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L'articolo di oggi non poteva non far riferimento alla festa del SS. Crocifisso che Pontasserchio si appresta a celebrare, il 28 aprile.Da quella ricorrenza è nata la Fiera del 28, che poi da diversi anni si è trasformata in Agrifiera, pronta ad essere inaugurata il 19 aprile per aprire i battenti sabato 20.La vicenda che viene narrata, con il riferimento al miracolo del SS. Crocifisso, riguarda la diatriba sorta tra parroci per il possesso di una campana alla fine del '700, originata dalla "dismissione" delle due vecchie chiese di Vecchializia. 

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Lei non è "abbastanzina informato" si informi chi .....
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per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Colori u n altra rosa
Una altra primavera
Per ringraziarti amore
Compagna di una vita
Un fiore dal Cielo

Aspetto ogni sera
I l tuo ritorno a casa
Per .....
Oggi è venuto a mancare all’affetto di tutti coloro che lo conoscevano Renato Moncini, disegnatore della Nasa , pittore e artista per passione. .....
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Una notte alla botte in padule

22/5/2015 - 16:19

 Nessuno a Vecchiano è geloso della barca, te la prestano, o del casotto, ti danno le chiavi, o del cane, ce lo mandano se lui ci viene volentieri, o dei pesci, te li regalano, ma attenzione alle botti dei chiari per la caccia agli acquatici, arriverebbero alle fucilate per allontanare l'intruso che occupa la postazione, ben pulita e tenuta un tempo ora sfondata e affondata, che a giorni stabiliti e prescelti, tocca ai cacciatori vecchianesi.
Il ricovero era detto cosi perché fatto, appunto, con una botte od un tinetto, con la parte superiore quasi a pelo d'acqua, messa ancorata con paletti infissi lateralmente, dove entravi dal di sopra tolto e, stando seduto su un panchetto, avevi cosi il lago all'altezza del naso, il tiro radente e il nascondiglio sicuro.
Ora non vado più a caccia, non c'è più gusto con le nuove regole, non ci sono più le spinte emotive né gli animali, la natura si vive e gusta in altri modi, ma niente è stato più bello, affascinante, coinvolgente, di una notte all`aspetto nella botte in padule.


"Era un freddo cane, così intenso che il fucile andava tenuto appoggiato di traverso sul bordo di quella tinozza di legno umido, dove stavi rannicchiato e bagnato, senza poter toccare l'acciaio delle canne se non volevi lasciarci appiccicata la pelle per il veloce congelamento dell'umidità  delle dita.
I piedi, chiusi in stivaloni alti di gomma e  con due paia di calzini, si gelavano e con loro si addormentavano le gambe e il solo modo di placare il dolore dei nervi offesi era il muoverle continuamente, ma facendo così si faceva anche un baccano cane nel silenzio della notte sciacquando in quel poco di lago che era sul fondo della botte e tanto valeva allora andare a casa.
Avevo tanto freddo che decisi di bere un sorso di cognac, anche se gli alcoolici non li potevo soffrire e sopportare.
"Passami  lo gnacche",

