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L'articolo di oggi non poteva non far riferimento alla festa del SS. Crocifisso che Pontasserchio si appresta a celebrare, il 28 aprile.Da quella ricorrenza è nata la Fiera del 28, che poi da diversi anni si è trasformata in Agrifiera, pronta ad essere inaugurata il 19 aprile per aprire i battenti sabato 20.La vicenda che viene narrata, con il riferimento al miracolo del SS. Crocifisso, riguarda la diatriba sorta tra parroci per il possesso di una campana alla fine del '700, originata dalla "dismissione" delle due vecchie chiese di Vecchializia. 

. . . non discuto. Voi riformisti fate il vostro cammino .....
. . . l'area di centro. Vero!
Succede quando alla .....
. . . ipotetica, assurda e illogica. L'unica cosa .....
. . . leggo:
Bardi (c. d) 56% e rotti
Marrese ( c. .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Ecco la lista di Vicopisano in Cammino.
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di Umberto Mosso
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di MARIAROSARIA MARCHESANO (Il Foglio)
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di Vittorio Ferla
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Di Alexia Baglivo
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Di Gavia
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di Michelle Rose Reardon a cura di Giampiero Mazzini
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di Mollica's
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Di Siciliainprogress
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Se oltre a combattere
quotidianamente
Con mille problematiche
legate alla salute
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al ladrocinio
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La Proloco di San Giuliano Terme, attenta alla promozione e alla valorizzazione dell'ambiente indice il concorso "il giardino e il terrazzo più bello" .....
Uno sguardo al dopo voto delle politiche 2018
Cancellare Renzi come si fa con la gramigna nei campi.

15/3/2018 - 18:23

Distruggerlo con il fuoco come i morti nel trono di spade. Cancellare Renzi come si fa con la gramigna nei campi.

Non basta averlo sconfitto elettoralmente. Deve essere annichilito ed umiliato.

Renzi deve essere estirpato come la gramigna nei campi affinché non ricresca più.

La cattiveria delle elites italiche contro il giovane fiorentino.

Qual è la radice dell’impressionante attacco mediatico contro Renzi del dopo voto?

Quali interessi e poteri aveva provato a colpire? Merita o no l’onore delle armi ed una disamina oggettiva dei suoi errori ma anche dei suoi grandi meriti?

Il popolo sarà pure giustamente e legittimamente incazzato e pieno di rancore ma perché l’intera élite italica, l’establishment immarcescibile di un paese che non ha mai amato le rivoluzioni (nel sud poi hanno semmai amato le controrivoluzioni, appoggiando i sanfedisti nell’800 e poi votando per la monarchia nel dopoguerra e bocciando divorzio e aborto nei due referendum che cambiarono i costumi italiani), perché oggi quelle elites e quell’establishment punta a distruggere per sempre Matteo Renzi, rinverdendo il gesto vile di Fabrizio Maramaldo che a Gavinana, il 3 agosto del 1530,  uccise Francesco Ferrucci, fiorentino anch’esso, responsabile della difesa esterna di Firenze?


Fa impressione in queste ore il bombardamento mediatico che continua, anche dopo il voto, contro Matteo Renzi.
Capofila di questo bombardamento è la7 con i suoi talk show ma si distinguono anche la bildenberghiana Lucia Annunziata e la sinistra Bianca Berlinguer.

