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L'articolo di oggi non poteva non far riferimento alla festa del SS. Crocifisso che Pontasserchio si appresta a celebrare, il 28 aprile.Da quella ricorrenza è nata la Fiera del 28, che poi da diversi anni si è trasformata in Agrifiera, pronta ad essere inaugurata il 19 aprile per aprire i battenti sabato 20.La vicenda che viene narrata, con il riferimento al miracolo del SS. Crocifisso, riguarda la diatriba sorta tra parroci per il possesso di una campana alla fine del '700, originata dalla "dismissione" delle due vecchie chiese di Vecchializia. 

. . . non discuto. Voi riformisti fate il vostro cammino .....
. . . l'area di centro. Vero!
Succede quando alla .....
. . . ipotetica, assurda e illogica. L'unica cosa .....
. . . leggo:
Bardi (c. d) 56% e rotti
Marrese ( c. .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Ecco la lista di Vicopisano in Cammino.
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di Umberto Mosso
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di MARIAROSARIA MARCHESANO (Il Foglio)
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di Vittorio Ferla
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Di Alexia Baglivo
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Di Gavia
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di Michelle Rose Reardon a cura di Giampiero Mazzini
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di Mollica's
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Di Siciliainprogress
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Se oltre a combattere
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Con mille problematiche
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"Fino a quando la mia stella brillerà",

7/12/2018 - 14:27

 

"Fino a quando la mia stella brillerà",

Bastavano pochi secondi agli aguzzini per capire se era meglio farci morire o farci vivere. Io vedevo le altre, orrendi scheletri impauriti, e sapevo di essere come loro. Gli ufficiali e i medici erano sempre eleganti, impeccabili e tirati a lucido, in pace con la loro coscienza. Era sufficiente un cenno del capo degli aguzzini, che voleva dire “avanti”, ed eri salva. Io pensavo solo a questo quando ero lì, a quel cenno. Ero felice quando arrivava, perché avevo tredici anni, poi quattordici. Volevo vivere. Ricordo la prima selezione.

Dopo avermi analizzata il medico notò una cicatrice. «Forse mi manderà a morte per questa…» pensai e mi venne il panico. Lui mi chiese di dove fossi e io con un filo di voce ma, cercando di restare calma, risposi che ero italiana. Trattenevo il respiro. Dopo aver riso, insieme agli altri, del medico italiano che mi aveva fatto quella orrenda cicatrice, il dottore nazista mi fece cenno di andare avanti. Significava che avevo passato la selezione! Ero viva, viva, viva! Ero così felice di poter tornare nel campo che tutto mi sembrava più facile. Poi vidi Janine. Era una ragazza francese, erano mesi che lavoravamo una accanto all’altra nella fabbrica di munizioni. Janine era addetta alla macchina che tagliava l’acciaio. Qualche giorno prima quella maledetta macchina le aveva tranciato le prime falangi di due dita.

Lei andò davanti agli aguzzini, nuda, cercando di nascondere la sua mutilazione. Ma quelli le videro subito le dita ferite e presero il suo numero tatuato sul corpo nudo. Voleva dire che la mandavano a morire. Janine non sarebbe tornata nel campo. Janine non era un’estranea per me, la vedevo tutti i giorni, avevamo scambiato qualche frase, ci sorridevamo per salutarci.

Eppure non le dissi niente. Non mi voltai quando la portarono via. Non le dissi addio. Avevo paura di uscire dall’invisibilità nella quale mi nascondevo, feci finta di niente e ricominciai a mettere una gamba dietro l’altra e camminare, pur di vivere. Racconto sempre la storia di Janine. È un rimorso che mi porto dentro. Il rimorso di non aver avuto il coraggio di dirle addio. Di farle sentire, in quel momento che Janine stava andando a morire, che la sua vita era importante per me. Che noi non eravamo come gli aguzzini ma ci sentivamo, ancora e nonostante tutto, capaci di amare. Invece non lo feci.

 Il rimorso non mi diede pace per tanto, tanto tempo. Sapevo che nel momento in cui non avevo avuto il coraggio di dire addio a Janine, avevano vinto loro, i nostri aguzzini, perché ci avevano privati della nostra umanità e della pietà verso un altro essere umano. Era questa la loro vittoria, era questo il loro obiettivo: annientare la nostra umanità.”"Fino a quando la mia stella brillerà",

 Liliana Segre.

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8/12/2018 - 10:44

AUTORE:
Angelita

Carissima senatrice molto frequentemente si è vigliacchi per molto meno e chissà neppure se ce ne pentiamo, Lei era una ragazzina affamata impaurita depredata della volontà ma con un grandissimo senso del valore della vita e per questo nessuno potrà rinfacciarLe mai niente.
Era stata privata della mamma, e la trovo già una grave ingiustizia ma contro la sorte o i capricci del destino nulla possiamo fare se non reagire e rialzarci dopo ogni caduta, sempre che sia alla nostra portata altrimenti non ci resta che soccombere.
Io L'ammiro molto e L'ascolto sempre volentieri per la Sua capacità di raccontare questi tragici avvenimenti senta troppo rancore e con la giusta pacatezza di chi sa essere equilibrato Certamente è stata sfortunata perché ha vissuto in un periodo orrido della nostra storia ma fortunata perché ha saputo uscirne non solo fisicamente viva, ma soprattutto senza che la mente si annebbiasse così tanto da condurla nell'inferno della depressione o ancora peggio.
Le auguro di vivere in salute ancora per tanto tempo in modo che possa andare tra i giovani a far loro capire il valore della giustizia, perché dove c'è giustizia c'è libertà.