chiesi a Toni, il mio compagno di quella notte che aveva avuto la concessione di caccia.
"Tieni, ma 'un fa' come Cordino che lo finiva sempre dicendo che la su' parte era vella sotto!"
"Zitto, zitto, ascolta!"
Nel chiaro le anatre, messe alla pastoia, un filo al piede con un barattoletto di simmenta pieno di cemento, si erano messe a cantare  tutte insieme, quaquaqua, spinte dal maschio che invece era tenuto vicino alla botte e che le incitava con un  cr-cr-cr  sommesso.
Le femmine dovevano essere tenute separate dal maschio e ciò dipendeva dalla frenesia amorosa del germano che avrebbe passato l'intera nottata inseguendo e gallando le compagne, distogliendole dal compito di avvistatrici e avvisatrici degli uccelli che passavano.
"Zitto, zitto, preparati, c’è qualcosa che arriva. Le anatre l’hanno sentito!"
Un altissimo e lontanissimo trombettio si udì arrivare e poi sparire. Era un branchetto di folaghe che andavano forse nel padule di Bientina e che non curarono il chiaro e la tesa.
"Accidenti alle stampe! Stai a vedé che se n'e girata una a vento o s'e caporivolta o ce n‘è quarcuna impiccata e quelle allora cianno bell'e creduto! Vai, addio nottata. Si vede avevano in mente d'anda' in mare e quando  l‘uccelli si ficcano 'n capo un'idea, lo sai, nessun li ferma, si farebbero anche ammazzà!"
 "Rieccoli, rieccoli, dai, pronto!"
"O stai bono, senti che cantano solo le femmine, sarà un pipistrello o un barbagianni, le anatre chiamano di tutto, ci vole 'r maschio che canti per sape' se è bastardume o uccelli!"
"Come bastardume o uccelli? Saranno tutte anatre, figlie di anatre e nipoti di anatre!"
"Lo dici te! Te t'intenderai di muggini, ma sai 'na sega di padule! L'uccelli sono e germani soli, il bastardume è tutto vell'artro: moriglioni, fistioni, codoni, mestoloni, tutti boni, ma belli punto!"
Le ore passavano, il freddo aumentava fuori della botte e diminuiva dentro per l'eccitazione dell'arrivo di qualcosa.
Io non credevo si potesse vedere così distintamente nel buio della notte!
Quando vai fuori di casa a vedere perché il cane abbaia, il buio ti assale minaccioso, mentre lì, sull'argento dell'acqua, si vede meglio il colore nero.
Quella notte si era nelle botti a est, quelle dette dell ’albetta, e si guardava verso ovest, dove si indovinava Viareggio dal chiarore delle poche luci invernali, ed il passo era dalla destra, da nord a sud, da Lucca e le valli intorno verso il mare.
La nottata era splendida, il fioco luccichio delle stelle si rifletteva sulla superficie del Iago e raddoppiava la lieve luminosità.
Quando il silenzio si prolungava, senza essere rotto dai rari ma distintissimi versi degli abitanti di quel mondo: i gemiti dei porciglioni, il singhiozzo delle sciabiche, il trombettio delle folaghe, il cuccumio dei predatori alati notturni e dai vari cinguettii di uccellini svegliati di soprassalto o dai tonfi nell’acqua e da tutta una serie di misteriosi ma nitidi rumori, allora si parlottava e si fantasticava del “da e o dove” guardando gli aeroplani che passavano altissimi senza rumore. Non vi rendete conto di quante misteriose lucine ci siano in una notte di cielo.
I discorsi però sembravano letti dal giornale, senza tono, mancando lo sguardo in faccia o negli occhi come due interlocutori diurni, parlando con la testa rivolta in avanti e gli occhi fissi al centro del chiaro.
"Non guarda' fisso, perché ti si 'ntrafunano l'occhi e poi 'un vedi più nulla. Guarda 'nquaellà, mai fisso."
"Ecco, c`è qualcosa che si muove da destra, sparo?"
"Fermo, aspetta. Se è un‘anatra con la pastoia lunga si fa come 'r babbo di velle famose ragazze di Vecchiano, 'un ti dio chi, che gli chiedevano come ‘ndasse la caccia 'n padule e lu' disse che sarebbe durata tante volte quante erano le anatre da richiamo, perché tutte le notte n'ammazzava una. Se é 'na folaga, correrà verso le anatre e loro s'allontaneranno scontrose e superbe, spara a quella che rincorre vell'artra. Se invece è un uccello, saranno l'anatre che anderanno verso l'ospite e lui scapperà ‘nfastidito, allora spara a quello che va avanti."
