none_o


L'articolo di oggi non poteva non far riferimento alla festa del SS. Crocifisso che Pontasserchio si appresta a celebrare, il 28 aprile.Da quella ricorrenza è nata la Fiera del 28, che poi da diversi anni si è trasformata in Agrifiera, pronta ad essere inaugurata il 19 aprile per aprire i battenti sabato 20.La vicenda che viene narrata, con il riferimento al miracolo del SS. Crocifisso, riguarda la diatriba sorta tra parroci per il possesso di una campana alla fine del '700, originata dalla "dismissione" delle due vecchie chiese di Vecchializia. 

. . . non discuto. Voi riformisti fate il vostro cammino .....
. . . l'area di centro. Vero!
Succede quando alla .....
. . . ipotetica, assurda e illogica. L'unica cosa .....
. . . leggo:
Bardi (c. d) 56% e rotti
Marrese ( c. .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
Di Gavia
none_a
di Michelle Rose Reardon a cura di Giampiero Mazzini
none_a
di Mollica's
none_a
Di Siciliainprogress
none_a
C'è qualcosa, un tesoro
che tutti cercano.
Non è pietra preziosa
ne' scrigno d'oro:
si chiama semplicemente
LAVORO
Se poi al lavoro
si aggiunge .....
La Proloco di San Giuliano Terme, attenta alla promozione e alla valorizzazione dell'ambiente indice il concorso "il giardino e il terrazzo più bello" .....
none_o
La beffa goliardica
(preparazione: Brodo e Pulenda)

