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In questo nuovo articolo di Franco Gabbani le vicende storiche, incentrate tra la fine del '700 e l'inizio dell'800, travalicano i confini della Valdiserchio, come già accaduto in diverse occasioni, e d'Italia, espandendosi in Europa.E' la storia di un giovane costretto a seguire la carriera militare per problemi e ripicche amorose, con l'inevitabile nefasta conclusione, raccontata utilizzando le stesse parole dell'ussero, che ci danno uno spaccato di un'esistenza iniziata negli agi della famiglia gentilizia e terminata sui campi di battaglia 

Comune di Vecchiano
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Massimiliano Angori sindaco
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La ricerca è attiva in tutta Italia
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Migliarino Nodica Pisa e Vecchiano.
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. . . dalla parte della Palestina ? Perché il governo .....
Com’è noto il generoso 110% e i suoi fratelli, .....
Bravo Bruno da o di ovunque tu sia, sono con te. .....
. . . prima che siano passati almeno 30/ 40 anni chiederà .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Vivrò con la faccia che tu amavi
Coi miei giochi sempre nuovi
Col difetto di sognare
Lo so che ho imparato a dirti amore
Quando ormai ci era di andare
Dove .....
Se i limiti di velocità servono a tutelare la sicurezza, non capisco perchè le auto della Polizia Municipale si debbano nascondere per poi rilevare .....
di Renzo Moschini
VECCHIO E NUOVO NELLE POLITICHE AMBIENTALI

6/12/2019 - 8:50

VECCHIO E NUOVO NELLE POLITICHE AMBIENTALI
 
Il punto a cui si è giunti sul piano internazionale  con l’ONU che con decine di stati si chiede  se riusciremo a salvare il futuro del pianeta, credo ponga qualcosa che va molto al di là del ruolo delle politiche ambientali.
Come sappiamo e ricordiamo le politiche ambientali all’indomani dell’ultima guerra mondiale presero avvio anche nel nostro paese dovendo fare i conti con i problemi della ricostruzione all’insegna della democrazia.
La Costituzione per la prima volta pose le basi di questa svolta assegnandone il ruolo e la responsabilità alle istituzioni, ai partiti e alla cultura e quindi ai cittadini.
Come tutto questo si sia concretamente realizzato, in che misura e con quali risultati è sotto  i nostri occhi nel bene e nel male.
Quello a cui oggi dobbiamo rispondere è se quel futuro che dobbiamo salvare  è possibile solo proseguendo nel percorso avviato senza urgenti innovazioni politiche, istituzionali e culturali.
Per questo forse non è male partire da alcuni di quei nodi critici cruciali con i quali abbiamo dovuto via via fare i conti.
Il primo fu sicuramente da quali  aspetti dovevamo partire che richiedeva al contempo stabilire  chi avrebbe dovuto farlo.
A chiarire il senso di questa affermazione penso possa contribuire una vicenda che coinvolse anche le regioni istituite con gravissimo ritardo cioè quando parte importante dei problemi della ‘ricostruzione’ e ripartenza economica e sociale erano stati risolti o avviati a soluzione.
Mi riferisco all’impegno della Commissione bicamerale per le questioni regionali che iniziò negli anni settanta a discutere di una legge sui parchi. Io entrai a farne parte in rappresentanza del PCI nel 1976 fino al 1987, di cui fui anche relatore della indagine nazionale sulle regioni speciali.
La discussione a lungo si incagliò sulle materie e i compiti di cui avrebbero dovuto occuparsi questi nuovi enti. E’ vero che vi erano già alcuni parchi nazionali ma risalivano ad una fase storica
cioè quella fascista e non potevano perciò costituire un valido punto di riferimento politico-istituzionale, anche se di quelle esperienze avremmo dovuto ovviamente tener conto.
Il dibattito per molte sedute riguardò sul piano governativo nazionale a chi si sarebbe dovuto assegnarne la gestione.
Non si dimentichi che allora non esisteva il ministero dell’ambiente ma solo quello della agricoltura con un personale impegnato sul territorio dove avrebbero dovuto operare i nuovi parchi come già avveniva con quelli storici. Ne conseguiva naturalmente, come fu ribadito a lungo, che la gestione  di quel personale  era e sarebbe rimasta esclusivamente e unicamente ministeriale.
Questione come ben sappiamo rimasta ambigua anche dopo l’entrata in vigore della legge 394 perché i parchi devono ancora fare i conti oltre che con il ministero dell’ambiente anche con quello dell’agricoltura che vuol decidere tutto a Roma.
Mi scuso per questo ‘ritorno’ al passato ma come vedremo è ‘attuale’.
Infatti dopo tante traversie politiche, legislative e culturali con la nuova legge iniziò concretamente la istituzione dei parchi nazionali mentre le regioni, specialmente alcune, avevano già istituito vari e importanti parchi regionali.
Non fu, in particolare per quelli nazionali, una partenza adeguata agli obiettivi della legge perché in molti casi sembrarono pesare più  alcune note esperienze europee dove le definizione e perimetrazione dei territori ignorava la presenza e soprattutto il ruolo delle comunità che li vivevano e lavoravano su quei territori agricoli e montani.
L’accoglienza più che consenso suscitò diffuse proteste da cui si uscì grazie al libro Uomini e parchi di Valerio Giacomini e Valerio Romani. Fu quella una svolta che connotò l’esperienza  italiana con l’assegnazione di un ruolo fondamentale alle comunità locali considerate ancora spesso una incomoda e disturbante presenza. Tanto è vero vi furono anche ambientalisti famosi impegnati nel governo di regioni che polemicamente ribattezzarono il libro Uomini O parchi.
Ma anche dove le cose cambiarono in meglio imprimendo al quadro nazionale una connotazione finalmente più coerente con la legge 394 restò ed è ancora una seria difficoltà raccordare, integrare, connettere la gestione dei territori protetti dagli altri a partire proprio dai confini e le aree cosiddette contigue.
E qui sta il punto.
Da un po’ di tempo è ricorrente nel dibattito ambientale il richiamo di una esigenza nuova e cioè che le vicende e la crisi delle politiche ambientali anche di quelle  più innovative come appunto quella delle aree protette, paesaggio, inquinamento etc ect, potranno avere un futuro e il ruolo loro assegnato anche con legge se riusciranno a diventare componente delle politiche nazionali, economiche, sociali, istituzionali e non resteranno confinate in un fortino che le isolerà e le taglierà fuori da quella partita che si sta giocando sul piano planetario.
Inutile dire che questo implica un impegno nazionale che oggi non c’è a partire dal parlamento e dal governo.
Un impegno che avrebbe potuto essere concretamente avviato dalla terza conferenza nazionale richiesta e snobbata.
Si può comunque e si deve perciò ricominciare a discuterne come faremo noi con il nuovo libro su ambiente e parchi che presenteremo a Pisa all’inizio del nuovo anno.

 
 

Fonte: Renzo Moschini
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