L'analisi del nuovo articolo di Franco Gabbani si sposta questa volta nel mondo di un associazionismo antesignano, le confraternite, necessarie per togliere dall'isolamento e dal mutismo le popolazioni delle campagne, anche se basate esclusivamente sui pricipi della religione.
E d'altra parte, le confraternite, sia pur "laiche", erano sottoposte alla guida del parroco.Sono state comunque i primi strumenti non solo di carità per i più bisognosi, ma soprattutto le prime esperienze di protezione sociale verso contadini ed operai.
Nelle ultime settimane, partendo dal discorso del 700° anniversario dalla morte di Dante e delle connessioni con il nostro territorio, abbiamo pubblicato due articoli che hanno incontrato un notevole interesse e dibattito.
Abbiamo allora pensato di creare una nuova rubrica, intitolata "Dante, una terzina per volta", che non poteva non essere affidata che a Stefano Benedetti, intervenuto anche in precedenza, profondo conoscitore della materia dantesca.
La rubrica Dantesca solo per questa prima uscita viene ospitata in Cronache, ma dalla seconda comparirà tra le rubriche.
Lo scopo e’ parlare di Dante e non solo nell’anno 700esimo, ma lo faremo con la stessa continuità con cui lo abbiamo fatto prima e senza badare ad anniversari.
E lo facciamo alla nostra maniera, un po’ provocatoria, un po’ accattivante e un po’ scanzonata.
Nel modo in cui si intende destare un dibattito con voi lettori, un dialogo aperto.
A noi non ci interessa saperla a mente o saperla leggere, la Commedia, a noi interessa capirla, oltre che amarla.
La foto che accompagna la rubrica è di un dipinto di Cristofano Dell'Altissimo, valente ritrattista del '500.
Ancora un ringraziamento a Stefano per il grande impegno
NEL MEZZO DEL CAMMIN DELLA MIA VITA
MI RITROVAI PER UNA SELVA OSCURA
CHE LA DIRITTA VIA AVEVO SMARRITA. (Inf. I, 1-3)
Eccola! Riconoscete questa terzina?
Si? Ne siete sicuri/e?
Attenzione e’ come si dice oggi in inglese un “fake”!
Sembra apparentemente Dante, l’originale, ma invece non lo è per niente. Sembra a prima vista la prima terzina, che e’ il più bell’incipit di tutta la letteratura mondiale, ma non lo e’.
Osservate bene, nel primo verso c’è un “mia vita” al posto di un “nostra vita”, e nel terzo endecasillabo c’è un “avevo smarrita” al posto di un “era smarrita”!
Quindi uno scherzo che magari qualcuno di voi apparentemente ci e’ caduto.
Si, vero, un fake, una bufala.
Ma paradossalmente il senso di questa terzina e’ quello che “passa” dalla lettura diciamo “profana” del verso.
Ovvero e’ il reale significato che la scuola, il comune lettore di Dante, la stragrande maggioranza della critica anche, attribuisce alla mirabile terzina.
Ovvero la favoletta che Dante nel momento in questione aveva 35 anni e che quindi si trovava appunto in quella selva, e che si era “lui” smarrito nel mezzo del cammin della “sua” vita.
Ma guardate un po’! Tutto tornerebbe con quel cambio di parole.
Ma allora mi viene da chiedermi, ma perché il Sommo invece usa “nostra” e “era” che danno un taglio completamente diverso al verso e di conseguenza ne alterano completamente il nostro significato?
Mah. Ci sarà un motivo, secondo me.
Un po’ più complesso, più nascosto diciamo.
Mi sembra assai riduttivo che Dante, all’inizio della più grande opera umana e non solo, ci fornisca le proprie credenziali anagrafiche, non vi pare un po’ strano anche a voi, neanche fosse Marina Ripa di Meana, nei Miei primi 40 anni (ahi di lei libro), neanche lo avessero fermato i Carabinieri per la via di Pisa, chiedendogli di fornire le sue generalità!
Secondo me il senso e il motivo di questo verso meritano uno scenario interpretativo oltre che più ampio, anche più degno e consono.
Cosa ne pensate?
Stefano Benedetti