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L'articolo di oggi non poteva non far riferimento alla festa del SS. Crocifisso che Pontasserchio si appresta a celebrare, il 28 aprile.Da quella ricorrenza è nata la Fiera del 28, che poi da diversi anni si è trasformata in Agrifiera, pronta ad essere inaugurata il 19 aprile per aprire i battenti sabato 20.La vicenda che viene narrata, con il riferimento al miracolo del SS. Crocifisso, riguarda la diatriba sorta tra parroci per il possesso di una campana alla fine del '700, originata dalla "dismissione" delle due vecchie chiese di Vecchializia. 

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per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Colori u n altra rosa
Una altra primavera
Per ringraziarti amore
Compagna di una vita
Un fiore dal Cielo

Aspetto ogni sera
I l tuo ritorno a casa
Per .....
Oggi è venuto a mancare all’affetto di tutti coloro che lo conoscevano Renato Moncini, disegnatore della Nasa , pittore e artista per passione. .....
Pappiana, 20 settembre
"Storie della valle del Serchio"

13/9/2018 - 15:34


“Storie della valle del Serchio” di Piero Panattoni

Per il Settembre Sangiulianese appuntamento  il 20 settembre ore 21.00 a Pappiana, presso il circolo Arci 90, con la presentazione del libro " Storie della valle del Serchio" di Piero Panattoni, Edizioni Helicon.

Parteciperanno l'assessora alla Cultura Luciana Cipriani e il vicesindaco Franco Marchetti.
 
 
Questo è il terzo lavoro letterario di Piero Panattoni; dopo due romanzi brevi le cui azioni si svolgevano in posti lontani, arriva un romanzo per racconti ambientato dalle nostre parti, sulle strade e nei paesi della bassa valle del Serchio.


Un fiume ingiustamente dimenticato. Qui, in un tempo che va dagli anni del fascismo all’immediato dopoguerra, persone vere e personaggi di pura fantasia si cercano, si sfiorano, s’incontrano, si amano, nel mezzo di una lotta quotidiana per la dignità e, ove possibile, per la felicità.

 

Qualcuno ce la fa, qualcuno no, ma tutti sperimentano il precario equilibrio tra amore e follia, gioia e dolore, salute e malattia, vita e morte.
La prima scommessa di questo libro è riuscire a far rivivere dei luoghi senza lasciarsi trasportare dal colore locale e farne scaturire i caratteri non da una descrizione esterna, ma dall’insieme dei rapporti sociali che vi si svolgono all’interno.


Il tratto distintivo che ne scaturisce, pur non dichiarato, è una civiltà dei comportamenti che ha come suoi pilastri di base l’antifascismo, il senso di giustizia, la scelta di una appartenenza popolare, l’ironia, l’accoglienza.


La seconda scommessa, la più difficile, è descrivere e dar conto di vite semplici e ingenue senza andare a cercare le macchiette di paese, i tipi strambi, i buffi da osteria. Cercare l’epica e l’eroismo in persone provenienti da strati popolari: fornai, casalinghe, contadini, cercare in loro la capacità di esprimere sentimenti alti, esemplari, se possibile universali.


Evitando le secche del bozzettismo, cioè di uno sguardo accondiscendente dall’alto verso il basso, che ghettizza i personaggi in un luogo , in una abitudine, in una situazione e concede loro solo il guizzo della vivacità e della simpatia, l’autore ha dato a tutte le sue creature una possibilità di evoluzione e di riscatto.


Riscatto è la morte-suicidio di Foresto, con un mazzo di fiori in mano, riscatto è la felicità estrema trovata da Brandina nella pazzia amorosa, riscatto è la morte cercata ad ogni costo da Anarchico, che assume la grandezza epica del suicidio rituale dei samurai, con in più la rivendicazione di una vita libera e senza padroni.


Ma, per fortuna o per volontà incrollabili, la crescita vera e il riscatto sono affidati più spesso all’amore. Amore, espressione talvolta di pura vitalità, legato a circostanze e periodi, talaltra, fondamento senza tempo né confini di tutta una vita.


Un amore che può vivere anche solo nell’immaginazione, ma che non perde mai la sua forza dirompente.


Un libro basato sulla memoria, certo, ma non sulla paralizzante nostalgia; come ha scritto Luca Doni: “Un popolo, un tempo, forse passato che odora di voglia di presente...”Storie della valle del Serchio” non è una fotografia in bianco e nero di un universo scomparso, è una radice che può dare ancora molti frutti, un seme letterario per una prossima fioritura”.




















 


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