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In questo nuovo articolo di Franco Gabbani le vicende storiche, incentrate tra la fine del '700 e l'inizio dell'800, travalicano i confini della Valdiserchio, come già accaduto in diverse occasioni, e d'Italia, espandendosi in Europa.E' la storia di un giovane costretto a seguire la carriera militare per problemi e ripicche amorose, con l'inevitabile nefasta conclusione, raccontata utilizzando le stesse parole dell'ussero, che ci danno uno spaccato di un'esistenza iniziata negli agi della famiglia gentilizia e terminata sui campi di battaglia 

Comune di Vecchiano
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Massimiliano Angori sindaco
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La ricerca è attiva in tutta Italia
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Migliarino Nodica Pisa e Vecchiano.
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. . . dalla parte della Palestina ? Perché il governo .....
Com’è noto il generoso 110% e i suoi fratelli, .....
Bravo Bruno da o di ovunque tu sia, sono con te. .....
. . . prima che siano passati almeno 30/ 40 anni chiederà .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Vivrò con la faccia che tu amavi
Coi miei giochi sempre nuovi
Col difetto di sognare
Lo so che ho imparato a dirti amore
Quando ormai ci era di andare
Dove .....
Se i limiti di velocità servono a tutelare la sicurezza, non capisco perchè le auto della Polizia Municipale si debbano nascondere per poi rilevare .....
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Sulle ferite del virus
di Ovidio Della Croce

2/8/2020 - 9:24

FINALMENTE DOMENICA!
 
Amica cara,
 
lo so che non hai mai abbandonato il logos. È difficile seguire questa tua lezione. Ho acceso la radio e ho ascoltato una riflessione filosofica sul tempo che stiamo vivendo e sulla possibile cura alle ferite che il Covid ha inferto e ha fatto venire a galla. Ammetto di non aver studiato seriamente la filosofia, tu invece sì, però il filosofo spiega bene e mi pare di capire. Una frase come questa, in momenti drammatici possiamo provare a mettere ordine nei nostri pensieri e nei desideri nella misura flebile in cui siamo capaci di farlo, è facile da capire. Proviamoci.
 
Le cose capitano e a noi è capitato il virus. Però voler sfruttare fino in fondo la natura trattandola come cosa crea una situazione non voluta che ci fa molto male. La natura offesa si vendica con gli interessi, dice il filosofo. Capisco la metafora, ma la natura non si vendica, segue il suo corso, le sue regole che noi conosciamo solo in minima parte, indifferente nei confronti dell’uomo, se l’uomo sparisse dalla terra la natura non se ne accorgerebbe nemmeno, visto che il nostro universo è un granello rispetto alla moltitudine di universi. La natura non è vendicativa, è indifferente. Certo che bisognerebbe essere meno aggressivi con la natura. Nel senso che l’uomo dovrebbe curare anziché minacciare ed eliminare le precarie condizioni che consentono a lui e ad altri esseri viventi di sopravvivere sulla Terra. Questo spero che si traduca in azione reale, ma non so se succederà.
 
E poi siamo fragili e quello che facciamo è lottare per prenderci un po’ più di tempo di vita, questo te l’avevo scritto anche in un messaggio. Siamo esseri umani vulnerabili e questo ci crea angoscia. Vale la pena fare quello che stiamo facendo se siamo così deboli? La conosco la tua risposta, me l’hai scritta in un messaggio. No, no, dobbiamo continuare cambiando qualcosa. Intanto è bene pensare che siamo tutti uguali di fronte alla pandemia, non mi riferisco ai beni materiali, ma al fatto che apparteniamo tutti al genere umano. Ecco, siamo della stessa specie, che non ha una religione né un’ideologia, è un acchiappatutto, un’arca di Noè. Dentro ci sono proprio tutti. Stamattina ho sentito uno dire al bar che era una buona giornata perché non c’erano nuovi cartelli mortuari affissi sul muro. Quando vedesti la foto sulla bacheca con scritto Ciao Enrico non avesti bisogno di chiedere conferme, perché quell’immagine sobria, eloquente e triste diceva tutto. E a quel punto il tuo logos vacillò, ma dopo riuscisti a sdrammatizzare pensando a quanta allegria il nostro Enri ci aveva regalato. Era come un fratello. Ecco cosa abbiamo capito o avremmo dovuto capire: il virus ci affratella. La natura e i virus non distinguono, non guardano chi colpire anche se le condizioni create dall’uomo in qualche modo orientano anche i virus, come sta accadendo in Brasile, in India, negli Stati Uniti, paesi che hanno fatto scelte diverse dalle nostre, cinicamente, esplicitamente, sacrificando vite pur di non chiudere.

