Il mese scorso è stato presentato un nuovo libro pubblicato dall'Editore MdS, "Il coraggio tra i fiori di ortica", un'opera intensa e profonda cheracconta l'infanzia non solo nella sua dimensione più luminosa, ma anche nelle sue ombre, fatta di giochi e risate, ma anche nelle sue ombre, tra segreti, paure, abusi e battaglie quotidiane che i più piccoli affrontano con straordinaria forza.
Un libro che ci ha subito colpito e per il quale si preannunciava un sicuro interessamento e successo a livello nazionale.
Al centinaio di lettori della prima parte e a quelli (gli stessi) della seconda che non aspettano altro che finisca e, come diceva il Signor Bonaventura:
“qui finisce l’avventura che da tanto tempo dura
e che invece, sì perché,
tanto dura qui non è!"
Ma la beffa invece non fini cosi. Finì davvero in Questura.
E sentite come: Qualcuno di noi, aveva voluto condire la beffa (già pepata di suo!) di altra... e ben più forte paprica. E vi aveva aggiunto un codicillo. Aveva cioè, per davvero avvertito la Questura che verso mezzanotte c’era puzzo di "sovversivi"’ in Ponte, e che due falsi-merdaioli (sotto parvenze artigianali, come i carbonari della Giovane Italia) avrebbero nascosto (in gerle maleodoranti) delle bombe per cacciarle davanti al Palazzo Reale.
(Non deve essere dimenticato che, a que’ tempi, a San Rossore c’erano le L..L.M.M. dei Savoia, che noi traducevamo nella sigla: Lui e Lei. Marito e Moglie, Curtatone e Montanara) .
La polizia infatti, informata a lite iniziata, (e allorché il "collega" Brodo aveva già assunto la mansione di "massimo comune divisore") intervenne per arrestare lui (minimo comune multiplo) e i due corbellari con le corbelle posate a distanza prudenziale e tenute sotto scorta in attesa dell’artificiere che disinnescasse le bombe, che, certo, dovevano giacere, in quel liquame, come le olive sotto pesto.
Intanto li portarono tutti e tre in Questura e li rinchiusero in guardina.
Ma qui va data una notizia incidentale. Poco prima di iniziare la beffa, (con la scusa di tenerli... su di giri) avevano dato a bere a Brodo e a Pulenda un ponce caricato a Rum, ma con una dose intera di scialappa da far "smuovere" le budella a un somaro.
Successe che, sotto l’influsso di sì potente "stimolatore" i due prigionieri cominciarono a sentire l’impellente dovere di chiamare la guardia di turno, perché aprisse loro il W.C. delle celle. Oleandro, poveretto, dovette assistere così al solito puzzo anche in quella sera di sospensione del mestiere, e assistere (ohimè inoperoso) al deposito di tanta grazia di Dio.
Ma poiché le richieste di Pulenda e di Brodo si ripetevano ogni quarto d’ora, finì che il piantone ai servizi di guardina si ritenesse preso in giro. "Guagliò, .statevi accorti, mannaggia, che se avete ancora dei bisogni vi, serve la corbella d’Oleandro" (che era vuota per la prima volta... da anni).
Cosi avvenne che al quarto angoscioso appello della diarrea, la sentinella esclamasse il fatidico: "’nu me fido" e che perciò le mutande dei prigionieri accogliessero pure gli ultimi resti della scialappa e del ponce al Rum. Anzi quelle due brache erano destinate a riportare a Padova i residui prodotti del "vesuvio" e, ohimè, sotto la protezione di S. Michele degli Scalzi anziché di S. Antonio da Padova.
C’è di più; (e questa contro di noi): i genitori di Pulenda e Brodo dovettero accorrere da Padova, e perciò fecero scoprire la trama della beffa ed i suoi "orditori" e poiché eravamo parecchi responsabili, l’affare si complicò.
Ma finì in una gran mangiata da Musolino (cinquanta coperti che se Dio vuole, pagarono i padri nostri). C’era anche il Commissario che ci aveva condotto in Questura (Cipria) il quale per dar esempio, sortì dal simposio briao come un tegolo, e ci toccò trovargli le chiavi in tasca, sennò non sarebbe andato a letto. Scortato anzi dai suoi giannizzeri, non del tutto briai, ma un pezzo in su.