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L'articolo di oggi non poteva non far riferimento alla festa del SS. Crocifisso che Pontasserchio si appresta a celebrare, il 28 aprile.Da quella ricorrenza è nata la Fiera del 28, che poi da diversi anni si è trasformata in Agrifiera, pronta ad essere inaugurata il 19 aprile per aprire i battenti sabato 20.La vicenda che viene narrata, con il riferimento al miracolo del SS. Crocifisso, riguarda la diatriba sorta tra parroci per il possesso di una campana alla fine del '700, originata dalla "dismissione" delle due vecchie chiese di Vecchializia. 

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Pisa, 17 marzo
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Comune di Vecchiano
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Lei non è "abbastanzina informato" si informi chi .....
. . . è che Macron vuole Lagarde a capo della commissione .....
"250 giorni dall’apertura del Giubileo 2025: le .....
. . . se è favorevole anche Feltri allora sto zitto. .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Colori u n altra rosa
Una altra primavera
Per ringraziarti amore
Compagna di una vita
Un fiore dal Cielo

Aspetto ogni sera
I l tuo ritorno a casa
Per .....
Oggi è venuto a mancare all’affetto di tutti coloro che lo conoscevano Renato Moncini, disegnatore della Nasa , pittore e artista per passione. .....
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LA VOLPE

5/12/2016 - 9:05


"Venite massaie, venite bambine,
che Cecco ha chiappato la rubbagalline!"
 
Il cacciatore portava il fucile sulla spalla sinistra, una pelle rossa sulla destra, la giberna a tracolla e se ne andava di paese in paese mostrando orgoglioso la preda alla gente che si affacciava richiamata da quella cantilena.
La volpe, che aveva di notte seminato terrore nei pollai e rabbia di mattina nei contadini, era stata vittima della caccia di quell’ometto sudicio dimesso e sdrucito che aveva passato una notte di luna piena con gli occhi fissi alla recinzione dietro una casa colonica, con le palpebre che il sonno avrebbe chiuso volentieri, ma che la fame e le ricompense ricevute il giorno dopo tenevano aperte.
I bambini volevano toccare la lingua, un poco più rossa del pelame, che pendeva dalla bocca chiusa di quell'animale che pendeva a sua volta dalla spalla del cacciatore questuante.
La strada era lunga, l'animale non poteva resistere più di un paio di giorni senza che il puzzo della selvatichezza si sommasse a quello della morte e fosse poi un problema, anche per quel naso abituato ai forti odori, sopportarne ancora la vicinanza e non c'era quindi tempo di far divertire i ragazzi.
Se la famiglia era ben disposta, se in special modo era stata fatta oggetto di qualche scorreria o se avesse avuti vicini già visitati da quella ladra, allora ci sarebbe scappata una ‘oppia d'ova, una fogliatella di preciutto, una boccia di vino, pane e frutta secondo la disponibilità di cuore del momento o della capacità della dispensa.
Era un modo originale di trovar da mangiare, un modo piacevole, libero, un po' limitato in una prospettiva per il futuro, ma senza concorrenti.
La mancanza però di materia prima, e quindi la corrispondente mancanza di gratifiche, avevano ad un certo punto insegnato al cacciatore malizie e astuzie per avere sempre a portata di mano una volpe da far rimirare ed usare.
Così l'animale fu tramutato in un semplice zimbello, una pellaccia ripiena di paglia che una sola cartuccia aveva ucciso decine di volte in una sola notte di veglia per altre passate ronfando in comodi e caldi pagliai, aspettando la sveglia data dal pennuto padroncino di quel pollaio.
Se quella notte ci fosse stato un furto, la colpa sarebbe andata alla volpe scampata della coppia di volpi che avevano abbandonato la sicura riva del Serchio per avventurarsi in una scorribanda amorosa fino alle case dei contadini per farsi grandi i maschi agli occhi della femmina o le femmine per far grandi i piccoli lasciati nelle tane in golena.


"Venite bambine, venite massaie,
ora la volpe non va più sull'aie!"

 
Mentre i bambini giocavano ancora con la lingua che ora non era più rossa, ma aveva assunto un bel nero lucido e pendeva da una bocca chiusa da un pezzetto di spago, le massaie preparavano un fagottino, felici e contente che le galline, non più spaventate, avrebbero ricominciato a fare le uova.
Il capoccia (contadino scarpe grosse e cervello fino), col suo fedele coltellino ricurvo ed affilato che serviva per innesti e potature, una volta mutilò la bestia della punta del naso e con un  forte sonoro:
"Questo ‘vì lo piglio io per riordo, tanto a lei ‘un ni serve più!”
e con un sommesso bofonchiato:
" ‘vestartra vorta si vedrà s’ annusa sempre!",
salutò ritornando alle vacche che muggivano forte nella stalla chiamando in quel modo qualcuno che le andasse a  mungere. 


Questo fantasioso, ma non troppo, racconto del cacciatore di volpi fa parte del mio libro “Dai ponti al mare” dal quale sono stati tratti anche i precedenti articoli: Trottello e La morte sul Serchio.
Un vero documento della caccia agli animali nocivi, “di rapina” è questa lista redatta dalle guardie della Tenuta Salviati nel 1930.
La calligrafia c’è, la descrizione minuziosa dell’animale pure,  i conti tornano, ma c’è anche la bellissima parlata vernacolare: tarponi, farchi, foiane e un superbo “agazere”.
In un altro documento, per la raccolta delle pine, c’era scritto: La Zienda, ma se tutti dicono: “ascolto l’aradio”,torna bene anche passare da la gazza a l’agazza e infiocchettandola con un finale a sorpresa.

 

A rivederci, anzi arrivederci, alla prossima!

 

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