È il primo caso di un leader sconfitto che deve essere umiliato fino alla sua cancellazione totale, come si fa con la gramigna nei campi per evitare il rischio che cresca di nuovo.
Perché avviene questo? Perché non si rende l’onore delle armi ad un avversario che ha combattuto ed è stato sconfitto. Quali interessi nei suoi anni di governo il giovanotto di Rignano ha colpito o ha iniziato a colpire?
A questa domande rispose con estrema semplicità Beppe Turani in un articolo scritto immediatamente dopo le elezioni, articolo in cui descriveva l’effetto devastante che aveva avuto sul nostro paese (abituato da sempre ad una politica debole, attendista che rinviava le cose sine die se non c’era l’accordo di tutti) l’attivismo esasperante di Matteo Renzi, uno che voleva andare veloce e puntava a fare le cose e che aveva operato una vera sostituzione di classi dirigenti (piacciano o non piacciano molti dei suoi ministri, dice Turani, non si erano mai visti prima).
Renzi, sostiene ancora Turani, anche facendo molti errori ha provato a ridare un ruolo alla politica puntando a farla diventare forte ed è questo che è stato scambiato per arroganza da parte di tutte le lobbies italiche abituate da decenni a rapportarsi con una politica debole.
Un pericolo mortale per chi, nel consociativismo imperante, si era ricavato i suoi spazi di potere dentro la società civile (perdonatemi l’ardire ma uno degli esempi massimi di questo andazzo su cui nessuno ha mai detto nulla sono i cambi continui dei Presidenti della Corte Costituzionale, non dettati da ragioni procedurali o di giusto ricambio ma solo dal fatto che un Presidente ottiene una pensione più alta di un semplice membro della Corte).
Quel che è accaduto negli ultimi 5 anni in Italia non è stato uno scontro tra destra e sinistra o all’interno della stessa sinistra tra visioni diverse, nel nostro paese lo scontro è stato tra una vecchia Italia ed una nuova Italia (con i populismi che paradossalmente venivano cavalcati da chi aveva interesse affinché nulla cambiasse).

La intensità della campagna “hater” e delegittimante contro il PD di Matteo Renzi ha questa radice.
E la violenza mediatica che continua ha l’obiettivo, come dicevamo, di fare in modo che non si possa più tornare indietro.
Di questa assurda violenza mediatica se ne è accorto anche un intellettuale come Claudio Magris per nulla sospettabile in questi anni di simpatie per il renzismo (anzi) ma che pochi giorni fa ha scritto: “Quello che colpisce, soprattutto in certe trasmissioni televisive, è l’accanimento non solo e non tanto politico, come è giusto e legittimo, ma vischiosamente personale nei confronti di Renzi.

Politologi e giornalisti si improvvisano psicologi e psicoanalisti, vogliono penetrare l’inconscio e le interiora del leader oggi sconfitto, ne diagnosticano complessi e nevrosi, quasi appropriandosi del mestiere e del potere del medico — specie quello dell’analista dell’anima, qualsiasi cosa si intenda con tale termine — ben più inquietante del potere del politico vittorioso per 10 o 15 punti alle elezioni.
Alla tv, mentre belle presentatrici sorridono compiaciute come le spettatrici alla corrida quando il toro viene infilzato, sulle facce di alcuni commentatori si vede non la fredda e pacata espressione del giudizio dell’interesse politico, come sarebbe ovvio. Si vedono piuttosto sorrisetti e smorfiette di piacere, quasi un piccino e furbetto godimento sessuale”.

Naturalmente tutto questo non significa non approfondire gli errori fatti, sottovalutare il messaggio forte che dal Sud al Nord (in maniera politicamente diversa) gli italiani hanno inviato.
E questi errori li sintetizza bene il ministro per la coesione territoriale e per il Mezzogiorno Claudio de Vincenti quando dice in una intervista al Corriere del Mezzogiorno: “Non abbiamo tenuto conto del fatto che la profondità della crisi che siamo riusciti a superare implicava che la ripresa non avrebbe sanato subito le ferite sociali prodotte dalla crisi.

 

Abbiamo creato oltre 900.000 posti di lavoro (300.000 nel Mezzogiorno) ma ci sono ancora (soprattutto al Sud) tanti disoccupati o persone che hanno rinunciato a trovare lavoro. Perciò le misure che hanno rimesso in moto l’economia e che stanno consolidando la ripresa sono state paradossalmente percepite come misure per chi è in grado di farcela e non, come invece erano e sono, misure per aprire sempre più le porte del mondo del lavoro a tutti. È come se le nostre misure si fossero fermate in “alto”, non fossero arrivate alle persone in carne e ossa.