"E tanto siamo a mezzogiorno al comune che vedo bianco -rosso e verde! Non ti vedo nemmeno te a mezzo metro!"
"Bimbo, piano, piano. Quando l’artrite t’averà  rosiato l'ossa, allora capirai i misteri del padule e della notte. Ammettiamo che  nessuno abbia cantato sennò regali fii! Se è folaga, è scesa giù a tonfo, quindi avrai sentito "cioff", eppoi la storia delle rincorse. Se è uccello invece, avrà fatto una scivolata a ciarella, quindi avrai sentito "cioff-ciacciaccià", quindi fai te!"
"O se invece è venuto a noto dal lago?"
"Ci sta, ma è difficile. Allora spara, quarcosa si mangerà, ma spara e falla finita!"
Io non sparai perché nel frattempo avevo allentata la presa dell'occhiata e mi si era confuso tutto: ora sembrava che tutto corresse dietro a tutto e un attimo dopo erano sparite anche le stampe finché, senza che me lo aspettassi, mi si presentò uno spettacolo così affascinante che avrei buttato il fucile nell'acqua se fosse stato sufficiente per fermare quell'attimo.
Dal nulla, da dove prima c‘era la parte più nera della notte, verso il monte, ora tutto si presentava di un blu intenso, con la siluette delle montagne ancora più blu. Non avevo ancora finito di ammirare quelle incredibili sfumature, tanto che gli occhi mi correvano da una cresta ad un'altra di quella catena che di giorno vedevi e non vedevi indifferente ad uno scenario più che consueto, quando i colori cambiarono improvvisamente e si fecero più chiari, più belli. Dopo ancora pochi attimi il blu era divenuto rosa, poi giallo, arancio, rosso, poi di nuovo celeste ed il mio compagno mi richiamava dicendomi di stare attento, quella era l'albetta, la zona di tempo prima dell'alba, ancor prima del giorno.
"Senti come tirano i viareggini. Questo era un branchetto di siuro!"
Difatti, dall'altro lato del lago, di fronte, diversi chilometri a nord, una gragnola di colpi si era sentita distintamente e l'invidia per i rivali di caccia e di paese era pari all'interesse per l’avvenimento.
Ora vedevi le cannelle dove prima era un rigo nero, il lago cambiò posizione, da unica orizzontale linea chiara, divenne acqua e circolo ed i primi storni si allontanavano dal luogo dove avevano dormito.
Anche i rumori cambiavano: la notte li esaltava ed il giorno li affievoliva. Ora sentivi solo un brusio indistinto ed era il mondo che si svegliava.
Prima due, poi cinque, poi stormi di uccellini ed uccelletti si alzarono dalle canne e dal falasco per andare nei campi o sui tetti del paese, come tanti pendolari alati.
Ora si allentava la tensione spasmodica dell'udito e della vista che avevi martoriato nella notte. Il sole che stava nascendo alle tue spalle ti diceva che era l'ora di smontare.
Raccolte le anatre, intirizzite quanto te e forse più, anche se erano state messe sul tardi a cambio delle altre perché erano le più chiacchierone, raccolto un uovo che una aveva fatto nell'acqua bassa e che era meglio che niente, si spinse il barchino con quel lungo legno  che serviva per remarci in piedi ed era insieme stanga e remo e, con la promessa fattami dall’amico di riportarmici un'altra volta, andai a casa con gli occhi che ancora mi facevano male, le gambe che non funzionavano tanto bene, i piedi che non li sentivo, le mani che se le avessi battute mi sarebbero cascate le dita a pezzetti, una fame che mi stritolava le budella che mi si torcevano per l'ultima bevuta di “gnacche”, come diceva Toni, ma nel cuore un rimpianto per la fine di quella meravigliosa, indimenticabile, inverosimile e irripetibile notte all‘aspetto in una botte su un chiaro  in padule.


Forse questo è l'unico modo di capire i vecchianesi, che sennò sarebbe un lavorone!
 

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