Nei suoi numerosi articoli sulla storia del territorio, Franco Gabbani ha finora preso come riferimento, personaggi o avvenimenti storici, inquadrandoli nella cornice degli usi e delle norme dell'epoca.
Questa volta prende spunto da situazioni e argomenti curiosi, spigolature come le chiama.
Al di là dei fatti precisi, quello che colpisce particolarmente, è il linguaggio usato nei documenti, non solo formale e involuto, come da sempre ci ha abituato la burocrazia, ma spesso anche di difficile comprensione, esplicitando l'evoluzione continua della lingua e dei termini.
Sulla croce o in croce?
A volte si usa come modo di dire per significare un tormento vissuto o provocato.
Sembra molto appropriato per raccontare quello che è successo in una scuola del pisano.
Una dirigente scolastica vieta la benedizione pasquale da parte del parroco. Lui, è una persona che ha saputo nel tempo fare da filo rosso, che unisce ed accomuna, persone e culture diverse. Lui si è sempre battuto per l'integrazione, al di là del suo ruolo e funzione. Lui è certamente una persona al di sopra di ogni sospetto di “induzione” ideologica. Ricordarsi del suo Presepe è il minimo.
Si scatena una bufera, in paese e sul web, subito si formano gli schieramenti, guelfi e ghibellini, e non c’entra don Camillo e Beppone, si va ben oltre.
La discussione accesa tira in ballo argomenti importanti come laicità e religione, multiculturalismo e integrazione, simboli e valori fondativi della nostra cultura.
Si tira in ballo la presenza di bambini stranieri, si attribuisce alla loro presenza nelle nostre scuole la discussione sul crocifisso nelle aule o il vietare la benedizione dei parroci.
Viene da chiedersi com’è che abbiamo dovuto aspettare lo straniero per dire che l'Italia e la sua scuola sono laiche, che fino ad oggi il Cristo o la benedizione nelle aule avrebbe potuto essere di troppo per chi, pur non essendo extracomunitario, magari è semplicemente ateo e italiano di nascita.
Viene da chiedersi com’è che questo clamore, questa levata di scudi non avvenga per altri mali che affliggono la scuola, dai gravi disagi che chi ci lavora e chi ci studia, vive. Fabbricati vecchi e fatiscenti, risorse ridotte a zero, sia materiali che umane, precarietà, insegnanti demotivati, alunni sotto pressione con il fantasma del dover essere il migliore, sempre al top, in un'assurda competizione che fa crescere solo l'individualismo, letale per la società.
Come viene da chiedersi com’è che troppo spesso in discussioni di questo argomento si ribadisca il ruolo fondamentale e fondante delle tradizioni, che c’è ovviamente, ma che non può essere confuso con la religione e i suoi riti e simboli, non ne sminuisce il valore e l’importanza? Non se ne riducono le ragioni della scelta e della sua consapevolezza?
Si accoglie la benedizione della propria casa solo e soltanto come una tradizione, perché si è sempre fatto così?
Come non pensare a questa pasqua insanguinata? E come spesso nei secoli gli uomini si armano in nome delle religioni. Gli uomini appunto, le religioni usate come arma.
La scuola e ogni luogo di formazione che compito deve assumere?
Sulla croce o in croce?
C’è ogni giorno la scuola che deve fare i conti con quello che dovrebbe avere e che non ha, con quello che dovrebbe fare e che non fa, con quello che dovrebbe rappresentare e non rappresenta, con quello che promette e non mantiene.
Ci siamo tutti noi, ogni giorno, con i nostri comportamenti e atteggiamenti, con le nostre parole e la nostra coerenza, con i nostri tentativi più o meno riusciti, come gocce in un mare dovremmo ricordarci e lavorare per essere mare e non gocce soltanto.
Ognuno ha la sua croce, si dice, ma la scuola dovrebbe fornire gli strumenti, dovrebbe attrezzare e formare le persone per aiutarle e sostenerle nel far sì che queste croci diventino meno pesanti. Tutte le persone, nessuna esclusa, nessuna di meno o di più. Dovrebbe …
La croce che ci dobbiamo prendere , forse più di ieri, sulle spalle aldilà del nostro posizionamento laico o religioso, è quella di incarnare valori fondativi come il rispetto per gli altri, la tolleranza e l’accoglienza, di praticare l’ascolto, il dialogo e il confronto, di contribuire per quel che possiamo a dare senso e sostanza a quel grido che ancora echeggia inascoltato, libertà, uguaglianza, fratellanza.
Buona Pasqua o Buon Pesach che è festa di passaggio, di viaggiatori e camminanti, non di chi vuol rimanere fermo ergendo muri che poi incitano alla loro rottura.