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La Pro Loco Ripafratta “Salviamo La Rocca” organizza per sabato 18 maggio una conferenza dal titolo “Crocevia di cammini - Il confine pisano-lucchese tra itinerari e cammini, beni storici, turismo sostenibile e volontariato culturale”. L’evento si terrà a Villa Roncioni, nel borgo di Pugnano, comune di San Giuliano Terme, alle ore 10

. . . il sig Marino vuole metter becco dove da anonimo .....
Correva voce, al Circolo, che Bruno della Baldinacca .....
Il tuo forse lo ha guadagnato ultimamente ed il mio .....
Cara manuela
io non so con esattezza i pro e i contro .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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A cura di Erminio Fonzo
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da Museo del Bosco
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Di Gavia
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di Michelle Rose Reardon a cura di Giampiero Mazzini
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Credevo di riuscirci mare
Ma non ti potei solcare
Ma è vero giuro è vero
Pur cambiando la vela e mura
Se gira il vento dritta
Al cuore
Per amarti .....
La Proloco di San Giuliano Terme, attenta alla promozione e alla valorizzazione dell'ambiente indice il concorso "il giardino e il terrazzo più bello" .....
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...e la padrona di casa!

8/12/2015 - 8:16


E detti stralignati


Un c’è vverso di falla stà ner cesto
colle bone, e neanco co pattoni;
lei si sente tradita e non fa testo
vello e dïan proverbi e citazioni.


Dopp’avè soddisfatto le su brame
e avecci provato piano a ffalli,
er resurtato è sempre da bbuiàme:
tanto vale sbrigassi ner caàlli!


Come fanno allo stòmbao le prugna,
ni tocca omprassi un paio di gruccette
ogni vorta che ‘ncontra un po’ d’assugna.


Ma saran fàrse le ose ‘vi dette
quando noiata vi mostrerà l’ugna:
o chioccia o frullina, oppure a ccianchette.


I proverbi rivisitati


“Cara - disse un giorno un uomo alla moglie che si truccava tutta (a parer suo) senza motivo -  qui :
Gatta ci cova!”.


“C’è la gatta soprapparto? Preparo il cesto alla svelta!”, rispose la donna spingendo la gattina soriana in una specie di culla che doveva fare anche da cuccia.


“Ma cosa ciaveranno mai da ddì’ ‘vesti du’ po’ po’ di rintronati di gristiani? Stai a vvedé’ che per accontentalli mi toccherà anco fa’ ll’ova e ghioccià’, poveri brodi! Cova! Cova?? O ‘un ci ripenso! Guasi guasi li sciagatto dalli sgraffi”.


“Cara -  ridisse due giorni dopo il solito uomo alla moglie che al solito si preparava ad uscire senza motivo -  attenta che:
La gatta frettolosa fece i gattini ciechi!


“Dai, dai, lasciami andare che corro dal veterinario povera micina mia bellina. Torno dopo!” rispose la donna correndo via.


“E’ già du’ vorte che mi diano ‘osì! La prima ci credetti e stiedi mezza giornata a cosce larghe a spinge’ piano piano perché a mme e cei ‘un mi garbin punto, ti montin sulla ‘oda, cianno e ‘ani sempre dietro, seartrè ‘un mi piace neanco le cee, senza lische, piccinine, voi mette’ un mugginotto! ‘nzomma, spingio, spingio, piano, piano, faccio ammodino e ‘un ti scudello tre gattini cei che ‘un mi faceva prò neanco mangianni er vestitino?! Allora, ora, se ci rimango un’artra vorta, cei per cei… trentacei! Mi sbrigo ner caalli e mi levo da’ rafani”.


“Cara, ripetè il rassegnato potenziale cornuto alla quasi sicura moglie fedifraga, dove vai tutte le sere a quest’ora e perché torni sempre con il mal di testa? Attenta che:
Tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino!”.


“Caro, io esco. Te stai attento alla gattina che non vada in dispensa a mangiare il grasso del maiale di tuo fratello, quello che serve per gli scarponi da montagna e stai attento che non ci siano trappole in giro che non vorrei poverina si facesse male alle zampine!” rispose la donna correndo giù dalle scale.


