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L'articolo di oggi non poteva non far riferimento alla festa del SS. Crocifisso che Pontasserchio si appresta a celebrare, il 28 aprile.Da quella ricorrenza è nata la Fiera del 28, che poi da diversi anni si è trasformata in Agrifiera, pronta ad essere inaugurata il 19 aprile per aprire i battenti sabato 20.La vicenda che viene narrata, con il riferimento al miracolo del SS. Crocifisso, riguarda la diatriba sorta tra parroci per il possesso di una campana alla fine del '700, originata dalla "dismissione" delle due vecchie chiese di Vecchializia. 

. . . non discuto. Voi riformisti fate il vostro cammino .....
. . . l'area di centro. Vero!
Succede quando alla .....
. . . ipotetica, assurda e illogica. L'unica cosa .....
. . . leggo:
Bardi (c. d) 56% e rotti
Marrese ( c. .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Di Gavia
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di Michelle Rose Reardon a cura di Giampiero Mazzini
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di Mollica's
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Di Siciliainprogress
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Se oltre a combattere
quotidianamente
Con mille problematiche
legate alla salute
al reddito
al lavoro
alla burocrazia
al ladrocinio
alla frode
alla .....
Oggi è venuto a mancare all’affetto di tutti coloro che lo conoscevano Renato Moncini, disegnatore della Nasa , pittore e artista per passione. .....
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Da “I racconti del Fosso”, di Luciano Bacci: La serenata (1810)

15/10/2020 - 16:52


 
Dal 1989 al 1991 Luciano Bacci si dedica alla raccolta di materiali storici e linguistici per la redazione di novelle, con l’intento di presentarle in occasione di "piccoli intrattenimenti". I testi, che abbracciano il settecento, l’ottocento e il novecento, vanno alle stampe nel 1991 col titolo "I racconti del fosso".
Ho avuto la fortuna di essere stato per molti anni nello stesso ufficio di Luciano, nella biglietteria della stazione di Pisa Cle. Vi fu da subito una forte simpatia fra noi, sia per il modo di vedere il lavoro, sia per come trattare l'utenza e sia per la stessa voglia di scrivere in vernacolo e poi la famosa "a pelle". Luciano (non sono certo parole di circostanza) era una persona speciale: gentile, educato, di carattere aperto, altruista e... simpatico anche nel modo di parlare. Quando arrivava in servizio, e quando se ne andava, sempre in divisa completa di camicia e cravatta, aveva sempre lo stesso modo di salutare: "Ciao bimbi!" e lo diceva con un tono così dolce da farlo sembrare effeminato. Poi venni a sapere del perché di quel saluto: aveva in casa una mamma, una moglie, una suocera e due figlie e quindi... Mi pento di non essere stato mai a trovare la sua famiglia che avevo avuto modo di conoscere in più occasioni, ma non ce la facevo, soffrivo per la sua mancanza molto di più che fosse un parente e allora, come ora, dicevo e dico rivolto al Fosso: "Ciao bimbo".

 

Questo era il mio commento ad un articolo apparso sulla Voce il 29 marzo 2011 e che ora sento mio ancor di più.

 

La serenata.

 

Dal "Registro di stato anime della cura di Bagni"  del prete Jacopo Nanni 1810.


“Locanda Crecchi - Casa 37
- Teresa Crecchi, vedova, anni 44
- Maria, figliola nubile, di anni 19
- Gigi Ciolini, coco, di anni 48"


