacopo e ritrasferì la parrocchia in S.Gerolamo, cambiando il nome in S.Jacopo apostolo.
Il Polittico rimaneva li, ma spostato dall’altare, prima dietro il Coro, poi in una posizione non proprio ideale sulla parete destra vicino a una finestra.
I proprietari che si avvicendavano nella tenuta erano consci di possedere un’opera importante, che rispondeva al gusto primitivista e neogotico in voga nell’800.

 

Nel 1875 per estizione dei Cybo-Malaspina-d’Este, i beni vanno a Francesco Ferdinando Arciduca d’Austria, che dopo la tragedia di Mayerling nel 1889 (suicidio di Rodolfo e Maria Vetsera) decide di vendere tutti i beni nel pisano compresa la tenuta.


Il prezzo fissato per i beni era esorbitante (2.000.000 di lire/oro), la transazione fu perfezionata nello studio del Notaio Foianesi in Pisa il 22 giugno 1889 con la famiglia Tobler (non più nobili ma imprenditori emergenti nella nuova Italia). Il polittico figura nell’inventario insieme a tutti gli arredi della chiesa per un valore di 5.700 lire, molto poco se consideriamo che i finimenti delle scuderie erano stimati 5.900 lire.

 

Finora il Polittico, apprezzato o negletto da chi lo possedeva nei secoli, era rimasto tranquillo e ignoto ai più. Dopo il 1930 comincia l’ultima parte della storia che è un vero e proprio giallo.


Tra il 1930 e il ’36 i Tobler restaurano la chiesa di Agnano e ricoverano il Polittico nella loro villa con il consenso della curia, restituendolo alla chiesa per la festa patronale del ’37. Solo un giovane prete assistente universitario di storia dell’arte (il futuro monsignor Riccardo Barsotti) ebbe a ridire sulla grossolanità degli interventi di restauro del dipinto.


Con la guerra e le bombe la chiesa e il dipinto subirono gravi danni, ma i proprietari non si preoccuparono, anche se sollecitati, di provvedere al recupero dei frammenti dell’opera gravemente danneggiata. Il restauro rimase oggetto di lite tra la soprintendenza e i proprietari che non davano grande importanza al dipinto, finchè nel 1965 la soprintendenza otteneva dalla magistratura un decreto di sequestro e veniva in possesso dell’opera e delle parti che si supponevano mancanti trovate nella villa padronale, facendo cadere i sospetti che a qualcuno erano venuti di vendita all’estero.


Nel frattempo nel 1961 il grande storico dell’Arte Enzo Carli aveva attribuito il dipinto definitivamente a Cecco di Pietro, (sulla base dei suoi ricordi e di vecchie foto, perché non l’aveva a disposizione). Cecco era il massimo esponente dell’arte trecentesca pisana, e questo è il suo capolavoro eseguito nel 1373.


Iniziati gli studi per il restauro sorgono diversi dubbi: le tavole sembrano di mano diversa da quelle di Cecco conservati in S.Matteo, forse il polittico sequestrato è una copia? I particolari non coincidono con le vecchie foto, i santi sono diversi, è una copia, da dove viene? Chi l’ha fatta? Ma soprattutto, dov’è il vero Polittico?


C’è un vecchio rapporto dei Carabinieri del 1938 che attribuiva alla Commissione Tedesca per l’acquisto di opere d’arte facente capo al feldmaresciallo Goering un interesse per il Polittico di Agnano; forse ora era in Germania e qui era rimasta la copia? Forse era stato trafugato durante il passaggio del fronte? Forse i proprietari l’avevano venduto di nascosto al solito collezionista americano?


Il 7 giugno 1965 c’è il colpo di scena, i proprietari consegnano spontaneamente il vero polittico, intatto. Era stato ricoverato nella villa di Agnano e durante il passaggio del fronte era stato imballato e murato con cura nella villa di Calci per sottrarlo patriotticamente ai razziatori. I proprietari reclamano comunque la proprietà dell’opera. (la Cassazione darà loro torto nel 1980 quando l’opera sarà acquisita dalla Cassa di Risparmio di Pisa).


Liberato dagli imballaggi il Polittico andò a Roma, sotto l’esame dei massimi esperti, tra cui Giulio Carlo Argan che finalmente riconobbero la sua magnificenza e il suo valore stimato in 200.000 milioni di lire.


E la copia? Adesso lo sappiamo, la fece Icilio Federico Ioni, nato a Siena nel 1866, che si definiva imitatore (non copista) di quadri antichi.


Adesso le due opere si trovano nella saletta in Palazzo Blu, il Polittico dialoga simbolicamente col suo doppio, la famigerata copia dello Ioni, che ha aiutato a preservarlo dai guai.


FOTO:
1)Cecco di Pietro

2)Copia Ioni

3)Icilio Federico Ioni

 

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