 

L’affratellamento è un moto di reazione che deve partire dall’uomo, come replica all’indifferenza della natura, lo scriveva già il gobbetto di Recanati. La morte non riguarda solo Tizio o Caio, ma può riguardare l’intera umanità. La vita è una malattia a trasmissione sessuale; e ha un tasso di mortalità del 100%. Questa immagine tragica della vita è di uno psichiatra. La fragilità non è solo malattia, che è uno stato eccezionale, ma una condizione normale dell’uomo. Il coronavirus ha aumentato la consapevolezza della nostra fragilità. Questo fa veramente tremare il nostro logos. Ora non la voglio fare troppo lunga, scrivo solo le domande emerse durante la conversazione radiofonica. Cosa è il progresso? Inquinare il mondo? Fregarsi del riscaldamento terrestre? Immagino la tua risposta. No, no, non è questo, questa è un’idea angusta, bisogna darci una regolata. È meno egoismo e più comunità. Sì, d’accordo, tu mi conosci, sono di carattere aperto, però il virus ha scatenato in me una diffidenza verso gli altri, perché lui usa il corpo degli altri per arrivare a me. E allora hai voglia di dire “gli altri siamo noi”, come cantava Umberto Tozzi al Festival di San Remo nel 1991. Trent’anni dopo siamo alla distanza fisica, te lo saresti mai immaginato? No. Neppure io. Sì va bene, però dobbiamo continuare ad avere fiducia negli altri, se no non ne usciremo vivi. Pensa a un grande direttore d’orchestra, non potrebbe essere così grande se non avesse bravi musicisti. Io con gli altri sono meglio e gli altri senza di me sono peggio. Fin qui ho riportato in modo chiaro il discorso del filosofo?
 
Quindi, ci vuole un’unità profonda con gli altri, questo è un tasto su cui sei sempre stata sensibile. Da soli i miei interessi e desideri svaniscono, la mia vita perde senso. Che ci sto a fare al mondo? Ricordo un’immagine della terra con lo slogan L’abbiamo avuta in prestito da chi verrà dopo di noi. Il mondo va rispettato perché ci sono gli altri dopo di noi. Non me ne hai mai parlato, ma so che tu pensavi a quello che ci sarebbe stato dopo la vita terrena. Del resto le persone fanno testamento. Anche tu l’hai fatto. Le nostre volontà vogliamo che siano rispettate dopo di noi. Il sottoscritto tal dei tali, nel pieno delle facoltà mentali lascia i beni materiali a moglie, figlia, sorella, amici e persone care. E magari segue con precisione cosa e a chi. Però io vorrei lasciare anche quello che desidero. Desidero che venga sostenuta la lotta contro il cancro, che venga potenziata la ricerca di un vaccino contro il virus, che la sanità pubblica sia migliore. E poi ci sono i grandi ideali. Io desidero la pace nel mondo. Vorrei che diminuissero la povertà e le ingiustizie. Il dopo vita è importante, anche senza di noi. Nei testamenti sono frequenti le donazioni a istituti di ricerca, associazioni e fondazioni benefiche. Anche tu hai espresso desiderio di sottoscrivere per il reparto di oncologia dove eri ricoverata.
 
Poi il filosofo ha parlato di economia. Non è il mio campo, però ha detto una cosa è facile da capire: salvare vite è importante come salvaguardare l’economia. La vita va considerata dal punto di vista della malattia, ma anche dal punto di vista della sopravvivenza materiale. L’economia c’entra con la vita. E la politica è lo spazio in cui si decide. Dirlo è semplice, farlo è difficilissimo.
 
