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L'articolo di oggi non poteva non far riferimento alla festa del SS. Crocifisso che Pontasserchio si appresta a celebrare, il 28 aprile.Da quella ricorrenza è nata la Fiera del 28, che poi da diversi anni si è trasformata in Agrifiera, pronta ad essere inaugurata il 19 aprile per aprire i battenti sabato 20.La vicenda che viene narrata, con il riferimento al miracolo del SS. Crocifisso, riguarda la diatriba sorta tra parroci per il possesso di una campana alla fine del '700, originata dalla "dismissione" delle due vecchie chiese di Vecchializia. 

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Colori u n altra rosa
Una altra primavera
Per ringraziarti amore
Compagna di una vita
Un fiore dal Cielo

Aspetto ogni sera
I l tuo ritorno a casa
Per .....
Oggi è venuto a mancare all’affetto di tutti coloro che lo conoscevano Renato Moncini, disegnatore della Nasa , pittore e artista per passione. .....
SEGNI E SOGNI
di Daniela Sandoni
PARLIAMO DI: “GIOTTO E LA COMETA DI HALLEY”

27/12/2015 - 20:31


 
 

"Adorazione dei Magi" - affresco -  Cappella degli Scrovegni - Padova
 
 
PARLIAMO DI: “GIOTTO E LA COMETA DI HALLEY”
 
            Arriva Natale ed in molte delle nostre case ritorna la cometa a ricordare il cammino dei Magi verso Betlemme. In tutti i presepi infatti, sopra la grotta, è posta una stella a cinque punte con una lunghissima coda luminosa che si è soliti indicare come “la cometa di Natale”.
In verità la definizione "stella cometa" non ha un fondamento scientifico, poiché non esistono stelle con la coda, bensì “comete” o più semplicemente “palle di neve interplanetarie" che avvicinandosi al sole si fanno belle (è il calore solare a generare una chioma gassosa intorno al nucleo che, sospinta dal vento solare, forma la famosa coda); in questo modo possono diventare visibili a occhio nudo e talvolta lo fanno in modo così maestoso da attirare l’attenzione degli astronomi di ogni tempo, fin dall’antichità.
 Una volta l’astronomia e l’astrologia erano legate così profondamente che l’improvvisa comparsa di una cometa era considerata presagio di eventi eccezionali, sia infausti che fortunati.

Fu dunque una cometa ad ispirare il cammino dei Magi?

L’unico che racconta questo avvenimento è l’evangelista Matteo che non parla mai di "cometa" ma di "stella" usando la parola greca “aster”, che indica genericamente un astro o un evento astronomico, aprendo così il campo a molte interpretazioni.

Come mai allora tutti diamo per scontato che si trattasse di una cometa? Questa tradizione risale all’inizio del XIV secolo, quando Giotto, dipingendo la sua meravigliosa "Adorazione dei Magi" nella Cappella degli Scrovegni a Padova, decise di rappresentare la stella di Betlemme come una cometa, prendendo spunto dalla Cometa di Halley di cui il pittore osservò il passaggio nel 1301 o nel 1302 e che raffigurò con notevole realismo (questa cometa proviene dalla nube di Oort e prende il nome dall’astronomo inglese Edmond Halley), sostituendo però alla stella fissa che fin ora aveva guidato i Magi verso il Signore, una luce in movimento; con la sua scia luminosa dipinta nel cielo, Giotto donò all'arte del periodo, una scossa culturale altamente  stimolante.
 
Analisi dell'opera: “Adorazione dei Magi”
L'opera creata con la tecnica dell'affresco, fa parte del ciclo realizzato da Giotto fra il 1303 e il 1305 per la Cappella degli Scrovegni a Padova. La scena si colloca all'interno dell’omonimo tempietto fatto costruire da Enrico degli Scrovegni come parte del proprio palazzo (oggi scomparso). Giotto eseguì  le scene cristologiche avvalendosi di varie letture: i Vangeli; lo “Pseudo-Matteo” (uno dei vangeli apocrifi databile tra l’ VIII ed il IX secolo e così definiti perché non inclusi in alcun canone biblico); il “ Protovangelo di Giacomo” (altro vangelo apocrifo e il più antico testo cristiano che sostenga la verginità di Maria prima, durante e dopo la nascita di Gesù); la “Leggenda Aurea” di Jacopo da Varazze (una raccolta medievale di biografie di santi composta in latino ed ancora oggi riferimento indispensabile per interpretare la simbologia e l'iconografia inserite in opere pittoriche di contenuto religioso).
 
