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L'articolo di oggi non poteva non far riferimento alla festa del SS. Crocifisso che Pontasserchio si appresta a celebrare, il 28 aprile.Da quella ricorrenza è nata la Fiera del 28, che poi da diversi anni si è trasformata in Agrifiera, pronta ad essere inaugurata il 19 aprile per aprire i battenti sabato 20.La vicenda che viene narrata, con il riferimento al miracolo del SS. Crocifisso, riguarda la diatriba sorta tra parroci per il possesso di una campana alla fine del '700, originata dalla "dismissione" delle due vecchie chiese di Vecchializia. 

. . . non discuto. Voi riformisti fate il vostro cammino .....
. . . l'area di centro. Vero!
Succede quando alla .....
. . . ipotetica, assurda e illogica. L'unica cosa .....
. . . leggo:
Bardi (c. d) 56% e rotti
Marrese ( c. .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Di Gavia
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di Michelle Rose Reardon a cura di Giampiero Mazzini
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di Mollica's
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Di Siciliainprogress
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C'è qualcosa, un tesoro
che tutti cercano.
Non è pietra preziosa
ne' scrigno d'oro:
si chiama semplicemente
LAVORO
Se poi al lavoro
si aggiunge .....
La Proloco di San Giuliano Terme, attenta alla promozione e alla valorizzazione dell'ambiente indice il concorso "il giardino e il terrazzo più bello" .....
INIZIATIVA EDITORIALE
"Uno strano imbroglio" 11

13/9/2015 - 15:45


Riassunto delle puntate precedenti.

Due pescatori abusivi trovano in Bocca il cadavere di un nero. Sembra solo un affogato ma a fare le indagini del caso viene richiamato il maresciallo Silvestri, in congedo temporaneo. La morte di un altro nero, investito da un mezzo pesante sulla strada del mare appare come una strana coindìcidenza. Silvano brancola nel buio fino a che compare un biglietto anonimo con uno strano disegno che indica qualcosa oltre la curva della strada del Mare. Si tratta ora di avere il permesso per andare a controllare di persona. Un primo contatto con il fattore del conte rivela che la zona è di proprietà della contessa che vive a Londra. E' necessario quindi il permesso di un altro fattore, che Silvano tenta di rintracciare per ottenre il lasciapassare necessario-

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Si fermò in caserma, si trattenne in ufficio e a parlare con i colleghi ma poi vedendo che non combinava nulla decise di provare ad andare nuovamente alla ricerca del fattore. Non volle l’auto di servizio ma preferì la sua Punto nell’illusione di non dare troppa ufficialità alla richiesta, anche se sapeva bene che era un particolare insignificante di fronte alla possibilità che oltre la siepe, in quel bosco, ci fosse qualcosa che non dovesse essere visto da occhio indiscreto.


L’ufficio si presentava esattamente come l’aveva lasciato la mattina, ma il suo bigliettino era sparito. Quindi era arrivato a destinazione e la mancata chiamata poteva lasciare adito a qualche sospetto….. ma poteva anche essere una dimenticanza oppure semplicemente il rimando a un momento più propizio. Momento che comunque ancora non era arrivato.


Mettere un altro biglietto? Silvano ci pensò su ma poi decise che non era una buona idea e che, essendo ancora presto, poteva andarlo a cercarlo personalmente. Chiese qualche informazione e fu dirottato in una zona agricola, alle spalle della strada dei pini, con l’indicazione di cercare un pick up nero, l'auto di servizio del fattore.


Con la Punto fece un largo giro attraverso la vasta proprietà fra lunghi viali contornati da gelsi e cipressi, campi coltivati, piccole stradine polverose, qualche cunetta che mise a dura prova la resistenza della Punto, un paio di enormi pozzanghere da cui uscì con grandi sospiri di sollievo fino a che, parcheggiata su un ciglio in fondo ad uno stradone, vide finalmente un’auto che sembrava proprio un pick up nero.


Anche quella strada era malmessa e piena di grosse buche e profonde pozzanghere, come in genere sono le strade di campagna per accesso ai campi da parte dei mezzi motorizzati, ma ritenendola Silvano comunque alla portata della Punto si spinse lentamente verso la macchina.