Il filosofo ha parlato della meditazione, della cura di sé, intesa anche come esercizio, pratica che unisce oriente e occidente, meditare provoca un certo distacco dal quotidiano e dal banale. Naturalmente è difficile. Occorre lavorare sodo sopra di sé. Proprio così non l’ha detto, ha detto frasi tipo se ritrovo un po’ me stesso e la forza di prendere cura di me, cosa sono, cosa voglio essere, che rapporto ho con gli altri, recuperare un senso del limite a sé stessi, per esempio che bisogno ho di avere gli armadi pieni di vestiti o l’ultimo modello di telefonino? Trovare situazioni alternative e cercare qualcosa del genere simile alla spiritualità deve darti una qualche soddisfazione. Scusa, ho semplificato, ho sintetizzato forse in modo banale o anche peggio. Però una cosa l’ho capita. In occidente a chi fa il filosofo di solito gli viene domandato quali teorie ha. In oriente gli si chiede: fare il filosofo in che modo può cambiare l’esistenza? Le due cose vanno messe insieme, dice il filosofo alla fine, non puoi teorizzare se non cambi facendolo.
 
Ecco, dunque, finisco su una cosa che mi ha colpito. Il filosofo ha parlato delle istituzioni come i soggetti dell’etica pubblica, ha detto che se sono sane e solide migliorano le persone e le ha paragonate alle piante. Bisogna annaffiarle e curarle, il cittadino deve coltivare le istituzioni, idea che si riallaccia a quella della comunità come unità organica. Se i cittadini non sono bravi giardinieri le istituzioni sono cattive. Non so cosa abbia a che fare con questa idea dei cittadini, ma a me è venuto in mente il film Oltre il giardino, te lo ricordi? Certo, Chance il giardiniere. Sì, il protagonista è un’analfabeta che ha vissuto fuori dal mondo in compagnia della televisione. Si ritrova in una villa del consigliere del presidente degli Stati Uniti, gli chiedono cosa pensa della situazione politica, lui risponde con ingenuità, tutti rimangono colpiti dalle sue metafore botaniche e lo scambiano per un saggio. Il film finisce in una maniera sorprendente che non voglio rivelare. C’è una frase che viene detta alla fine La felicità è uno stato mentale. È possibile che sia davvero questo.
 
Non so se sia troppo tardi per questa discussioncina filosofica, ma ho voluto farla, agosto è il tuo mese, ci sei nata. Penso di aver toccato tutti i punti, auguro a tutti una felice domenica d’agosto.
 
Post scriptum
Il filosofo cui mi riferisco è Sebastiano Maffettone, autore de Il quarto shock. Come un virus ha cambiato il mondo, Luiss University Press, 2020. Collegandolo ai tre grandi shock o traumi intellettuali e materiali. Il primo è Copernico, che ha tolto la terra al centro del cosmo. Il secondo è Darwin, che ha tolto l’uomo al centro del creato. Il terzo è Freud, che ha dimostrato come non siamo padroni neanche a casa nostra, visto che il nostro io è dominato da pulsioni e istinti.
La trasmissione radiofonica è "La cura" su Radio 3, con Marino Sinibaldi, iniziata sabato 11 luglio proprio con Maffettone; si tratta di dieci conversazioni sulla pandemia, è un progetto che ha l’ambizione di capire che esperienza abbiamo vissuto, quali ferite vecchie e nuove si sono aperte e quali possibili terapie.
Grazie a Massimo Ceccanti che ha studiato seriamente la filosofia, ha letto e rivisto il testo e ha fatto il fotomontaggio Giardino della cittadinanza, gli errori naturalmente restano miei.

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5/8/2020 - 13:09

AUTORE:
Lucrezia

Ovidio Caro,

sei molto lucreziano in queste tue riflessioni filosofiche.

Prima ancora di Leopardi e di tanti filosofi moderni, Lucrezio aveva capito quanto fosse mutevole la struttura delle cose e quanto fosse inutile il tentativo dell'uomo di dominare una natura potente, indifferente ai suoi bisogni, matrigna.