Neri, quel poveraccio, faceva il vetturino coi cavalli del babbo.
Per convincere Teresa a dargli la figliola, aveva messo  in moto l’universo. Teresa non voleva in punti modi. Allora andò sul... tenero: provò col mandolino.
Quella sera, uscì in punta di piedi dall’uscio dietro casa che dava nella chiostra ampia, ombreggiata, della trattoria della spietata suocera. S’era fatto prestare lo strumento da "Gigino il Ciolini" e, a mezzanotte in punto, confuse i primi accordi, sommessi, quasi fiochi, col battito dell’ore del Casino. Per un bel po’, continuò in sordina... poi accennò, ma tutto sottovoce, a uno stornello antico e... sempre nuovo:
"Affacciati alla finestra
bella amorosa...
Io t’amo e  se tu m’ami
butta una rosa..."
Ma la rosa nessuno la buttava.
Neri guidava, è vero, la vettura ma, dentro, aveva un mondo tutto suo di profondo sentire, rinchiuso strinto, a chiave, che nessuno poteva immaginare, specie quando, a cassetta colla frusta, smoccolava per dieci.
Ora invece, con le sue dita tozze, riusciva a far nascer dalle corde armonie raffinate.
Nella notte serena di settembre, coll’odor d’uva fragola lì accanto, davanti alla finestra di Maria, scivolò poco a poco in un assolo fatto di quel sentire più nascosto, di parole cantate ad uno specchio come per risentir quant’eran belle, che impressione facessero al suo orecchio, ch’era l’effetto poi, secondo lui, che dovevano fare alla ragazza.
Si sedette vicino a un tavolino per pensar più profondo e dal pensar sofferto intensamente, passò ben presto al sogno e alla visione...
Nel frinire dell’ultime cicale, nel gracidare dei ranocchi in Fosso, nel buio della chiostra di Teresa, volle vedere quello che vedeva tutte le notti, steso sul saccone, prima d’addormentarsi.
Il gatto nero della trattoria gli passò tra le gambe e con la coda gli accarezzò uno stinco; non se n’accorse. Continuò a suonare il mandolino, estasiato dal suo stesso sentire la struggente dolcezza che lo invadeva tutto...
Vide Maria scendere le scale e apparire sull’uscio col vestito incignato per Pasqua e con in mano una gran rosa rossa che sprizzava scintille... Vide che lui s’alzava dalla panca, posava il mandolino in qualche posto e, nel riflesso della rosa rossa, si puliva le labbra alla camicia preparandosi al bacio...
Vide avanzar Maria, che sorrideva, quasi danzando e avvicinarsi a lui, poggiare sul suo petto la testa profumata di gaggia, in morbido abbandono...
Ad occhi chiusi, strimpellò pin forte.
E vide la Teresa alla finestra che sorrideva tutta compiaciuta, gongolando di gioia, per l’... affare concluso...
E vide "’r sor Priore", colla pianeta a fiori delle feste, benedire due sposi... e poi, vide il suo "legno", lucidato a dovere, con due cavalli bianchi e... tanto riso...
E suonava e cantava la sua gioia sempre più forte, sempre più deciso, dimentico di tutto...:
"... Buttamela ’n sur petto,
piccina o grossa,
basta pero che tu
la butti rossa...!"
E rivide Teresa alla Finestra!
Lei non rideva più ma, spettinata, con gli occhi stralunati per il sonno, rossa di rabbia e con un vaso in mano, di quelli bianchi con il rigo azzurro che si tengon la notte sotto il letto, lo cercava nell’ombra.
Si stagliava nel buio, illuminata da una candela sopra il davanzale come l’antico spettro d’un castello. Gridò qualcosa tutta imbestialita, un "delinguente! Vattene cretino!" o qualcosa così...
Neri non ebbe il tempo di... frenare le corde traditore, né la sua voce, perché ormai la foga lo trasportava in una corsa pazza; non sapeva se il sogno andava avanti o se Teresa era in carne ed ossa come quando allungava le labbrate per veder se la figlia desisteva dal dir che Neri era lo sposo adatto.
Vide il pitale volteggiar nell’aria e un qualcosa di lucido ed acquoso venirne  fuori e piovere dall’alto in uno sfavillio di schizzi gialli. 
Quando arrivò lo scroscio, tutto insieme, lui era lì, col mandolino in mano, con le palle degli occhi rovesciate e le labbra dischiuse in un sospiro di fremente passione.
Troncò così la bella serenata con un "oh!" di rabbioso sbigottio.
Sentì che la finestra si chiudeva con uno schianto e un tremolar di vetri e il gridar della belva inferocita: — “Te la do io la rosa, brutto scemo...!!!”
Il sogno era finito per davvero! Era  finito in modo alquanto brusco, anzi..bagnato e Neri, vetturino in calore, poveraccio! quando lo raccontò ai Bagnaioli si sentì dire tra un sorriso e un lazzo:
 “Forse ’antasti male vella notte... Facesti piove’ subito, ’oglione...!!!

 

Però, "sposonno e vissero felici...".
 

Fonte: la foto è di un secolo dopo la storia di Neri e Maria.
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