L'articolo di oggi non poteva non far riferimento alla festa del SS. Crocifisso che Pontasserchio si appresta a celebrare, il 28 aprile.Da quella ricorrenza è nata la Fiera del 28, che poi da diversi anni si è trasformata in Agrifiera, pronta ad essere inaugurata il 19 aprile per aprire i battenti sabato 20.La vicenda che viene narrata, con il riferimento al miracolo del SS. Crocifisso, riguarda la diatriba sorta tra parroci per il possesso di una campana alla fine del '700, originata dalla "dismissione" delle due vecchie chiese di Vecchializia.
FINALMENTE DOMENICA!
Sabato 10 ottobre ho partecipato alla cerimonia di inaugurazione della installazione in ricordo di Antonio Tabucchi a Vecchiano. Nel mio breve intervento ho sottolineato che quei pannelli sono il frutto di un lavoro fatto insieme, un gioco di squadra, un intreccio di relazioni. Tenete a mente quest’ultima parola. Ho cercato di spiegare perché non è stato facile realizzarli, soprattutto perché siamo di fronte a un grande autore, che a chi lo ama può incutere anche un po’ di timore, sappiamo che siamo di fronte a uno dei grandi scrittori di fine secolo XX-inizio XXI, e sapevamo che era difficile darne un’idea autentica a chi osserva queste tavole.
Poi ho detto due parole sui pannelli e ne ho suggerito una lettura relazionale. Sottolineo questa espressione. Vorrei qui dichiarare il mio debito con chi mi ha suggerito tale punto di vista. Ho appena letto il bel libro di Carlo Rovelli sulla fisica dei quanti (Helgoland, Adelphi, 2020) e sul fervore intellettuale delle relazioni tra cui avanzano quelle idee all’inizio del Novecento. Ho azzardato un legame tra il modo di guardare alla realtà che questa interpretazione della natura ci suggerisce e il modo di guardare quei cinque grandi pannelli nello Spazio Tabucchi.
Non ho la pretesa di recensire un libro che ho letto in fretta e di riassumere qui una teoria complicata e per certi versi misteriosa e incomprensibile anche per lo stesso Rovelli.
Mi sembra che il punto centrale della visione quantistica che lo stesso Rovelli, come scienziato, ha contribuito a elaborare sia questo:
“Invece di vedere il mondo fisico come un insieme di oggetti con proprietà definite, la teoria dei quanti ci invita a vedere il mondo fisico come una rete di relazioni di cui gli oggetti sono i nodi” (p. 87).
Dunque, se avete tenuto a mente la parola relazioni, non vi sarà a questo punto difficile, anche senza sapere niente di fisica, pensare che la scienza oggi ci suggerisce di spostare lo sguardo dalle cose che abbiamo davanti agli occhi alle relazioni tra le cose, e ribaltare la prospettiva della realtà come fatta, prima che di oggetti, di relazioni.
Non c’è niente di male, dunque, se ieri, di fronte ai pannelli dedicati a Tabucchi, mi sono divertito a fare una specie di salto “quantico” (tanto Carlo Rovelli non legge questa rubrichetta, mentre io divoro i suoi libri e ne sarò divorato) e ho immaginato che anche quei pannelli siano “nodi” della rete delle relazioni che li hanno determinati dal momento della loro ideazione in poi e che li attraversano dal momento dell’installazione in poi. In continuo, possibile, imprevedibile allargamento di relazioni.
Certo questo non vuol dire che questo esercizio ha a che fare con la meccanica quantistica. Però è bello capire una cosa non isolandola e vedendola com’è, ma vedendola come interagisce con tutto il resto. Pensare il mondo in termini di relazioni si fa in molti ambiti, e mi ha molto sorpreso che si possa fare fino alle particelle elementari.
Un minimo aggiornato sulla lettura del mondo in termini di relazioni che la scienza ci propone, partendo dal gioco di relazioni che ha permesso che questa opera fosse realizzata, ho pensato che una valida chiave di lettura e di fruizione dell’installazione tabucchiana potesse essere proprio la rete di interazioni. E nel mio intervento mi sono sforzato di non pensare soltanto ai vari pannelli in sé come a qualcosa di reale che se ne stanno fermi di fronte a noi affiancati gli uni agli altri, e ho cercato di pensarli, questi cinque pannelli, anche come una somma che non fa soltanto cinque, ma più di cinque, come un insieme di relazioni di cui questi pannelli sono nodi, relazioni tra i pannelli e tra noi osservatori e loro. Anche perché in letteratura uno più uno non fa soltanto due. “Io e te siamo un bel trio”, diceva spesso Tabucchi con serietà. Scrivere è liberarsi a essere un io soltanto “… e tutto perché la vita non basta… vivere la mia vita è stato vivere mille vite”, come si legge in quel piccolo e commovente libro intitolato Gli ultimi tre giorni di Fernando Pessoa.
