In questo nuovo articolo di Franco Gabbani le vicende storiche, incentrate tra la fine del '700 e l'inizio dell'800, travalicano i confini della Valdiserchio, come già accaduto in diverse occasioni, e d'Italia, espandendosi in Europa.E' la storia di un giovane costretto a seguire la carriera militare per problemi e ripicche amorose, con l'inevitabile nefasta conclusione, raccontata utilizzando le stesse parole dell'ussero, che ci danno uno spaccato di un'esistenza iniziata negli agi della famiglia gentilizia e terminata sui campi di battaglia
Ieri, da catechisti, cresimati, comunicati, genitori, è stata festeggiata la Pentecoste in una maniera bellissima e strana e non con una Messa solenne nella chiesa di San Vincenzo (che io continuo a chiamarla San Ranieri), ma all’interno del Bosco.
Qui non importava il nome di Parco, Tenuta, Pineta, qui era la Natura che comandava, ispirava e parlava ai giovani con le parole sincere di un catechista che guarda caso si chiama Francesco e riportava quelle di Papa Francesco che parla al mondo con lo spirito del Santo, Francesco anche Lui, chiamando Madre la Natura, una madre che gli interessi mondiali di profitti economici cercano di sopraffare.
In tre momenti di “riflessione” sono stati letti alcuni brevi pensieri ripresi da vangelo, sia dai catechisti sia dai giovani e dalle ragazze presenti. La passeggiata è stata lunga, 8 chilometri in tre ore, ma troppo breve per assaporare pienamente quello “Spirito naturale” che si amalgamava a quello “Santo” che caratterizza il giorno.
E proprio questo è il significato della Pentecoste Cristiana: la discesa dello Spirito Santo, essenza emanata da Dio che accompagna gli apostoli nel loro predicare e gli infonde sapienza e coraggio.
Nel cuore dei partecipanti può essersi fermato, più o meno, quello spirito, ma senza dubbio le bellezze naturali viste, odorate, toccate con mano, sono state immagazzinate nella mente: l’antica sconosciuta via Aurelia nascosta nel bosco, il cippo seicentesco di confine, le radici dei cipressi calvi, il giallo che ricopre il vecchio campo sportivo del Migliarino (una sorpresa), i quadrati dei pini e…si dovrebbe ora dire “dulcis in fundo” ma non è stata una dolcezza ma un dolore corale… il ritorno alla “Grande quercia”, o meglio alla sua tomba.
Il cinquanta per cento di noi conosceva quel “monumento”, il quaranta ne aveva solamente sentito parlare ma non sapeva della sua fine e per i nuovi “migliarinesi” è stata una rivelazione.
Mi sono permesso di chiedere a tutti di posare intorno ad una “Grande figlia” di Madre Natura, scomparsa ma non dal ricordo.