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L'articolo di oggi non poteva non far riferimento alla festa del SS. Crocifisso che Pontasserchio si appresta a celebrare, il 28 aprile.Da quella ricorrenza è nata la Fiera del 28, che poi da diversi anni si è trasformata in Agrifiera, pronta ad essere inaugurata il 19 aprile per aprire i battenti sabato 20.La vicenda che viene narrata, con il riferimento al miracolo del SS. Crocifisso, riguarda la diatriba sorta tra parroci per il possesso di una campana alla fine del '700, originata dalla "dismissione" delle due vecchie chiese di Vecchializia. 

. . . non é certo colpa mia e dello mondo difficilerrimo .....
. . . anche te racconta che c'entrano i voti del 1978, .....
. . . . chiebita perché l'acqua calda la scoperse .....
Salutoni a Bruno e al suo fido fiorentino
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Di Gavia
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di Michelle Rose Reardon a cura di Giampiero Mazzini
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di Mollica's
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Di Siciliainprogress
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Colori u n altra rosa
Una altra primavera
Per ringraziarti amore
Compagna di una vita
Un fiore dal Cielo

Aspetto ogni sera
I l tuo ritorno a casa
Per .....
Oggi è venuto a mancare all’affetto di tutti coloro che lo conoscevano Renato Moncini, disegnatore della Nasa , pittore e artista per passione. .....
Lo zio Alceste
Il racconto di Michele

7/2/2019 - 20:52

Lo zio Alceste


Nonostante gli avessero raccomandato la puntualità, Quinzio sarebbe arrivato più tardi del solito. Per lui la visita preserale allo zio Alceste, era diventata un appuntamento  importante, cui non avrebbe rinunciato per nessuna ragione, neppure per il compleanno di suo padre; era sicuro di dovere allo zio non solo la sua formazione culturale, più ancora una vera crescita interiore. Infatti già da tempo gli argomenti di conversazione si erano fatti più intimi, confidenziali e quel pomeriggio si preannunciava più interessante del solito.
Quel ragazzo, alla soglia dei diciannove anni, frequentava regolarmente quella casa ormai da otto anni. Aveva una cultura di cui andare orgoglioso. In famiglia non aveva trovato un grande supporto, era  fatta di formalismi e guidata da un padre arido e assente. Lo zio aveva capito che quel ragazzo doveva essere preparato ad affrontare il futuro e liberato dalla consolazione del pessimismo, semplicemente fortificando il suo carattere e predisporlo a conoscere e capire se stesso e il mondo degli altri. Voleva che Quinzio raggiungesse presto quella saggezza necessaria ad elaborare le delusioni, le cattiverie, la noia del vivere e tutte le altre ferite che specialmente nel corso della fase adolescenziale lo avevano sicuramente amareggiato e disorientato. Questo lavoro comportava una interpretazione dell'attualità quale risultato del nostro passato; analizzare criticamente ciò che è stato non significa solo ricostruire i fatti ma ripensare anche alle azioni che hanno dato origine al presente.  
Per questo Alceste  aveva iniziato a raccontare al nipote la vita, quella che si vive fuori, ma anche, la sua, quella che aveva nascosto dentro. La sua storia fatta di scelte, di esperienze, di errori che lo avevano portato ad essere quello che era. Quel raccontare rivelava tutta la sua ricchezza interiore, tanto che il nipote lo ascoltava meravigliato, commosso e assorto, in preda ad un groviglio di sentimenti e interrogativi diversi. Ascoltare lo zio, per Quinzio, era come leggere, ma il racconto orale aveva il vantaggio di avere risposte immediate a quello che eventualmente non fosse stato immediatamente comprensibile.
In  sintesi, lo zio, voleva guidare Quinzio nel difficile percorso emotivo che è la vita, per non sprecare tempo.
L'esperienza  di Alceste l'aveva portato a credere che avere vicino qualcuno che ti sostiene crea meno tensioni, più tranquillità e dunque più spazio per la riflessione. La realizzazione di sé è un processo continuo che non sempre va in porto. Passa attraverso percorsi densi di ostacoli, più spesso sconosciuti dentro i quali ci si può definitivamente perdere. Era questo che avrebbe dovuto fare, evitare che Quinzio si perdesse. In quel preciso momento della sua vita, era come se si trovasse in un paesaggio deserto, senza rassicurazioni, con il peso delle passioni e dei dubbi.
Anche Alceste aveva avuto certezze, in particolare, dal padre, un uomo di una dignità esemplare, ma anche da quelle persone che con la loro spontaneità e la loro semplicità gli avevano trasmesso concetti di etica, forse anche un livello spirituale da cui sembrava uscisse con chiarezza lo scopo di vivere.  
Poi era venuta la scuola che aveva completato una formazione ai cui quell’allora ragazzo era già predisposto con la sua insaziabile voglia di conoscenza. Per la verità l'appagamento a tutte le sue richieste arrivò dal professore di filosofia. Una classica figura di insegnante liceale, ormai alle soglie della pensione, che trasmetteva modernità o meglio sapeva interpretare il presente del futuro. Esponeva con chiarezza cristallina concetti rendendoli accessibili e quasi utilizzabili per la sua esistenza.

In quei momenti la vita sembrava un percorso accettabile e gioioso. Le interrogazioni altro non erano che conversazioni a cui tutti partecipavano dando contributi personali, spesso   risolutivi. Presto negli studenti era nata la curiosità di sapere dove avrebbero portato quelle ore svolte con entusiasmo perché sembravano il rimedio ai loro dubbi e a quelli del mondo.

Aveva reso felici quei ragazzi. Procurava loro attimi in cui tutto sembrava diventare eterno, si fermava il tempo per far posto ad una pienezza d’animo che sembrava infinita. Bisogna dirlo, era stato fortunato. Poi era arrivata la passione dello scrivere e della ricerca per lo scrivere che lo avevano aiutato a lenire le sue pene. Chi scrive, Alceste ne era convinto, non lo fa solo per sé ma per tutti coloro che non hanno il coraggio di aprirsi perché è un po' come spogliarsi di fronte ad una moltitudine.

Poi era affascinato dalle parole, dal loro suono, dall'alchimia consolatoria che sprigionano e che nasce dai meandri dell'inconscio, insomma dal loro incantesimo e dalla loro magia.

Le parole danno vita al pensiero, le idee sono astratte, esse sono reali ed hanno il potere di evocare e di far rivivere, in chi le ascolta, l'esperienza altrui, quasi fosse la propria. Se scelte in modo appropriato, le parole sanno rendere felici, diminuiscono lo sforzo intellettuale, chiarificano le nozioni e fanno rivivere emozioni e sentimenti.
Quinzio ascoltava e sentiva che, lentamente, l’adolescenza lasciava il posto alla maturità, senza portarsi dietro alcuna impurità.

 

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17/2/2019 - 11:20

AUTORE:
Lettorino

Mi aspettavo che Quinzio, alla fine, tirasse fuori una pistola e facesse fuori Alceste!!
Sarebbe stata una bella fine del racconto.