Il pick up nero era proprio nel mezzo dello stradone a sbarrare la strada, pieno di fango ma molto meno della Panda del primo fattore. Era una macchina da lavoro, fatta per viaggiare fra i campi, ma sembrava più curata, qualche accessorio lucido e le ruote in lega davano l’impressione che il proprietario la tenesse con maggiore attenzione. Questo ispirò a Silvano l’idea che il suo proprietario potesse essere un tipo più preciso del fattore del Conte, meno alla mano e ciò poteva anche essere di ulteriore ostacolo alla sua richiesta. Anche se, rifletté, non sarebbe certamente stato questo che avrebbe deciso sulla sua collaborazione per il rilascio del permesso. Fermò la Punto (che ringraziò) scese, si guardò intorno ma non vide nessuno.


Campi coltivati si stendevano tutto attorno e proseguivano per la lunghezza di tutto lo stradone fino ad un piccolo boschetto che si vedeva in lontananza, una specie di ciuffetto sbarazzino dimenticato forse dal grande bosco situato poco lontano. Il posto era deserto e silenzioso. Solo una piccola brezza muoveva le foglie più alte degli alberi e sembrava di avvertire l’odore del mare, che del resto non era lontano.


Quel silenzio e quella leggera brezza che veniva dal mare spalmata di salmastro portarono per un attimo Silvano, senza la sua volontà ma sulla scia dolce della memoria, in un’altra epoca e in un altro mondo. Lo portarono su una spiaggia deserta in Sardegna, all’imbrunire quando la feroce calura dell’estate lascia il posto al fresco umidiccio della notte. Silvano percepì con una prepotenza che sapeva di ricordo, melanconia, e forse anche rimpianto, la presenza accanto  a sé di quella che era stata sua moglie e il senso di quella felicità ormai perduta. Sentì di nuovo le risate, colse le tenerezze e sentì vivo dentro di sé quell’amore destinato così presto a finire. L’aveva amata, veramente. Era ancora molto giovane, forse ancora con la possibilità di cambiare la sua vita, incanalarla su altri binari meno dolorosi. Forse era sua la colpa, forse non aveva capito, forse avrebbe dovuto……


Riaprì la portiera e si mise a sedere, in attesa, con quella sensazione insieme dolce e dolorosa, quella specie di felicità amara del ricordo che non voleva abbandonare.


Non ebbe comunque modo di attendere molto che dal boschetto in fondo allo stradone uscirono due uomini che si avvicinarono a piedi, lentamente. Due uomini molto diversi fra loro. Uno era minuto, con molti capelli arruffati e l’altro invece più alto e robusto, ma quasi calvo. Silvano si domandò quale dei due fosse il fattore. La risposta arrivò poco dopo, dalla vista dei loro vestiti: il minuto portava stivali alti fino al ginocchio, tipo da equitazione, un grazioso gilè in cuoio lavorato e una camicia blu senza cravatta; tuta da lavoro infangata e grosse scarpe sformate invece per il robusto che appariva anche sudato e affannato.


Silvano aspettò che si avvicinassero alla Punto.


“Buonasera e scusate-si presentò- sono il maresciallo Silvestri ...........qui del paese e cercavo il fattore”


“Buonasera maresciallo, lei  è quello che ha lasciato il biglietto da visita sì…mi scusi volevo chiamarla ma poi……” rispose naturalmente il minuto con capelli.


“Non importa signor fattore (astuzia silvanesca) sono venuto io a cercarla perché avrei bisogno di parlare con lei per una richiesta....... una sciocchezza……..niente d’importante”


“Valerio continua tu, arriva fino in cima e poi torna alla fattoria ……io vado un attimo col signor maresciallo al mio ufficio”


-Signor maresciallo!- pensò Silvano- questo mi meleggia oppure ha capito e mi risponde a tono.
 
Fare inversione con la Punto fu una piccola impresa che comportò a Silvano un quarto d’ora di tempo e una bella sudata di avanti e indietro mentre il pick up del fattore vi riuscì con grande agilità. Soprattutto grazie alle quattro ruote motrici del mezzo che scavarono lunghi solchi nella motriglia dello stradone e lo identificarono come strumento assai più adatto della Punto a stradoni, fanghiglie e simili.


Comunque anche la Punto riuscì finalmente a fare il proprio dovere e seguì il pick up fino all’ufficio del fattore.


“A proposito, maresciallo, mi chiamo Lupetti” si presentò mentre armeggiava per aprire una porta che si dimostrò assai resistente e che cedette, alla fine, non senza avere lanciato forti raschii e cigolii, segno di una grande sofferenza.


