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L'articolo di oggi non poteva non far riferimento alla festa del SS. Crocifisso che Pontasserchio si appresta a celebrare, il 28 aprile.Da quella ricorrenza è nata la Fiera del 28, che poi da diversi anni si è trasformata in Agrifiera, pronta ad essere inaugurata il 19 aprile per aprire i battenti sabato 20.La vicenda che viene narrata, con il riferimento al miracolo del SS. Crocifisso, riguarda la diatriba sorta tra parroci per il possesso di una campana alla fine del '700, originata dalla "dismissione" delle due vecchie chiese di Vecchializia. 

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Pisa, 17 marzo
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Comune di Vecchiano
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Lei non è "abbastanzina informato" si informi chi .....
. . . è che Macron vuole Lagarde a capo della commissione .....
"250 giorni dall’apertura del Giubileo 2025: le .....
. . . se è favorevole anche Feltri allora sto zitto. .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Colori u n altra rosa
Una altra primavera
Per ringraziarti amore
Compagna di una vita
Un fiore dal Cielo

Aspetto ogni sera
I l tuo ritorno a casa
Per .....
Oggi è venuto a mancare all’affetto di tutti coloro che lo conoscevano Renato Moncini, disegnatore della Nasa , pittore e artista per passione. .....
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"Campioni"
di Trilussa

23/7/2017 - 16:23

E’ fuori di dubbio che noi tutti abbiamo una sorprendente capacità di giudicare gli altri. Lo sappiamo fare benissimo e ci viene con grande naturalezza, in maniera immediata e spontanea. Non sempre però i nostri giudizi risultano esatti, anzi spesso ci sbagliamo, per fretta o superficialità, ma mai sbagliamo tanto spesso come quando siamo condizionati da sentimenti forti. Sentimenti di natura sociale, e lo vediamo ad esempio con gli immigrati giudicati troppo spesso a senso unico; o di natura politica che ci fa usare, molte volte inconsciamente, un metro di giudizio piuttosto parziale a seconda delle situazioni. Nel caso dell’appartenenza ortodossa ad un partito politico esistono in passato esempi storici piuttosto lampanti. Esempi che dimostrano cioè come qualche volta la fedeltà e gli ordini di partito superino di gran lunga il giudizio personale. Mi viene in mente la famosa barzelletta degli “asini che volicchiano”, perché lo aveva detto l’Unità, e anche votare in Parlamento la mozione che faceva di Rudy la nipote di Mubarak credo sia stato un grande sacrificio. O almeno spero lo sia stato per molti.


Difficilissimo diventa poi giudicare, cercando di mantenere un minimo di obbiettività, quando si parla di familiari stretti, di un figlio, per esempio. La cosa diventa praticamente quasi impossibile se quel figlio, per caso,  gioca al calcio.


Giocare al calcio qui da noi per un giovane è normale. Non bisogna andare troppo lontano, in ogni paese o al più in ogni comune, esiste una piccola società che, di solito per passione e con grande sacrificio personale di alcuni addetti, si dedica alla preparazione fisica e tecnica di giovani calciatori. L’obbiettivo è piuttosto limitato: la partecipazione a qualche campionato minore con la speranza di ottenere buoni risultati (che ripagano il sacrificio dei dirigenti), anche se cova, costante, la segreta illusione (di solito vana) di scoprire qualche giovane e precoce talento con cui rimpolpare le casse della società, molto spesso al limite inferiore della stecca.


Quelli che ruotano intorno a queste piccole società paesane si distinguono per due caratteristiche: sono tutti uomini, e tutti appassionati di calcio. E parlo dei dirigenti, gente di solito di buoni e solidi principi che cerca di riportare gli stessi con grande fatica sul campo, sforzandosi di insegnare quelle regole e quel rispetto degli altri diventato piuttosto raro nella vita civile. Poi ci sono i genitori e questi hanno le stesse caratteristiche dei dirigenti, di solito uomini e grandi appassionati di calcio, ma con una fatale differenza: perdono di obbiettività quando si tratta di giudicare i loro figli.


I loro figli, tutti, sono dei campioni. Sono i più bravi di tutti e lo dimostrano sul campo. Se per caso sbagliano un passaggio non è colpa loro, ma del compagno che non aveva capito la straordinaria intuizione del campione. Giocano troppo poco perché l’allenatore 1) o è un incompetente, che non capisce niente di calcio, oppure 2) ce l’ha proprio con lui e gli impedisce di rivelare, giocando appunto, tutto il suo grande talento. Potrebbe diventare professionista (e guadagnare milioni) e magari fare del calcio la sua carriera di uomo e di sportivo (con tutti i vantaggi allegati).


Per questo durante le partite urla e si sbraccia dalle tribune, per questo inveisce contro l’allenatore quando il prodigio viene sostituito, contro l’arbitro quando gli viene fischiato fallo o non viene fischiato quando il fallo il campione lo subisce.


Sul figlio, un normale bimbetto che si diverte a giocare al calcio con gli amici, e che ha tutt’altro per la testa, troppo spesso il padre riversa le speranze di gloria e di successo che a lui sono state negate, il denaro che non ha guadagnato, la gloria che non ha raggiunto, le soddisfazioni non avute, forse la condanna ad una vita anonima che non ha saputo apprezzare. Magari ha un buon lavoro, un discreto stipendio, una brava moglie e un figlio sano che fa dello sport ma in quel momento non gli sembrano sufficienti a far considerare buona, in fondo, la sua vita. Forse vede nel figlio una possibilità di qualcosa di più e, con l’obbiettività ormai scomparsa, ne disconosce i limiti, ne amplifica i meriti. E’ portato ad attribuire le mancanze ad altri e gli sembra di stare perdendo un’occasione, quell’occasione della vita che sembra sfuggirgli per poco, per colpa di altri.
 
Sarà un cattivo esempio per il figlio che però spesso, i casi fortunatamente lo confermano, non vivrà lo stesso trauma del padre ma accetterà con miglior animo i propri limiti e intraprenderà con tranquillità la propria strada. Una strada che non porterà forse nei grandi stadi con le grandi squadre, non avrà a disposizione veline da scegliere come compagna, non avrà un grosso conto in banca ma che potrà avere un suo significato ed una sua importanza.

Se saprà riconoscere la bellezza anche di una vita non sotto i riflettori e capire che si può ben vivere anche in un piccolo paese e con obbiettivi più comuni, come un lavoro, una famiglia e dei bravi figli da amare. 

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