C’è un pannello che dà un’idea della vita di Tabucchi, scritta con ordine, c’è una sua fotografia con la sigaretta in mano, un’immagine di uno scrittore un po’ inquieto, che si scompone in tre fotogrammi scattati da suo figlio Michele. Il pannello con i post-it gialli fatto dagli studenti della Scuola Leopardi di Vecchiano all’inizio del laboratorio su “Tabucchi e il viaggio” è invece una biografia imprevedibile, come era Tabucchi. Su quel cartellone spicca il bigliettino con scritto “gli piaceva viaggiare”. Ma già solo per il fatto di viaggiare di continuo, spostandosi tra Vecchiano, Parigi e Lisbona, è impossibile associare la parola “ordine” alla sua vita. Questi due pannelli sono correlati tra loro e lo sono anche rispetto a quello intitolato “La vita non è in ordine alfabetico”. Tabucchi non aveva nessuna intenzione di scrivere un’autobiografia, di mettere la propria vita in ordine alfabetico, come potrebbe sembrare osservando il primo pannello, perché la vita non è così, “appare… un po’ qua e un po’ là, come meglio crede, sono briciole, il problema è raccoglierle dopo”, come fa dire al suo Tristano in quel romanzo difficile che si chiama Tristano muore.
Tralascio le correlazioni tra i baffi e gli occhiali rotondi che lo portano a somigliare a Pessoa, che compare in un pannello in forma di statuetta. L’incontro con questo poeta è fondamentale per capire l’opera e la vita di Tabucchi. La piccola figura di Pessoa è stata brillantemente fotografata da Fabrizio Sbrana. Uso l’avverbio “brillantemente” perché è un perfetto contro sole, sarebbe bello scrivere una rubrica intera su come andò che Fabrizio, fotoreporter di professione, trovò un’idea davvero strana di fotografare la piccola figura di Pessoa, che però rendeva molto bene cosa volevamo raccontare, e grande fu la mia sorpresa quando la vidi rielaborata da Nella De Angeli, che ha curato la post produzione dell’installazione.
Nel pannello centrale c’è ancora una foto di Fabrizio Sbrana scattata a Marina di Vecchiano che raggiungemmo con la vecchia jeep di Fabrizio, e anche qui ci sarebbe da raccontare come fu fatta e come all’orizzonte comparve anche una vela, ma questa è un’altra storia. Qui dico soltanto quello che mi hanno detto tutti quelli che l’hanno vista: è bellissima. C’è molta luce, c’è aria. In primo piano si vede un tronco con alcuni suoi libri sopra, l’atmosfera è calma. E le correlazioni? Be’, se partissi da quella mattina all’Oasi Marco Polo, dove andammo a fare le fotografie, mi perderei subito a raccontare l’impianto di raffreddamento artigianale con cui mi divertivo sulla jeep: un piccolo verntilatore applicato sul cruscotto. Rimaniamo su Tabucchi, che scriveva pagine piene di luce portoghese, “Lisbona sfavillava”, sostiene Pereira rinfrescato da un ventilatore "asmatico", ma evocava anche atmosfere luminose tutte italiane. Come per ribaltare l’atmosfera di calma e passatempo, emerge dal mare il suo canone di letteratura, prima appare come un’increspatura delle onde, dopo aver letto la frase sulla sua idea di letteratura in quella increspatura ci vediamo uno tsunami.
Insomma, i pannelli di questa mostra che chiamiamo installazione perché ci starà un po’ di tempo nello Spazio Culturale Tabucchi di Vecchiano (fermatevi al parcheggio della farmacia, se venite dalla provinciale) possono servire come una sorta di allenamento a intraprendere letture relazionali della realtà come propone la scienza, intravedere la rete di interazioni che sottende i vari pannelli e cercare il piacere di conoscere.
Ognuno di noi, dopo aver guardato l’opera e averne tentato una lettura relazionale, si porta a casa qualcosa di suo, e magari si fa subito il regalo di leggere o rileggere un libro di Tabucchi o di farlo leggere ai suoi figli, ai suoi amici, così le relazioni continuano e si allargano.