Ecco, non siamo apparsi in sintonia con quelle sofferenze e quelle ansie alle quali pure volevamo rispondere, siamo apparsi estranei ai tanti che ancora stentano a ritrovare la fiducia nel futuro”
Certo è ancora difficile mantenere, a sinistra, una certa freddezza nell’analisi. Siamo emotivamente molto coinvolti da una sconfitta che ci sembra (e forse lo è) epocale.
Permettetemi allora di aiutarmi con le parole scritte da due giornalisti (un giovane ed uno anziano) che nell’ultima fase, pur stando da questa parte della barricata, non hanno lesinato critiche e giudizi severi all’operato del giovane leader fiorentino (non sono insomma come me dei tifosi).
Parlo di Francesco Cancellato e di Beppe Turani.
In due articoli quasi gemelli entrambi chiedono per Renzi un giusto processo e non un processo mediatico di piazza, criticando quello che va criticato e rimosso ma avendo l’onestà di ammettere le novità introdotte nella politica italiana da quando Renzi, dopo la sconfitta del 2013, vinse le primarie del PD.
Cancellato dice giustamente che di Renzi tutto si può dire tranne che sia stato un segretario normale e che “ forse oggi, nella sconfitta, appare doveroso rendergli l’onore delle armi e ricordare quel che tra qualche anno si avrà l’onestà intellettuale di ammettere”.
Ammettere cioè “che il turbo-riformismo del suo governo non ha prodotto solamente pasticci e rovinose sconfitte come quella del referendum del 4 dicembre, ma anche tante leggi che hanno reso l’Italia un po’ più moderna, efficiente e giusta - unioni civili, responsabilità civile dei magistrati, riforma del processo civile, industria 4.0, ognuno scelga le sue”.
Ammettere “che il trionfo grillino e leghista non è lo specchio di un Paese a pezzi, in macerie, ma il sussulto di rabbia repressa di un Paese che è stato rimesso in moto e che, da almeno un anno e mezzo mostra di godere di discreta salute, con indicatori positivi in quasi ogni ambito e previsioni riviste costantemente al rialzo”.
Oggi è troppo semplice dentro il PD e tra i media, cancellare tutto ciò e seppellire il tutto sotto le “montagne di caratteraccio, di gigli magici, di errori tattici da pokerista compulsivo”.
Non che questo non sia vero, dice Cancellato, ma va tutto relativizzato, “perché puoi avere pure il carattere più bello del mondo - Renzi non ce l’ha - ma se tra te e mezza nomenclatura del partito è guerra all’ultimo sangue, tocca combattere con tutte le armi possibili.
E puoi pure essere la persona più aperta dell’universo - Renzi non lo è -, ma se da Presidente del Consiglio ti ritrovi coinvolto in un’indagine nella quale un carabiniere falsifica le intercettazioni telefoniche per incastrare tuo padre, è possibile che finisci per fidarti solo dei tuoi amici più stretti.
E puoi pure essere il politico più talentuoso della Storia - Renzi non è nemmeno questo - ma se ti chiedono di governare con Berlusconi, cambiando gli assetti istituzionali del Paese, la legge elettorale e il mercato del lavoro, mentre sette banche vanno a puttane e una crisi migratoria cambia la scala di gestione dei richiedenti asilo, è probabile che qualche errore lo commetti”.
Nessuno vuole nascondere gli errori, i limiti soggettivi ed oggettivi, per cui Matteo Renzi alla fine non ha funzionato, scrive Cancellato, intendiamo solo “riequilibrare i giudizi in tempo utile, prima che la realtà mostri quanto dei guai del Pd e della sinistra in generale sono stati artatamente nascosti sotto il fallimento di Renzi, quanto dietro l’accusa dei vecchi leader di essere divisivo, di essere arrogante, di non essere di sinistra si celasse in realtà il loro personalissimo istinto di sopravvivenza politica, di fronte alla loro nemesi naturale: un ragazzo che li ha sfidati a viso aperto, come nessuno dai tempi di Nanni Moretti in Piazza Navona aveva mai osato fare. Se qualcuno, più avveduto e saggio, saprà trarne la giusta ispirazione, non saranno stati cinque anni buttati”.
Se Cancellato chiede l’onore delle armi Beppe Turani chiede invece, nell’ora del processo a Renzi, un processo giusto evitando le “travagliate” un tanto al chilo.
Perché “prima o poi, esauriti gli stanchi riti venezuelani dei due premier di cartone (che già ora, comunque, ogni giorno tagliano un pezzo dei loro assurdi programmi), bisognerà ripartire dal “primo Renzi”, da quello delle riforme e della povertà combattuta senza combattere la ricchezza.
Non è un auspicio. È inevitabile.

