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La Pro Loco Ripafratta “Salviamo La Rocca” organizza per sabato 18 maggio una conferenza dal titolo “Crocevia di cammini - Il confine pisano-lucchese tra itinerari e cammini, beni storici, turismo sostenibile e volontariato culturale”. L’evento si terrà a Villa Roncioni, nel borgo di Pugnano, comune di San Giuliano Terme, alle ore 10

. . . il sig Marino vuole metter becco dove da anonimo .....
Correva voce, al Circolo, che Bruno della Baldinacca .....
Il tuo forse lo ha guadagnato ultimamente ed il mio .....
Cara manuela
io non so con esattezza i pro e i contro .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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di Biancamaria Coli seg. PD Circolo di Nodica
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di Umberto Mosso
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IMMAGINA San Giuliano Terme
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Crollo mura di Volterra; mozione di Pieroni (Pd)
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di Ilaria Giovannetti
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A cura di Erminio Fonzo
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da Museo del Bosco
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Di Gavia
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di Michelle Rose Reardon a cura di Giampiero Mazzini
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Credevo di riuscirci mare
Ma non ti potei solcare
Ma è vero giuro è vero
Pur cambiando la vela e mura
Se gira il vento dritta
Al cuore
Per amarti .....
La Proloco di San Giuliano Terme, attenta alla promozione e alla valorizzazione dell'ambiente indice il concorso "il giardino e il terrazzo più bello" .....
DEDICATO A CHI HA IMBRATTATO LARGO COLLODI
Il 28 Dicembre 1943 vengono fucilati i fratelli Cervi

28/12/2015 - 8:39

28 DICEMBRE 1943: VENGONO FUCILATI I FRATELLI CERVI.
DEDICATO A CHI HA IMBRATTATO LARGO COLLODI

Gelindo, Antenore, Aldo, Ferdinando, Agostino, Ovidio e Ettore. Sette fratelli e due Sorelle, Diomira e Rita: i figli di Genoveffa Cocconi e Alcide Cervi.  
Una famiglia numerosa che nel 1934 decise di abbandonare la conduzione in mezzadria per affittare un podere in zona Campi Rossi, nel comune di Gattatico, in provincia di Reggio Emilia. Un vero e proprio salto di qualità per una famiglia contadina del tempo: la possibilità di fuggire dalla povertà e dallo sfruttamento.  
I Cervi sanno leggere, cosa non scontata per l’epoca, e della lettura sanno trarre non soltanto piacere ma anche profitto: la piccola biblioteca casalinga si arricchisce di continuo di libri e opuscoli sull’agricoltura. Il podere, inizialmente poco florido, cresce continuamente grazie all’introduzione di metodi di avanguardia nella conduzione dei campi e delle stalle. Una crescita testimoniata dai riconoscimenti ottenuti da Alcide e che trova il suo simbolo nel trattore Balilla che la famiglia acquista nel 1939 e che verrà sostituito, due anni dopo, da un più potente e prezioso Landini. 
La biblioteca si arricchisce però anche di altri libri: libri in cui si parla di emancipazione sociale, della necessità di essere liberi e pensare fuori dagli schemi. Padroni del proprio lavoro, padroni delle proprie idee. Aldo, il terzogenito, è il primo a maturare una precisa coscienza antifascista ed abbracciare, lui che era stato per lungo tempo un attivista dell’Azione cattolica locale, l’ideologia comunista. Ben presto casa Cervi diventa un laboratorio di antifascismo applicato, attirandosi le inevitabili attenzioni delle autorità.
Allo scoppio della Seconda guerra mondiale il podere dei Campi Rossi diventa subito uno dei più importanti centri di dissenso armato al regime fascista della zona. Con i sette figli maschi, Alcide costituisce la cosiddetta “Banda Cervi”: una formazione partigiana a cui si aggregheranno diversi prigionieri fuggiti dai campi di prigionia italiani.
Il 25 novembre 1943 un plotone di militi della Guardia Nazionale Repubblicana, su indicazioni di alcuni delatori locali, circonda casa Cervi.  I fascisti e gli assediati si scambiano colpi di fucile e mitraglia: la reazione dei partigiani è però breve, perché gli assalitori incendiano la stalla mettendo a repentaglio la vita delle 5 donne e dei 10 bambini presenti nella casa. I Cervi, per evitare il peggio, si arrendono: con loro Quarto Camurri, Dante Castellucci (Facio), il russo Anatolij Tarassov, l’irlandese Samuel Boone Conley e i sudafricani John David Bastiranse e John Peter de Freitas.
Gli stranieri e Dante Castellucci (che per straniero riuscì a farsi passare) furono trasferiti al carcere di Parma: i Cervi e Camurri vennero invece spediti nel carcere politico di Reggio Emilia. Ribelli sediziosi e comunisti: Quarto Camurri addirittura disertore della Milizia Volontaria !
Il loro destino è scritto il 27 dicembre, quando i partigiani uccidono il segretario comunale di Bagnolo in Piano Davide Onfiani: il giorno seguente, alle ore 6.30, nel poligono di tiro di Reggio Emilia, lontano da sguardi indiscreti, i fratelli Cervi e Camurri saranno fucilati per rappresaglia. Un atto incredibile di cui gli stessi fascisti capirono subito la portata, tanto da procedere ad una frettolosa tumulazione delle salme. Da Brescia, dove si improvvisano le sedi istituzionali della Repubblica di Salò, giunge una sola domanda, scarabocchiata sul verbale dell’esecuzione: “sono 7 fratelli?”.
In carcere, all’età di 68 anni, Alcide soffre i rigori della prigionia: a dargli pensiero è soprattutto l’assenza di notizie dai figli, che non ha più visto tornare al carcere dopo quel 28 dicembre. Sarà il bombardamento alleato di Reggio Emilia, il 9 gennaio 1944, a dargli la possibilità di fuga. Dalla prigione colpita dalle bombe, Alcide ripara a casa. Durante il lungo periodo della convalescenza la famiglia gli nasconderà l’accaduto per non aggravare le sue condizioni.
Alla notizia, Alcide torna al lavoro: non può abbandonare la casa dove ha cresciuto i suoi sette figli. Non lo farà neanche quando i fascisti, nell’ottobre 1944, la incendieranno di nuovo e quando, di li a poco, Genoveffa lo lascerà ancora più solo. Il 25 ottobre 1945, quando finalmente poté essere celebrato il funerale dei suoi figli, pronuncerà la frase che ne segnerà il resto dell’esistenza, trasformando nel volto iconico delle generazioni antifasciste successive: “dopo un raccolto ne viene un altro”. Ai suoi funerali, il 27 marzo 1970, parteciperanno 200.000 persone.
La mattina di Natale qualcuno ha disegnato delle svastiche in Largo Collodi, a San Giuliano Terme: dedico a lui queste righe, con la speranza che possa leggerlo e riflettere almeno un momento sulle persone che sacrificarono il loro bene più prezioso, la vita stessa, per garantire a lui quella libertà che ha così malamente sprecato. 