In latino lo stesso verbo che indica il vedere alla forma passiva significa sembrare. Non è casuale. Lucrezio lo usa tantissime volte, a indicare che spesso quello che vediamo in realtà è solo quello che ci sembra di vedere.

Di fronte a una natura crudele e ingannevole la salvezza dipende dalla capacità di ognuno di comprendere, conoscere, distinguere. E quindi scegliere.

Lo trovo un pensiero estremamente affascinante, che può essere declinato nella realtà di tutti i giorni in modi diversi.

Magari non funziona sempre. Ma almeno ci dobbiamo provare.

4/8/2020 - 12:03

AUTORE:
Antonietta Timpano

Questo è il secondo tuo articolo sulla pandemia.

Questa è una bellissima lettera per la nostra Amica.

Lei e il logos.
Lei ha sempre cercato di capire. Ha aiutato anche me a cercare di capire. Lei ha favorito il processo del distacco da lei. Lei ha aiutato noi.

Rifletto su uno dei punti toccati nella lettera. ' Siamo tutti uguali di fronte alla pandemia'. E' vero ma nelle zone del mondo dove adesso è alto il tasso di contagi e di mortalità sono 'meno uguali' o 'più uguali', a seconda di come orienti lo sguardo e dei capi di stato che hanno. La gestione politica di una pandemia ci rende più o meno esposti.

Rifletto su un altro punto 'Il virus ci affratella' “L'affratellamento è un moto di reazione che deve partire dall'uomo come replica all'indifferenza della natura”

Mi piace. Lei mi forniva regolarmente esempi di sorellanza Le veniva naturale dare una mano.

Non a tutti viene facile. Non tutti sono portati. E' una questione di dimensione dell'Ego. Di quanto questa istanza psichica ci tiranneggi, ci renda schiavi di noi stessi. L'ego è il nostro tiranno poichè non considera l'Altro. Immersi in una dimensione egoica non ci accorgiamo di quanto l'Altro sia in relazione con noi sempre.

Partiamo da semplici gesti come quello di inviare il bene. Inviare il bene significa consegnare l'Altro ad uno spazio più ampio di me e di te, è affidarlo con fiducia nella giustezza e compassione di quello spazio che ci 'assorella' e ci 'affratella'.

Mi auguro che sia una questione di tempo. Forse è presto per aspettarsi che le qualità umane siano recuperate a livello di genere. Siamo ancora agli albori di un cambiamento delle coscienze e del sentire che, se non avverrà, rischieremo di estinguerci ancor prima che si spenga la Stella da cui dipendiamo, il Sole.

Il filosofo parlava di meditazione. Aiuterebbe a Sentire con maggiore limpidezza le cose, gli altri.

Chandra Livia Candiani, scrittrice poetessa e traduttrice di testi buddhisti “Il silenzio è cosa viva”. ne parla con semplicità, senza fronzoli tanto da fartela apparire facile. Si è detto e scritto molto sulla meditazione, anche i neuroscienziati se ne stanno occupando per osservare gli effetti che una buona meditazione opera sulla corteccia prefrontale e insulare, sul metabolismo, sulla pressione arteriosa.
Bisogna saperlo fare . Esistono varie tecniche relative ai diversi approcci religiosi, ideologici, culturali alla meditazione. Chandra aiuta a farlo nella maniera più naturale. Ci fa capire che meditare è un atteggiamento verso la vita.
Riporto un passaggio tratto dal capitolo “Imparare a tremare”del testo :

“Non voglio imparare a non avere paura, voglio imparare a tremare. Non voglio imparare a tacere, voglio assaporare il silenzio da cui ogni parola vera nasce. Non voglio imparare a non arrabbiarmi, voglio sentire il fuoco, circondarlo di trasparenza che illumini quello che gli altri mi stanno facendo e quello che posso fare io. Non voglio accettare, voglio accogliere e rispondere. Non voglio essere buona, voglio essere sveglia. Non voglio fare male, voglio dire : mi stai facendo male, smettila. Non voglio diventare migliore, voglio sorridere al mio peggio. Non voglio essere un'altra, voglio adottarmi tutta intera. Non voglio pacificare tutto, voglio esplorare la realtà anche quando fa male, voglio la verità di me. Non voglio insegnare, voglio accompagnare. Non è che voglio così, è che non posso fare altro.”

