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La Pro Loco Ripafratta “Salviamo La Rocca” organizza per sabato 18 maggio una conferenza dal titolo “Crocevia di cammini - Il confine pisano-lucchese tra itinerari e cammini, beni storici, turismo sostenibile e volontariato culturale”. L’evento si terrà a Villa Roncioni, nel borgo di Pugnano, comune di San Giuliano Terme, alle ore 10

. . . il sig Marino vuole metter becco dove da anonimo .....
Correva voce, al Circolo, che Bruno della Baldinacca .....
Il tuo forse lo ha guadagnato ultimamente ed il mio .....
Cara manuela
io non so con esattezza i pro e i contro .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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A cura di Erminio Fonzo
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da Museo del Bosco
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Di Gavia
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di Michelle Rose Reardon a cura di Giampiero Mazzini
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Credevo di riuscirci mare
Ma non ti potei solcare
Ma è vero giuro è vero
Pur cambiando la vela e mura
Se gira il vento dritta
Al cuore
Per amarti .....
La Proloco di San Giuliano Terme, attenta alla promozione e alla valorizzazione dell'ambiente indice il concorso "il giardino e il terrazzo più bello" .....
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L'ospite

1/12/2015 - 15:05


L’amïo de’ ‘anti


Pari ‘na ‘ariatura di rabbino,
tirchietto, gobbo, cor pastrano scuro,
coll’occhio birbo e colle mano a uncino,
cammini e ppreghi vòrto sempr’ar muro.


E tu’ beni li tieni nell’Ervezia,
ciai un obbi solo ma unno po’ mè fa’
perché, parrebbe piccola ll’inezzia,
‘un poi ffa mùsia finché Sirvestr’un va!


Hai ‘na metà ch’è ‘n capo d’Ucraìna,
un mezzo ch’era un tempo ‘na ganzata
e ‘n pari che ssi piena di dottrina.


Le donne ti darebbin di granata
e ffatti marità alla Stricchi…Nina,
ma Vàrtere una dama t’ha trovata.


Il lamento del topo


“Me misero, me tapino!”
Queste sono le classiche parole di Paperon de’ Paperoni quando cammina in cerchio nella stanza delle lacrime e delle lamentele dopo che la Banda Bassotti ha portato a segno un’altra rapina.
Ora invece è un altro animaletto che le pronuncia nell’angolino della sua celletta che si trova nell’angolino di una stanzuccia di una casetta all’angolo di due stradine.
“Me misero, me tapino, me topino, ‘io toppino, son piccino che paio un tappino!
Sono grigio che sembro scolorito, mi sembra di essere la caricatura di un rabbino, sono (dice!) anche tirchietto come un ebreo e devo porci rimedio.
La mia indole è di camminare sempre vicino vicino alle pareti della casa, come gli ebrei al Muro del Pianto, di tenere gli oggetti stretti stretti fra le zampette anteriori, ma non posso farci niente.
E’ più forte di me, la paura della gente mi spinge sempre a camminare di fretta e a testa bassa tanto che mi si è incurvata la schiena, mi prude continuamente il nasino e quando me lo strofino sembra che giunga le manine a preghiera. E infatti io prego sempre: prego che la Svizzera faccia sempre i soliti formaggi, prego che il gatto (Sirvestro) se ne vada finalmente a fare un giretto dai parenti che ho una voglia matta di farmi un balletto che schianto!
Accidenti ai gatti che ti stanno sempre fra i piedi, ma non per mangiarti che siamo abbastanza furbi da scappare a quei rinnegati ripieni di chittecatte, ormoni e trugolai, ma per non lasciarti BALLARE. Siamo condizionati dallo stupido modo di dire degli umani che: - I topi ballano quando ‘r gatto ‘un c’è!-
Ma chi l’avrà inventato! E poi io sono solo, solo come un ...topo.
La mia promessa sposa (la metà ) è scappata in Unione Sovietica per montare in capo a quel freddoloso popolo. Laggiù infatti usano dei copricapo, fatti con pelli di coniglio, ermellino, castoro e con ogni altro animale peloso, ai quali hanno dato il nome di “topa”. Ho saputo da mio cugino che da noi in Italia, mia moglie è in capo agli italiani anche quando è caldo. Mah!
Sono proprio sfortunato e disgraziato!
Avevo dato il mio nome ad un mezzo che era la fine del mondo!
La mia macchina sfrecciava sulle strade dell’Europa intera ed era la macchina più invidiata. Il nome era un simbolo! Ora son venuti dal Giappone, dalla Francia, dall’America, dalla Germania con nomi scemi di: Mustang, Maggiolino, Lupo, Brama, Panda, ma vuoi mettere: TOPOLINO!
Tutto finito, tutto dimenticato!
C’è rimasto un mio pari, un topetto tutto casa e studio, sempre rinchiuso in biblioteca, sempre a riempirsi di sapere, ma è meglio perderlo che trovarlo.
Non mi riesce fare amicizia con gli uomini, figurarsi con le donne! Ho sentito dire ad una massaia, dopo che mi aveva rincorso tutto il giorno con la scopa, che voleva maritarmi volentieri con una certa Nina dello Stricchi. Ho rizzato felice le mie orecchiette a cuore, ma mi sono rintanato velocemente nel vedere disegnato un bel teschio sul bicchierino che mi volevano far bere in onore della sposa, non la Nina Stricchi, ma la Stricchi-nina!
Scusate un attimino, suonano alla porticina, sarà il postino.
Uh, che bello, una lettera dall’America, da Disneyland!
Blablablà blablabà, mmmh mmmh, sississì sississì, benebene.
Cari gattimici e care massaie, cari rosicchi e cari parenti, vi vado un bel pezzo nelle mele!
Sapete chi mi ha scritto?
Nientepopodimenochè il caro Valtere del Disney che dice che mi vuole in America e che mi farà famoso nei fumetti e che ci troverò anche una topina bellina bellina che si chiama Minni.
Ciao ciao e buona fortuna! Anzi:
Bye-bye!