L’ufficio era la fotocopia dell’altro, angusto e buio e con la stessa polvere, ma assai più ordinato. Silvano se lo aspettava e notò con soddisfazione che non si era sbagliato sulla maggiore precisione del Lupetti rispetto al fattore del Conte. Gli incartamenti non erano diffusi per tutta la stanza alla rinfusa ma sistemati dentro contenitori di diverso formato e colore che trovavano posto in un grande scafale sul fondo. La scrivania, al centro della stanza, era un vecchio mobile intarsiato molto bello, e si presentava altrettanto ordinata con un servizio da scrittorio in cuoio con tanto di penna infilata e passamano che fece venire a Silvano l’idea di un regalo della moglie.


 “Prego maresciallo si accomodi…….mi dica”


La sedia era comoda, di legno, e assai più robusta di quella del precedente fattore.


“Signor Lupetti, mi dispiace averla disturbata ma non ho potuto farne a meno. Vede a me ...serve semplicemente un permesso per accedere alla proprietà della Contessa. Sono già stato dal suo collega…..il fattore del Conte…….. ma la zona che m’interessa è di sua competenza e quindi è a lei che mi devo rivolgere…….naturalmente ho qui con me  –Silvano trasse dalla tasca interna della giacca un foglio- la richiesta ufficiale del mio Comando”


“Ma….posso chiedere il motivo di questa sua richiesta e ….anche la zona che le interessa?”


“Dunque la zona sarebbe quella della via del Mare, dopo la curva.....sa….. in fondo al rettilineo, ma il motivo, come lei sicuramente si immaginerà, non posso rivelarlo”


Mentre diceva queste parole Silvano non perse di vista nemmeno un attimo la faccia del fattore per notare qualche traccia di turbamento, qualche piccola smorfia, qualcosa di minimo, anche un piccolo gesto involontario che comunque potesse rivelare un qualche disagio di fronte alla richiesta. Che non ci fu.


Il fattore, in silenzio e con tutta calma, prese il foglio dalle mani di Silvano, lo lesse con apparente attenzione e dopo averlo letto lo depose sulla scrivania.


“Va bene maresciallo. Parlerò di questa sua richiesta con la Contessa, ma non credo ci siano problemi a rilasciare un permesso. Mi dia qualche giorno di tempo perché al momento la Contessa credo, anzi no, ne sono sicuro, sia a Londra per qualche sua faccenda privata. Potrei anche provare a telefonarle se fosse una cosa di una certa urgenza..…ma non mi pare sia questo il caso e poi la Contessa diciamo……non ama troppo essere disturbata per cose di così poco conto…..preferirei aspettare il suo ritorno.”


Detto questo si alzò, mise la richiesta nel cassetto della scrivania e si avviò all’uscita tendendo la mano al commissario.


"Ma certo, capisco" disse Silvano alzandosi a sua volta. Ringraziò quindi il fattore come da prassi dicendo che aspettava la risposta e che il numero di cellulare il fattore l’aveva, anzi se non l’aveva allora lui l’avrebbe ridato eccetera.


Silvano nel tornare alla Punto ripensò che al momento della richiesta non c'era stato nessun segnale corporeo d’imbarazzo. Ora Silvano non era un esperto di cinesica ma pur osservando il fattore con estrema attenzione nel momento esatto in cui aveva nominato la strada del Mare, non aveva notato il minimo imbarazzo, la minima emozione. Un movimento delle gambe, un cambio di posizione sulla sedia, un gesto involontario con la mano o con gli occhi. Niente.


Strano, si disse Silvano. O non sa niente oppure.....non c'è niente e la pista, l'unica purtroppo che abbiamo, rischia di essere veramente sterile. Perché se esistesse qualcosa di losco, oltre la curva del mare, possibile che il fattore che gira continuamente per la proprietà non ne fosse al corrente?


Con questi dubbi e con un po' di sconforto Silvano si diresse verso casa. Lungo la strada incontrò molta gente che tornava dal mare. Un ultimo scampolo di estate prima dell'arrivo della stagione invernale.