Descrizione e stile.
L’affresco rappresenta una costruzione di legno con una tettoia collocata su uno sfondo roccioso. Al centro, su uno scranno, simbolo delle più alte autorità, Maria sorregge il neonato vestita con un abito rosso intenso con bordature d'oro e con un manto blu oltremare (colore quasi completamente perduto) ed offre il figlio in fasce e coperto da una mantellina verde pastello all'adorazione dei Re Magi. Essi sono accorsi seguendo la stella cometa che si vede in alto ed inaspettatamente, sono adornati da un'aureola; indossano calzari rossi, simbolo di regalità. Il primo re, quello anziano, è già inginocchiato, ha deposto la sua corona in terra e bacia i piedi del bambino (egli fa da raccordo tra i re più giovani e la santa Famiglia); il suo regalo è probabilmente il reliquiario d'oro tenuto dall'angelo a destra. Il secondo re, di età matura, porta un corno colmo di incenso, mentre quello più giovane solleva il coperchio di una coppa per mostrare l'unguento di mirra. I tre doni simboleggiano rispettivamente la regalità del nascituro, la sua santità e il presagio della sua morte (la mirra si usava infatti per profumare i cadaveri). Dietro i Magi uno squisito dettaglio esotico, nuovo nella rappresentazione figurativa dell’epoca, mostra due alti dromedari con gli occhi azzurri, bardati con finiture rosse, raffigurati con spiccato naturalismo e tenuti a bada da due inservienti di cui solo quello in primo piano è visibile. Dietro Maria, san Giuseppe e i due angeli, di cui uno, con estremo naturalismo, si trova in corrispondenza della trave della capanna ed ha quindi il viso coperto, assistono alla scena. I volti dei presenti intrecciano gli sguardi con grande naturalezza, in un dialogo silenzioso che esprime sentimenti (quei sentimenti che nel periodo precedente erano stati come cancellati dalle immagini fisse e imperturbabili dei personaggi delle raffigurazioni di derivazione bizantina); le figure non più schematiche, rigide, inespressive e costruite attraverso la linea; i volumi; gli atteggiamenti reali; il colore che le definisce contribuiscono ad esprimere umanità ed emozioni. In tutte le opere di Giotto i personaggi della Bibbia, i martiri e i santi non sono più trattati come esseri superiori, ma come persone in carne e ossa, che nascono, vivono e muoiono in uno scenario quotidiano e familiare. E’ questa la grande rivoluzione di Giotto: è la scoperta del vero. Come scrive Philippe Daverio in “Guardar lontano Veder vicino”, la mania dell’artista per i dettagli diventa iperrealista, la tecnica delle ombre raggiunge la maturità, una linea rossa delinea il contorno dei visi, i corpi si fanno plastici, l’occhio del cammello anticipa Walt Disney, il paesaggio diventa quinta, gli angeli per la prima volta perdono la coloritura delle ali.  Alcuni dettagli dell’opera vengono legati alla quotidianità del Trecento, come la struttura "moderna" della capanna, la foggia degli abiti (quello dell'angelo ha la manica stretta ai polsi e larga ai gomiti) o la rappresentazione di ambienti reali che riportano all'interno dell'opera d'arte momenti di quotidianità ed il paesaggio naturale e urbano dell'epoca.
L’artista utilizza la tecnica dell'affresco ed applica ogni singolo colore stendendone (con pennellate separate o con la tecnica del tratteggio) cinque tonalità successive.
Per riprodurre la cometa descritta dallo pseudo-Matteo (“era grandissima, tanto che sembrava il cielo non la potesse comprendere”) Giotto la riproduce con proporzioni che debordano in alto dello spazio assegnato alla scena; “era più splendente del Sole” e Giotto dipinge la cometa di un colore rosso-dorato, ben diverso dalle altre stelle e, aggiungiamo noi, poco credibile per una qualsiasi cometa reale, ma era “il verbo di Dio” e Giotto ne dà una rappresentazione simbolica dipingendo la chioma con 24 raggi e 12 linee dorate .
Delicate sono le tonalità dei colori, che spiccano sull'azzurro del cielo (in questo caso un po' danneggiato) armonizzandosi con le altre scene della cappella e trasmettendo una sensazione di pacatezza; essi inoltre, esprimono con linearità aspetti del mistero mistico (l'oro simboleggia la regalità di Gesù, l'azzurro la contemplazione, la porpora l'autorità imperiale).
Giotto rivoluziona anche il modo di costruire lo spazio pittorico grazie alla prospettiva, con la quale ottiene i primi effetti di tridimensionalità. Sono soprattutto particolari architettonici come archi, volte e pavimenti rappresentati in scorcio, a dare il senso di profondità alle raffigurazioni; le immagini in secondo piano hanno dimensioni più piccole di quelle in primo piano e le figure e gli oggetti sono disposti nello spazio con naturalezza.  Si può dire che, con Giotto, la pittura bizantina venga totalmente superata: lo spazio, collegato alla rappresentazione delle figure, diventa un valore artistico autonomo, nel quale collocare gli episodi principali della storia religiosa e i protagonisti delle sacre Scritture; la capacità di avvicinare all’uomo del suo tempo la dimensione divina, inoltre, lo conferma anche un grande narratore.
A noi che oggi osserviamo i suoi affreschi, ha donato la possibilità di tornare a commuoverci.
 

 

 
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