Fra curiosità e natura


Perché: amo il cane, temo il leone, ammiro l’aquila, e invece:
ho paura dei topi”?
Perché il plurale?
Perché quando le donne, le più accanite nemiche del topo e le più impressionabili alla sua vista, quando ne vedono uno in una gabbietta, alla fiera, dicono: “bellino, guarda che musino, che occhini!”?
L’atavica “paura del topo” è dovuta al suo “commensalismo” con il genere umano, alla convivenza cioè e alla stessa sorte che ha spinto, roditore ed uomo, alle stesse migrazioni fra le terre emerse. Il topo si è approfittato del cibo dell’uomo, ha mangiato sempre insieme a lui e gli ha trasmesso la “Morte Nera”, la peste, la peggiore delle malattie, aiutato senza volerlo dalla pulce.
I topi sono prolifici, affamati, furbi, tanti.
A Roma vivono quindici milioni di topi, dieci a Napoli e venticinque a New York. In Asia ogni anno i topi mangiano quarantotto milioni di tonnellate di riso e ne rendono inservibile una massa tripla con i loro escrementi.
Ecco perché si usa il plurale parlando del topo e perché, uomini e donne, li temono e non ne vogliono intorno, specialmente in casa.
Budda un giorno chiamò a sé tutti gli animali per ricompensarli, ma essi erano troppo presi dalle preoccupazioni della vita per rispondere. Solo dodici di essi andarono all’appuntamento e, primo , il topo. Budda consacrò il tempo ai dodici animali e, a partire da quel momento, al piccolo roditore venne dedicato: l’anno del topo.
Per venticinque secoli, ogni dodici anni, gli uomini nati nell’anno del topo avrebbero avuto: astuzia, spiccata intelligenza, genio inventivo, emotività, prudenza alternata a fiducia in sé, gelosia, grande sessualità, golosità, taccagneria alternata a spreco, distruttività e intuito.
Aristotele raccontò di aver catturato una femmina di topo incinta e, dopo averla sventrata, disse di aver trovato in essa ben centoventi topini, 118 maschi e 2 femmine già gravide!
Questo è troppo, ma non è falsa l’interpretazione della sua figura e del suo nome per la simbologia che, in molte lingue e dialetti, viene attribuita alla natura di connotazione sessuale: topa, sorca e zoccola, sono i più noti e frequenti.
Il topo ha il “difettuccio” del furto, quindi si dice che è un animale “ladro”, ma come si chiama il ladro uomo che si infila furtivo nelle case? Non si chiama forse “topo”?
Andando a zig-zag nell’aneddotica del topo, (se si seguisse una logica descrizione ci vorrebbero migliaia di pagine), bisogna ammettere che nell’uomo vi è una certa ammirazione per le gesta di questo roditore.
Negli anni ’50 gli americani evacuarono l’isola di Engebi, nell’arcipelago di Eniwetok nell’Oceano Pacifico. Per quattro anni vi furono fatti esperimenti nucleari con il lancio di quattordici bombe atomiche e una termonucleare. Dopo ancora quattro anni di “riposo” gli scienziati americani ritornarono sull’isola vetrificata dal gran calore e vi trovarono…una bella, vispa, sana e vegeta tribù di topi!
Credo però che la palma della “simpatia”, o “ammirazione” che dir si voglia, il topo la prenda dal modo che ha nel “rubare” le uova. Un animale afferra l’uovo, fa uno scatto sul fianco e cade sulla schiena abbracciando il bottino e stringendoselo sulla pancina con tutte quattro le zampette, offrendo la coda ad un collega. Questi prende quella specie di fune in bocca e tira quella specie di zattera fino alla tana dove l’uovo sarà finalmente rotto e mangiato.
Attenzione, questa non è intelligenza ma semplice furbizia e intuizione come quella che “quando la nave affonda i topi scendono!”
Sta a voi dire “Peccato!” o “Meno male!”

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