Passò dalla caserma solo per informare Maggioni dell'incontro con il fattore manifestando anche a lui la sua perplessità per l'assoluta compostezza dell'uomo al momento della sua richiesta di entrare nella proprietà della Contessa. Era veramente strano, infatti, che questi non sapesse niente ed entrambi pensarono, anche se non lo dissero apertamente, alla possibilità che la pista del biglietto poi alla fine non portasse da nessuna parte.


Prima di andare sbrigò alcune faccende di poca importanza e si trattenne un po’ di tempo, per far vedere che era occupato e non rischiare di versi affibbiare qualche altra incombenza. Questa lo assorbiva completamente e non voleva distrazioni prima di avere risolto il caso o di essere almeno entrato in quel bosco. Salutò gli altri carabinieri che lavoravano nelle loro stanze, alcuni erano molto giovani e li conosceva poco, ma sembravano bravi ragazzi e Silvano era entrato senza fatica in loro confidenza.


A  casa si mise a preparare qualcosa da mangiare per lui e Chiara che era in servizio al bar. Non era un grande cuoco ma se la cavava. Le rare volte che avevano invitati, di solito gli amici del settimino, era di solito lui a cucinare con risultati discreti. Chiara era infatti spesso al lavoro oppure approfittava della presenza di ospiti per uscire con le amiche. Non ne aveva molte, in verità, e le uscite si limitavano a un cinema o a una pizzeria. Silvano non credeva che frequentassero discoteche ed infatti di solito rincasava abbastanza presto, in orari incompatibili con qualunque orario di discoteca che come sappiamo parte dalla fine del giorno predente per lanciarsi abbondantemente in quello successivo.


Chiara non parlava volentieri della sua situazione sentimentale. C'erano, erano evidenti, i segnali di reciproco interesse con il suo datore di lavoro ma al momento attuale Silvano non avrebbe saputo dire come stavano effettivamente le cose fra loro due. Anche gli orari non li favorivano ma spesso erano insieme al bar e le occasioni d’intimità erano possibili. Più di una volta Silvano aveva provato a sfiorare l'argomento ma il semplice sguardo di Chiara aveva fatto cadere ogni sua velleità. Sembrava felice e questo a Silvano bastava.


Non parlava ancora di progetti per il futuro ma questi sarebbero venuti sicuramente al momento giusto, vederla felice e sempre più lontana dalla sua tragedia era sufficiente. Silvano le voleva bene come a una figlia e Chiara sentiva questo affetto e lo ricambiava completamente.
Il pensiero di Chiara portò Silvano a Valentina e si domandò se anche lei fosse veramente felice come diceva di essere. Certamente gli mancava, e Chiara non poteva certamente compensare completamente l’assenza di sua figlia, anche se oramai lui considerava la ragazza come parte della famiglia.  


Purtroppo non era più il tempo del geometra amico che progettava le casette di amici e parenti o del ragioniere alle prese con i redditi del bottegaio del negozio accanto a casa. Chi voleva realizzare le proprie competenze, quelle per cui aveva fatto sacrifici, doveva guardare in un ambito assai più vasto del proprio comune o della propria regione. Addirittura del proprio Paese e per questo Valentina era dovuta andare lontano, a Dublino, ma in compenso faceva un lavoro interessante, quello che aveva sempre desiderato, e oltretutto insieme alla persona che probabilmente amava. Sì....era abbastanza tranquillo..... le sue donne al momento sembravano abbastanza soddisfatte della loro vita.


I giorni successivi furono per Silvano una penosa routine.


Casa, caserma a gingillarsi col niente, puntate ricorrenti ma inutili al mare e all’ufficio del fattore. Di nuovo casa, di nuovo caserma.


Dopo una settimana di grande sofferenza e di ansia decise di piantonare l'ufficio del fattore, aspettando che rientrasse alla sera. Si piazzò con l’auto in un punto in cui poteva vedere l’ufficio ma un po’ in disparte e attese. Invano perché del fattore nemmeno l'ombra. Ripeté l'attesa per tre sere consecutive, rischiando anche un’intossicazione da fumo di sigaretta, poi si mise a chiedere in giro ma senza risultati. Forse frequentava poco l’ufficio per cui decise di provare a cercarlo personalmente sul luogo di lavoro, come aveva fatto la volta prima.