La meditazione è un'arte che va imparata e nutrita ogni giorno perchè ci accompagna a vivere l'Altro con amore, partendo da noi .
La sorellanza, l'affratellamento se non passano attraverso l'amore per l'Altro, restano obbiettivi astratti e non si fanno carne cioè esperienza.

Dice Chandra “Il mondo è pieno di persone che danno ricette per disfarsi di qualsiasi cosa ci opprima, per non sentire o entrare in un'illusione anestetizzante. La pratica della consapevolezza, invece, insegna a stare, a entrare in intimità con quello che ci accade. (....)l'intimità della meditazione è contatto con il tessuto dell'esperienza, con la percezione diretta e non mediata dai concetti di quanto accade, del suo impatto su di noi. “
Mi sembra questa una delle descrizioni più affidabili e sobrie della meditazione, di quello che dovrebbe significare meditare. Meditare ha la stessa radice di medicina, è cura e prendersi cura.

Cura di noi e cura degli altri.

Solo da qui passa la capacità di sentire le altre sorelle, gli altri vicini.

Finchè mi sentirò derisa e apostrofata perchè indosso la mascherina anche all'aperto e non mi lascio ancora abbracciare, la sensazione di uguaglianza e vicinanza agli altri esseri umani vacillerà e le ferite personali e sociali inferte dal Covid 19 resteranno aperte più a lungo di quanto sperassi.

A Lei penso, a lei dico : “La morte non esiste, figlia. La gente muore solo quando viene dimenticata-mi spiegò mia madre poco prima di andarsene .- Se saprai ricordarmi , sarò sempre con te.” Isabelle Allende- Eva Luna

Lei è con me, con noi. La sorello/fratellanza è un processo lungo. La natura è indifferente. Il virus ci può unire ma anche dividere. La comunità come unità organica è ancora un miraggio.

Questo Mio commento può apparire disorganico. Lo è. Ho scritto quello che avevo bisogno di scrivere e quello che la lettura del tuo testo mi ha suggerito. Come sempre grata.

4/8/2020 - 10:17

AUTORE:
Giuseppe

Buongiorno Ovidio. Prima che citassi il gobbetto geniale già stavo pensando a lui e alla “Ginestra”. Oltre che grande poeta è stato anche un grande filosofo. Quando sul pianeta rimarranno solo gli scarafaggi nessuno se ne preoccuperà. Della nostra arte, scienza, filosofia, delle religioni, dell'economia, di noi tutti non resterà nulla, nessuno che potrà dire comprendendo ciò che dice: "Peccato" o "Scemi"... Allora perché non iniziamo a pensare un poco di più alla "social catena" invece che solo alla "pancia piena"... Scusa il gioco fonico voluto...
Io sono al mare, in vacanza, mi sta capitando di vedere cose e sentire discorsi che a volte mi viene da dire... "Meglio gli scarafaggi", si organizzano meglio e sono più solidali anche se non lo capiscono". E queste cose le sento con la pandemia ancora non domata e col rischio di una seconda ondata (rima rapper). Penso che le cose che scrivi tu, la "social catena" discorsi sensati e che vadano nel senso di fare cambiare in meglio l'umanità vanno dette e ridette, di continuo fino alla nausea. Servirà a poco, ma almeno ci si prova.
Un abbraccio. Giuseppe

3/8/2020 - 23:12

AUTORE:
Marilena

La pandemia ci ha cambiati, non so se in meglio, forse chi già pensava che bisogna prendersi cura del mondo, combattere per il progresso sociale e l'uguaglianza, come noi, è ancora più convinto; ma dall'altra parte chi invece viveva solo per il proprio tornaconto, è tornato a comportarsi peggio di prima. Certamente hai anche ragione nel dire che siamo tutti più consapevoli della fragilità umana, e questo ci rende insicuri. Nel periodo del lockdown ho sentito l'esigenza di scrivere per combattere la paura e ho invitato alcuni amici a scambiarci le nostre poesie e racconti. Abbiamo così realizzato un'opera collettiva, questo impegno mi ha, e ci ha, aiutato molto.