Senza quel Renzi, senza quelle cose che ci ha fatto vedere, questo paese non si sblocca, non va avanti, resta la cosa povera che è. E qui se volete, c’è un altro errore renziano: farci immaginare diversi da quello che siamo, cioè non un grandissimo paese, ma un paese in bilico, sospeso fra il bene e il male, fra l’ottimo e il peggio.
A questo punto il grande processo a Renzi può considerarsi finito. Ha commesso errori anche gravi. Ma ci ha mostrato, un po’ da prepotente, quello che era giusto.
Gli altri ci volevano, e ci vogliono, solo riportare indietro, al nostro non essere un paese civile.
Gli altri vogliono che noi non si creda nella ricerca, nella scienza, nel futuro: tante piccole vite chiuse dentro le cinte daziarie delle città, con le strade infestate da buche, i pronti soccorsi infestati come stadi, malattie scomparse nel mondo che ricompaiono come d’incanto nelle scuole italiane, milioni di disoccupati stipendiati dai debiti dello Stato.
Se tutto questo non ci interessa, e non ci interessa, Renzi alla fine va, se non assolto con formula piena, perdonato e lasciato libero. Più che libero.

Con una mozione del tribunale: signor Renzi, guardi che le idee giuste le aveva lei, mica gli altri, vada avanti. Può solo vincere perché insieme a lei vinceremo tutti noi”.


Fonte: Scritto da Enzo Puro
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31/3/2018 - 0:57

AUTORE:
mister no

A mio giudizio l'articolo racconta in maniera perfetta il percorso di questi anni ,

16/3/2018 - 19:11

AUTORE:
Cittadino 1

Si! gira gira vien fuori la verità vedendo le affinità degli anti Renzi d'annatà e non.
La "boutade" dimaiana non si era capita li per li, anche perchè come geografia "uncincoglie".
Il mio è un modello Venezuela disse il Di Maio quando il PD parlava di Stati Uniti d'Europa e non ci facemmo caso; poi si è visto che quel modello di socialcomunismo scellerato piaceva "dimolto" agli ex RC riuniti questa volta nel PaP.
Via il debito pubblico non perchè si vendono un paio di Regioni alla Francia o all'Autria no, semplicemente si accolla tutto il debito pubblico fatto dai governi Craxi in poi alle banche, così...ale...! allegria e questo gli amici Gesualdi e Niccolai è da tempo che credono sia la via percorribile; si viene a prendere un caffè al Circolo ARCI anche se non siam soci tanto un tetto c'è e... mi ci metti anche un goccin di sambuca? tanto non pago.

Non informarsi, non studiare i fenomeni, fare gli schifiltosi a fronte di gente che si impegna davvero poi porta alla congiunzione di estrema-destra. estrema sinitra, ricchi e poverissimi (come a Scampia e d'intorni a votare per la 5s al 60%).
Reddito senza lavoro ale...! quel povero astrofisico Stephen Hawking morto dopo tantissimo lavoro e sofferenze enormi per dare a tutti noi una visione dell'Universo delle Meraviglie quasi da toccare con mano e..li il comico smesso inculca il non impegno sociale:
Meno dei vermi? si meno di loro che producono cacando di buone sostanze utili per la ricchezza della terra che produce pomodori ed orchidee.