La mattina seguente, di buon'ora perché l’ansia non lo faceva dormire,  ripercorse con la Punto le solite stradine e stradoni, passò per boschi e campi, pozzanghere e fanghiglie di varia consistenza, sempre alla ricerca di un pick un nero che non voleva manifestarsi. Si fermò a chiedere a chiunque incontrasse per la strada, ma le risposte erano necessariamente vaghe e di nessuna utilità fino a quando uno di questi lavoratori, togliendosi il cappello (come usavano un tempo i contadini) e mostrando un cranio calvo e sudato annunciò, senza minimamente immaginarlo, la risurrezione della famosa pista:


"Guardi che il fattore credo che non ci sta…… dice abbia preso un periodo di aspettativa......per malattia o qualcosa che riguarda la moglie..... è più di una settimana"


"Senta……..ma mi sa dire quando rientra?" chiese Silvano


"No, non saprei proprio........provi a chiedere in direzione, laggiù alla Villa….. proprio in fondo a questa strada"


Silvano ringraziò, fece manovra e percorse a ritroso la stradina sterrata che correva fra due ali di vecchi cipressi e che dopo una curva si apriva in un grande piazzale contornato su tre lati da fabbricati. Tra questi spiccava un grande edificio rettangolare che occupava il lato nord della piazza su cui sostavano diverse auto e qualche furgone. Proprio al centro dell'edificio principale, incastonato sul lato sinistro di una grossa porta in legno lucido, una targa in ottone altrettanto lucido  indicava "Direzione”  a cui sotto qualcuno aveva aggiunto un foglio bianco con la parola “Spaccio", scritta con un pennarello rosso.


Forse perché così gli impiegati e i lavoranti non avrebbero perso tempo ad andare in paese per bere un caffè o mangiare un panino.


Silvano fermò la Punto e scese. La porta aperta si apriva su un lungo e oscuro corridoio, tipico delle vecchie case con i soffitti molto alti, su cui si aprivano alcune porte chiuse. In una piccola stanza, una specie di bugigattolo a sinistra vicino all'entrata, una piccola scrivania senza nessuno ma con evidenti segnali di presenza umana: un giornale sportivo aperto, un piccolo televisore acceso ma con l’audio spento. Comuni mezzi di sopravvivenza, pensò Silvano, per riuscire a passare giornate a far poco o niente.


Silvano cercò un campanello o comunque qualcosa con cui segnalare la propria presenza. Uscì anche all’esterno e dette un’occhiata alla porta e al muro nell’eventualità, ma non trovò niente. Non restava che aspettare. Probabilmente le visite non erano troppo numerose oppure chi andava sapeva dove andare e si recava direttamente nell'ufficio interessato.


Anche lo spaccio non doveva essere troppo frequentato, oppure quello era orario di lavoro, perché nel quarto d’ora che attese non vide passare nessuno. Spazientito non ebbe altra possibilità che uscire sulla strada e dare una bella strombazzata di clacson.


La strombazzata risuonò in maniera impressionate nel silenzio della piazza, chiusa com’era su tre lati da edifici che ne accentuarono la potenza. La Punto stessa rimase sorpresa dalla violenza del suono che non credeva più di possedere e a Silvano sembrò addirittura di scorgere un piccolo sorriso. Se le auto avessero avuto questa possibilità, ne sarebbe stato sicuro.


Dopo appena un minuto di attesa apparve sulla soglia un individuo in una stazzonata divisa verdina che guardandolo con fare accigliato si rivolse a Silvano in malo modo chiedendo chi cavolo era e cosa voleva per fare tutta quella confusione.


"Mi scusi -disse Silvano- sono il maresciallo Silvestri…..qui della caserma…. ma è un quarto d'ora che aspetto qui davanti all’ufficio e non sapevo come fare per far venire qualcuno….mi scusi di nuovo"


"Va bene, va bene maresciallo. Ero occupato nell’ufficio del direttore per una pratica………ma dica pure”


‘Sì …. si vede dalle pratiche aperte sulla sua scrivania -pensò Silvano- ma tenne la considerazione per se per non peggiorare la situazione.


Il custode intanto era entrato nello stanzino e Silvano chiese di poter parlare con il direttore. Prima però volle precisare all’impiegato che la visita non era da considerarsi ufficiale ma per una semplice informazione.

 

Il portiere chiese i documenti, che controllò con attenzione, li rese e si assentò. Poco dopo fu di ritorno e con un  –prego si accomodi- lo condusse dal direttore che aveva l’ufficio proprio in fondo al corridoio.

 

(continua)


 

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