Il sindaco Sergio Di Maio

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28/12/2015 - 21:48

AUTORE:
Alessio Pierotti

Gabriele, io ci sono...basta fissare l'ora e da dove partiamo. Sono salito tante volte alla Romagna: l'ultima da Ripafratta, dal sentiero che passa sotto le torri per portarsi sopra Pugnano e raggiungere poi il monumento. Io vado per rilassarmi e curiosare alla ricerca di erbe e funghi da indagare con l'occhio dell'appassionato naturalista: ogni volta però devo soffermarmi un attimo a pensare che come potrebbero raccontarci gli alberi i giorni tremendi della guerra. È più forte di me: sono cresciuto in una famiglia geneticamente antifascista. Quando mi assale questo bisogno, mi siedo - meglio se direttamente a terra, con le spalle poggiante ad un tronco - e provo ad immaginarmi che cosa hanno vissuto le persone che tra quegli alberi cercarono rifugio dagli orrori della guerra, senza purtroppo riuscirci. Alla fine, finisco sempre con il confondere la vicenda che conosco dai libri che ci raccontano la Romagna con i ricordi dei miei parenti che hanno vissuto situazioni simili in altri posti. E credimi, ogni volta finisco con ricordare le tante storie che mi hanno raccontato di Balilla: mio nonno, chiamato così in onore di Giovan Battista Perasso (la fede repubblicana di mio bisnonno è evidente nei nomi dati ai figli: Mazzini, America, Trento, Trieste e Balilla appunto). Un bell’uomo, che nelle foto che mi sono rimaste ricorda Walt Disney e che secondo mia zia faceva strage di cuori ovunque andava, che ha sacrificato il suo lavoro, i suoi affetti e alla fine l’intera sua vita per un ideale (io l’ho conosciuto poco prima che morisse, di ritorno dalla Cecoslovacchia dove condivise il destino di tanti compagni). Ogni 21 aprile, quando le pagine dei social network dedicati alla Resistenza mi ricordano – se mai ce ne fosse bisogno – che in quel giorno del 1905 nasceva Balilla Pierotti, operaio e comunista fin dal 1921, condannato dal Tribunale speciale fascista per appartenenza al PCI e propaganda, compagno di cella a Roma di Sandro Pertini e partigiano sull’Appenino, ti confesso che mi commuovo e mi inorgoglisco. Episodi come quello di San Giuliano Terme sono stupide bravate: ma mi fanno rabbia. Finisco sempre con il considerarle un poco un’offesa personale. Ho la presunzione di pensare che un briciolo di quella libertà che permette a questi stupidi di imbrattare i muri con svastiche l’ha costruita mio nonno e la mia famiglia tutta. Insomma, per farla breve: io vengo. E cantiamo insieme Bella ciao !

28/12/2015 - 17:29

AUTORE:
luigi

se una volta "beccato" o "beccati" i responsabili, io lo o li condannerei a vita ad andare una volta al mese con gli strumenti necessari (falce, spugna e secchiello) a fare pulizia ai monumenti ai caduti per la nostra e la loro liberta', non dimenticandoci che ci sono anche due "cippi" in traversagna per i caduti di Nodica, fucilati dai nazi-fascisti

28/12/2015 - 9:59

AUTORE:
gabriele santoni

Caro Sindaco, cari sangiulianesi
la notizia delle svastiche su un muro di San Giuliano gela il sangue.
bene hai fatto a ricordare i fratelli Cervi.
Ricordo che tanti anni fa uno sfregio simile fu fatto sulla porta della vecchia sezione del PCI di Molina di Quosa. La mitica sezione dove Buino svolgeva anche il suo mestiere di calzolaio. Allora i giovani reagirono con una militanza che a pensarla oggi commuove.
Bello sarebbe il 1 gennaio ritrovarsi sul tardi della mattina alla Romagna (andai lì anche il primo giorno che diventai sindaco), per testimoniare l'antifascismo delle nostre terre.
Io a mezzogiorno "salirò sui monti" simbolicamente e mi piacerebbe non esssere solo.
Sarà un modo per dedicare il futuro a coloro che hanno combattuto per la democrazia.
Spetta a noi vigilare perchè non si facciano passi indietro.