2/10/2016 - 17:07

“Defecari iurisdicendo" 
Ho fatto cenno, nel precedente capitolo - dedicato alla goliardia - ad alcune “beffe”» portate a compimento dai desperados dei miei colleghi di Università (la disciplina di giurisprudenza era - ironia di un sostantivo –  la più indisciplinata), che ebbero risonanza nonché cittadina, anche regionale o addirittura, nazionale.
Una di queste ebbe un titolo che (come tutte le Bolle pontificie che si rispettino) cominciava con due parole latine. Si chiamò  “Defecari iurisdicendo”; e poiché Lucca (specie a que’ tempi) aveva fama di tenere in altissima considerazione conserviera e fecondativa quelle sostanze che il laboratorio umano trasforma standard nella catena di montaggio faringo-dottorettale, così la beffa (Dio ci liberi, stavo per dire: Penciclica) fu dedicata ai colleghi Lucchesi. I quali (usi da secoli a fare il saggio linguistico delle conserve, per giudicare il tasso di fosfati del contenuto delle medesime) accettarono tale dedica con malcelata soddisfazione. Cosicché, a ragion d’esempio, si potesse dire come a un artigiano saggiatore di vini la frase: “Il signore sì, che se ne intende".
Tracciato questo cappello, sarà bene, altresì, tracciare una necessaria premessa.
Quanto alla goliardia spinta (un farmacista l’appellerebbe goliardia urto) le vere e uniche vessillifere università italiane erano, illo tempore, Padova e Pisa. E’ facile trarne motivo di concludere che tra queste due Sapienze fosse sorto un sistema di gemellaggio; un gemellaggio che tanto più si sentiva allorché dovevano essere poste in atto le “burle”, tanto più risonanti quanto più feroci.
Motivo per cui quando in una delle due Università era stata minuziosamente progettata una beffa, giungeva sempre il momento in cui si sentiva la necessità di chiamare a parteciparvi una rappresentanza dell’università gemella. Infatti era quasi sempre necessario che almeno due o tre studenti arrivavano dall’altra Università. Ciò si rendeva indispensabile perché, se fossero state messe in vista facce “nostrali” (bisogna considerare che allora si era 600 studenti: e oggi 29.000!!!) sarebbero state note a gran parte dei cittadini, e per ciò, facilmente individuate: Ondeché il “trucco” sarebbe stato altrettanto facilmente sventato.
Ecco il motivo per cui, in una serena giornata di avanzata primavera, uno dei “nostri” partì alla volta di Padova  (L. 13,40 andata e ritorno) classe terza, panino imbottito (L. 1,15) pacchetto di sigarette Popolar (lire 0,25): totale L.14,80, onde andare a prelevare due o tre universitari-tutto-fare; cioè pronti a tutto fuorché a soffrire la fame ed essere rimpatriati dalla Questura.
Sotto queste determinate garanzie, spedimmo Artidoro Nieri a Padova. Artidoro Nieri (caro collega, se sei ancora vivo batti un colpo) era il classico franellista-urto: era addetto alla requisizione di tipi adatti in quel di Padova, che dovevano essere coraggiosi e ottusi, cioè pronti a passare, senza battere ciglio, una o due notti in Questura.
Artidoro, dunque, ci telegrafa da Padova – “Trovati due scemi-geniali, uno chimica, l’altro legge, disposti  qualsiasi trasando purché garantito chilo spaghetti fiasco vino giornaliero, stop, servizio  gratis dalla “zia” due volte per  settimana, stop; merenda et  spuntino, stop; disposti dormire sala d’aspetto .stazione. Attendiamo imbarcarci  carro bestiame  ultimi  spiccioli  viatico assorbiti  questo telegramma, stop!” Rispondemmo: “Imbarcali  et salpa clausole contrattuali garantite  collette Chianese, Pipi et Irene”.
E qui cade acconcio avvertire che, in quel momento essendo chiuso l’Ussero, era in auge goliardica il Caffè Chianese (ora Salza); Pipi era il biscazziere dei biliardi del Caffe Pietromani, e Irene era la consolatrice delle nostre richieste fisiologiche settimanali.
Dunque, alle 22, doveva arrivare a Pisa il merci da Padova, col negriero e i due schiavetti. Ma il carro bestiame che era servito da Wagon-Lits ai tre derelitti, era stato dirottato alla stazione di S. Rossore, motivo per cui potemmo rifocillare i tre “digiunatori” soltanto al mattino dopo (e ci volle supplemento perché i ventri erano disabitati dalla mattina precedente: una spesa imprevista nel bilancio preventivato.
A quei tempi quasi ogni studente di fuori Pisa aveva pensione presso famiglie le quali quindi un mezzo letto lo potevano benissimo trovare per gli ospiti. E quanto a spaghetti e fiaschi di vino, ci si fidava della colletta (a cassiere era stato nominato uno studente di legge, Papeschi, claudicante, semiparalitico, onde rimanesse dissuaso dal tentare la fuga). Dall’appetito che i due padovani dimostravano, era facile supporre che essi fossero a semi-dieta fino dall’epoca del loro svezzamento.
Mi accingo a descrivere questi due tipi, poiché, volere o volare, furono i protagonisti della beffa, e la condussero in porto con perfetta aderenza ai programmi del regista. Il regista fu il povero Guglielmo Tornabuoni. Egli aveva tali riserve di energie psicofisiche da poter tenere testa, di leggeri, agli impegni dello studio e a quelli dello sport, e a quelli del  “furto” di talami . . . riservati.
I due Padovani, chi fossero e come si chiamassero non ve lo saprei dire (era usanza che i soggetti umani, scambiati in prestito, per le beffe, tra una Università e l’altra rimanessero incogniti, o al più avessero il solo soprannome di battaglia,  come gli aderenti alla Carboneria o alla resistenza o alla mafia).
Uno di loro ce lo consegnarono col nome di "Consumato in tazza", poiché (magro come Don Chisciotte) portava sul collo un colletto più alto di una tazza: perciò “Consumato in tazza”
L’altro era basso-grassottello e talmente giallo da poterlo considerare uno dei più formidabili consumatori di granoturco (macinato, burattato, annacquato e cotto a bolle come il fango ai Campi Flegrei): vulgo"Polenta".
Ce lo consegnarono col certificato di origine “Polenta e osei”, nato venticinque anni prima (ma non li dimostrava) a Flambro di Udine, e cioè la culla della farina gialla.
Per motivi di Lessico-pisano, dopo due minuti  “Consumato in tazza” diventò, nel nostro dolce idioma:”Brodo”; l’altro  “Pulenda”.

Come si disse sopra, (e si spiegherà qui appresso) Brodo e Pulenda assolsero l’arduo compito  a loro assegnato con  fedeltà ed onore, e non senza pericoli, patemi e dolori (voglio dire: viscerali) come qui in appresso apprenderete.

 

(segue)

+  INSERISCI IL TUO COMMENTO
Nome:

Minimo 3 - Massimo 50 caratteri
EMail:

Minimo 0 - Massimo 50 caratteri
Titolo:

Minimo 3 - Massimo 50 caratteri
Testo:

Minimo 5 - Massimo 10000 caratteri