E' di oggi l'analisi del voto degli Italiani all'estero che sono i soliti risultati positivi per il PD che dettero il premio di maggioranza a Italia Bene Comune nel 2013. Grillo in Italia era il maggior partito e non quello di Bersani.
Il PD e le liste della coalizione nel mondo hanno avuto nel 2018 il 27% di suffragi superando la compagine di centrodestra e staccando di bel 10 punti percentuale i propugnatori del non studio e non lavoro.
Ecco, loro i nostri connazionali che sono partiti soprattutto per trovarsi un buon lavoro hanno messo giustamente in minoranza il comico ed il suo "fantoccio" che dice di aver vinto le elezioni con la maggioranza relativa(sic).
La DC di Moro ammise la vittoria di 2 partiti: la DC al 38% ed il PCI al 34,5%. Poi fecero un governo unitario anche a costo della vita di quello statista rimpianto anche dopo 40 anni dal suo supremo sacrificio.

Ora così alla carlona ci chiedono di essere "responsabili" dopo averci chiamato tutti rincoglioniti e noi del PD in particolare -ladri-assassini e...merde; vai tanto ormai ci siamo.
Peccato che tanto povera gente ricca di ninnoli superflui, ora riconosca dei cazzabubboli come Guida Suprema come avviene nelle sette sataniche.
Se vai via dalla setta che ti ha eletto devi lasciare un bel centomila euro a patron Casaleggio.
Noi della 5 s andiamo in Parlamento e chiediamo il vostro voto per dare un governo alla Nazione.
Questi sono i nostri Bravissimi Ministri e non come il Padoan che sta avvelenando i pozzi.

nb,
Controtendenza rispetto al voto in Italia
Rispetto al voto in territorio nazionale, i risultati degli italiani all’estero sono in decisa controtendenza: dei 12 seggi in palio alla Camera, cinque vanno al Pd, tre al centrodestra e uno rispettivamente a M5s, Maie, Usei e +Europa. Dei sei seggi al Senato, invece, il Pd e il centrodestra ne conquistano due, uno ciascuno per Maie e Usei, mentre i Cinque Stelle non conquistano neanche un seggio.

BORDA!

15/3/2018 - 20:49

AUTORE:
Cittadino 1

Visto che qui non si sciupa la carta; copio/incollo questa "lungagnata" di un opinionista non renziano, Paolo Mieli sul Corriere della Sera.
... mi han suggerito caldamente: mai cercare di convincere "uno" già convinto! ma non siamo soli.
...poi via Renzi, avanti te; avanti un qualsiasi -Orlando-Emiliano-Cuperlo o un rientrante di L&U -Rossi, indietro io per anni sabbatici e si fa pari!
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Ora che la sbornia è passata, si impone una riflessione in merito all’incredibile corsa del ceto medio riflessivo della sinistra italiana in vista di un balzo sul carro dei Cinque Stelle nei minuti successivi alla proclamazione dei risultati delle elezioni politiche. Minuti? Diciamo pure frazioni di secondo. Non era stato neanche ultimato lo spoglio delle schede che, appena sono state chiare le dimensioni della débâcle del Pd, si è prodotta una ressa di propugnatori d’un rapido sposalizio tra il partito che era stato di Matteo Renzi e il movimento che è ancora di Beppe Grillo. Elementari criteri di stile oltreché di prudenza avrebbero imposto quantomeno qualche giorno di silenziosa riflessione. Tra l’altro anche sotto il profilo tattico era stravagante che un partito (il quale, ancorché in grave crisi, è pur sempre la seconda formazione politica italiana) si andasse ad offrire così sguaiatamente ai vincitori. Vincitori che, per di più, sapientemente si sono ben guardati dal calare le scialuppe per accogliere quei naufraghi accomunati dall’esclusivo desiderio di riprendere il loro viaggio verso l’avvenire, nel mentre imputavano al solo capitano la malasorte delle loro imbarcazioni. Comunque, a futura memoria, gioverà ricordare l’accaduto escludendo in partenza ogni menzione dei «coerenti», cioè di coloro che già da tempo si erano pronunciati a favore dell’incontro tra la sinistra italiana e il movimento di Grillo.