“Vai! Lo sapevo! ‘Un sono solo scemi, sono anco rompioglióni!
E portino anco scarogna! M’è vienzuta la sciorta co’ pioppini (dicevin loro!) ch’avevin trovato a un pratano, (saddio cos’erin e ‘ndove l’avevin còrti!) vai tanto ‘r gatto se moie ‘un conta, poi m’è rimasta la ‘oda nella porta a ssoffietto (dicevin loro) che ‘un ha soffiato ‘na sega ma m’ha sgangherato fino all’osso sagro e ora mi sente ‘vando piove, poi m’han messo ‘r campanello ar collo che ‘un mi riesce più d’acchiappà’ un topo e ci ridan tutti, poi mi volevin chiude ‘ tubi per ‘un fa’ ppiù le ‘osacce, meno male che ll’idraulio gostava troppi ‘vaini, e ora mi voglin mandà’ da Partrinieri pe’ mangià’ ll’assugne?
‘Vando mi diino chioccia, ‘vando mi chiamin Mennea, ‘vando la zoppa di Montinero! Ora, ‘vando li rivedo, ‘ver peoro di lui e ‘vella maiala di lei, vedrai che ni passa l’arbagie! Ni do du’ po pò di granfiate che dall’urli ni faccio fa’ ‘r verso der gallo e lla gallina, po’ l’acceo mezzi e ni faccio arruzzolà le scale che ni ci vò du’ bettoniere di gesso pe’ aringessanni le ‘nzampe. ‘Io topo… di ‘antina e po’ anco di sottoscala!”


Fra curiosità e natura


Chi non conosce il gatto sornione, approfittatore, ladro, coccolone, furbo, malaugurante, dolce, matto, crudele e giocherellone?
Dal cinema ai fumetti, dalle novelle alle filastrocche, è stato ed è un susseguirsi di felini personaggi, più o meno conosciuti e più o meno simpatici.
Dal bianco e nero detective Felix, al vigliacco Tom che maltratta il povero topo Jerry, allo sfortunato Silvestro col diabolico canarino Titti, all’onirico Gatto Mammone di Alice fino al mitico Romeo “er mejo der Colosseo”, è tutta una serie di GATTI.
Cenerentola e gli amici topini se la devono vedere col malefico gatto della matrigna, Topolino lotta perennemente con Gambadilegno, Gatto cattivissimo, ma i novantanove cuccioli dalmata sono aiutati da un disinteressato Gatto e così via, dall’America fino all’Oriente.
E proprio in Oriente, nel mondo buddista, il Gatto è tenuto in poca considerazione per essere stato il solo animale, insieme al Serpente, a non aver pianto alla morte del Buddha.
In Giappone si crede che il Gatto uccida le donne per prenderne la forma; in Cina è animale benevolo e vi sono danze che imitano il suo atteggiamento; in Cambogia il Gatto viene portato, in gabbia e in processione, in giro per i paesi per ottenere la pioggia; nell’antico Egitto era venerata, sotto forma di Gatto, la dea Bastet, protettrice dell’uomo; in Irlanda venne dato il soprannome Testa di gatto all’usurpatore Cairpre e nel Galles viveva un uomo che aveva un occhio di gatto e non poteva dormire perché quell’occhio si apriva la notte alle strida dei topi e degli uccelli.
Una leggenda musulmana dice che nell’Arca vi erano molti topi che disturbavano gli altri animali. Noè allora posò la mano sulla fronte del leone che starnutì buttando fuori una coppia di gatti: ecco perché il gatto somiglia al leone.
Nel mondo occidentale la superstizione della cattiva sorte, per chi vede un gatto nero che attraversa la strada, ha come controindicazione il fare due, per alcuni tre, passi indietro. Anche se si è alla guida di un’auto bisogna fermarsi, fare marcia indietro con una sgassata, frenare e mettere ancora la retromarcia, non importa il codice della strada, che diamine! Nei paesi arabi il gatto nero non vive una buona vita, ma per l’opposto motivo che da noi. La tradizione musulmana vede di buon occhio solo il gatto nero tanto che la sua carne viene mangiata per liberarsi dalla magia e la sua milza serve a frenare il flusso mestruale nelle donne ed il suo sangue serve per scrivere potenti incantesimi.
Gli Indiani Pawnee, nell’America del Nord, adorano ed onorano il gatto che viene ucciso solamente per fini religiosi perché considerato simbolo di destrezza, riflessione e di ingegnosità.
In Africa centrale il gatto è considerato simbolo di chiaroveggenza ed è per questo che i sacchetti per le medicine sono fatti di pelle di gatto.
Povero gatto, meno male che hai sette vite, chi dice anche nove, ma così è un approfitto!

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