Gli europarlamentari Barbara Spinelli e Pascal Durand hanno dato la più robustaspinta in direzione dell’abbraccio al M5S nel nome dei loro illustri familiari: «Noi», hanno scritto in un appello al Pd, «figli di militanti antifascisti, di chi ha resistito all’oppressione e all’odio, noi che ricordiamo ciò che i nostri genitori ci hanno raccontato», vi diciamo che «compiacersi in una confortevole opposizione, rinunciare a sporcarsi le mani col pretesto che i vostri alleati potenziali non sono di vostra convenienza, non è un comportamento all’altezza della sfida di oggi». Attenti — ammonivano da Bruxelles — che «ci sono scenari ben peggiori di quello, indicato da Renzi, di divenire la stampella di un governo antisistema»: se non cercate un’alleanza con Luigi Di Maio, «potreste diventare il predellino di un governo neo-fascista». Oltretutto, garantiva Barbara Spinelli, «la stessa idea del reddito di cittadinanza, criticata e svilita dall’establishment italiano, è molto europea». A dare poi la linea in senso più concreto ci hanno pensato il conduttore televisivo Pierfrancesco Diliberto (con uno specifico manifesto che ha ottenuto grande consenso tra cantanti, attori, registi, appena un po’ meno tra gli scrittori) e l’intera sinistra pugliese capitanata da Michele Emiliano, Massimo D’Alema e da un, pur più cauto, Francesco Boccia.

Massimo Cacciari ha avuto fin dall’inizio pochi dubbi: «Da questa disfatta il Pd potrebbe uscirne bene soltanto se ammettesse la sconfitta, riconoscesse la vittoria del Movimento 5 Stelle e si rendesse disponibile a sostenere un governo monocolore dei grillini». Non dovrebbero però le sinistre «condividere responsabilità di governo», ha aggiunto il filosofo, dal momento che, se alcuni di loro andassero ad occupare qualche poltrona, sarebbe «un suicidio». Piero Ignazi, esperto in politica comparata, ha assicurato che «i 5 Stelle hanno cambiato pelle». Il politologo Gianfranco Pasquino — in un tweet da lui stesso certificato come «ricco di consensi e critiche» — è giunto alle conclusioni che sottrarsi all’incontro con i seguaci di Di Maio andrebbe considerato «eversivo» («sovversivo», lo ha corretto la Spinelli). Questo perché «rifiutarsi di fare un governo nel Parlamento di una democrazia parlamentare, è non solo ignoranza ma protervia nei confronti dei cittadini elettori». L’ex presidente della Regione Sicilia Rosario Crocetta si è mostrato dell’identico avviso: «Il Pd dichiari la disponibilità a supportare, anche dall’esterno, un governo a guida M5S». Anche Antonio Di Pietro non ha avuto esitazioni: «Il Pd si metta a disposizione» del partito di Grillo. «Non assuma il volto di un nume irato», ha suggerito in tv lo studioso di populismi Marco Revelli. La vicepresidente dem dell’Emilia Romagna Elisabetta Gualmini ha previsto però che questo matrimonio si realizzerà solo «tra alcune settimane». L’ex presidente della Corte Costituzionale Gustavo Zagrebelsky ha concordato sulla prospettiva di «tempi lunghi» ma ha benedetto fin d’ora le nozze con i pentastellati: «Non ci troverei niente di strano, la direzione è quella».

Tomaso Montanari prima di pronunciarsi ha tenuto a definire «penosa» oltre aquella del Pd anche l’esperienza elettorale del partitino di Pietro Grasso: un «episodio grave» prodotto, a suo avviso, da un «ceto politico che ha dirottato la richiesta di una sinistra diversa per garantire la propria perpetuazione». Poi, però, è tornato sul punto all’ordine del giorno per annunciare: «Se il M5S mi contatta per il ministero dei Beni Culturali (e non si capisce se si tratta di qualcosa che è già accaduto o soltanto di un auspicio, ndr) evidentemente pensa che il mio nome parli a quel pezzo di elettorato che oggi sceglie i 5 Stelle venendo da sinistra». Il direttore di Micromega Paolo Flores d’Arcais — a seguito di queste ultime due dichiarazioni — ha optato all’istante per un governo con i grillini guidato dal costituzionalista di cui sopra e, ove mai si ponessero problemi d’anagrafe, ha promosso lo storico dell’arte da semplice ministro a Presidente del Consiglio: il Pd, ha dichiarato Flores, dovrebbe votare per «un governo che abbia come asse prioritario la legalità e l’uguaglianza, guidato da una grande personalità (penso a uno Zagrebelsky nella mia generazione o a un Montanari per la successiva)». E se il Pd non accettasse il suggerimento? La pagherebbe con il dimezzamento dei voti: «Nelle inevitabili elezioni che sarebbero convocate a breve», ha previsto lo stesso Flores, il partito che fu di Renzi «andrebbe sotto al 10 per cento».

In nessun Paese d’Europa (forse del mondo) si è mai assistito ad uno spettacolo del genere, perdipiù in tempi così ravvicinati ad un esito elettorale. Mai. Non fosse per l’autorevolezza e la notorietà delle persone che hanno ritenuto di pronunciarsi nei modi di cui s’è detto, si potrebbe pensare ad una gigantesca gaffe collettiva. Ma è probabile che i partecipanti a questa euforica festa per l’annuncio di matrimonio tra quel che resta della sinistra — di tutta la sinistra, non, si badi, del solo Pd — e un assai recalcitrante Movimento 5 Stelle, abbiano voluto comunicare al mondo qualcosa di più. Cosa? Che per loro la partita del movimento operaio e del socialismo riformista italiano è definitivamente chiusa, che non hanno intenzione di ricominciare a entusiasmarsi per un nuovo Pd guidato da Maurizio Martina, Graziano Del Rio, Nicola Zingaretti o di chi andrà a prender posto al Nazareno. La nostra è solo un’impressione, ma riteniamo che quella prodottasi a ridosso delle elezioni del 4 marzo non sia stata soltanto una sbandata di donne e uomini in preda alla disperazione, bensì una disposizione d’animo che si ripresenterà quanto prima. Non necessariamente adesso, in tempi di formazione (?) del governo. Ma sicuramente a ridosso delle elezioni che verranno. Forse presto.

15/3/2018 - 19:00

AUTORE:
Cittadino 2

Sempre più prolissi questi articoli di renziani, scelti per giustificare una sconfitta.
Renzi era partito bene ma è finito male. Quando si era accorto di non riuscire doveva smettere la sua arroganza che ha scontentato non solo i potenti (come dice il tale) ma anche la base. Quando poi, di elezione in elezione, si vedevano cadere le amministrazioni qualcuno doveva pur intervenire. Dov'era Turani? Era soddisfatto del calo di consensi? Dov'era Enzo Puro? Perchè non si levavano le loro voci a dire alla Direzione, se non a Renzi, che qualcosa non andava?
E poi l'ultima arroganza delle dimissioni, senza un minimo di umiltà, dell'ammissione di una colpa. Almeno la colpa di non essere riuscito nel suo intento.
Oltre agli errori, alla divisone del partito, allo sconcerto di molti elettori, hanno contato la perdita di empatia con i cittadini e l'incapacità di fornire una speranza di un futuro migliore dicendo che quel mondo che non piaceva più a nessuno era il massimo che si poteva avere.
Non ci scommetterei, come ha detto qualcuno, ma senza Renzi a nuove elezioni il PD potrebbe avere qualche consensoin più. Il mio compreso.