L'analisi del nuovo articolo di Franco Gabbani si sposta questa volta nel mondo di un associazionismo antesignano, le confraternite, necessarie per togliere dall'isolamento e dal mutismo le popolazioni delle campagne, anche se basate esclusivamente sui pricipi della religione.
E d'altra parte, le confraternite, sia pur "laiche", erano sottoposte alla guida del parroco.Sono state comunque i primi strumenti non solo di carità per i più bisognosi, ma soprattutto le prime esperienze di protezione sociale verso contadini ed operai.
Storia di un viareggino dell’800
Giorni fa, in casa di un mio amico collezionista di bellissimi quadri e rarità letterarie, ho scovato un vecchio numero della rivista "Viareggio ieri", purtroppo non più edita, in cui appariva un articolo di Enrico Tomei sulla storia vera di un viareggino dell’800.
Una storia cosi curiosa e singolare che vorrei riproporla ai lettori del Tirreno (leggi della Voce del Serchio) che non dovessero conoscerla.
Giuseppe Carnevali, questo e il nome del protagonista, nasce a Viareggio nel 1825, diventa marinaio e gira il mondo. Fin qui nulla di strano. Verso i venticinque anni s’imbarca su un clipper, grande veliero adibito al trasporto merci sulle rotte oceaniche, che batteva bandiera americana. Dopo uno scalo a Buenos Aires e dopo aver superato Capo Horn, l’imbarcazione fa rotta verso l’Australia. Quando sono in mezzo all’Oceano Pacifico, a bordo si accorgono che tanto Pacifico non è, incocciano in una tempesta che manda a fondo il poderoso clipper con tutto l’equipaggio. Resta a galla solo il nostro viareggino che, fortunosamente arrampicatosi su un grosso tavolone, va alla deriva.
Quando ormai il sole, la sete e la fame sembrano averla avuta vinta, Giuseppe viene trovato da alcuni pescatori che, con una primitiva imbarcazione, lo portano nella loro isola e lo curano amorevolmente. Il posto, brullo e scosceso, è l’isola di Pasqua, su cui sbarcò per la prima volta proprio il giorno di Pasqua del 1722 l’olandese Roggeveen: ora è famosa per i moai, misteriosi totem megalitici testimoni di una lontana civiltà.
Questo puntino in mezzo all’oceano, sotto sovranità cilena, veniva raggiunto una volta all’anno da un veliero che ripartiva subito. Qualche mese dopo il naufragio Giuseppe, vestito approssimativamente come gli isolani che lo salutarono commossi, si imbarcò per il Cile. Per qualche mese rimase nella città di Valparaíso adattandosi ai mestieri più umili per sopravvivere, poi, stanco di quella vita grama, rimontò sul solito veliero
e tornò nell’isola, questa volta per restarci. Si unì con una fanciulla ed ebbe molti figli e nipoti, che ereditarono il nome Cardinali oltre a quello di Viareggio rimasto nella memoria comune.
Nel 1980 questi nomi costituirono una gran sorpresa per un antropologo americano, che in seguito venne a Viareggio e riuscì a collocare cronologicamente il Carnevali e la sua vicenda.
Non so se il nostro eroe fu veramente un eroe. Certamente fu coraggioso, fortunato, portato all’avventura, capace di dare un taglio netto ai legami con la nostra civiltà. Fra le tante motivazioni che lo spinsero, credo che non ultima fu la memoria di una bella isolana dalla pelle bruna e non troppo vestita.
Tratto da “Viareggio bella fata…” Raccolta di articoli da “Il Tirreno” di Aldo Leonardini, Pezzini edit. 2009
Prendo l’occasione dalla nostra Pasqua che viviamo senza mare e senza isola, ma isolati lo stesso, per raccontarvi un’altra storia di un migliarinese che ha girato il mondo.
Lavoravo per il Ministero del Commercio estero come responsabile dell’impianto elettrico nel salone italiano delle fiere internazionali e venivo sballottato in giro per il mondo, “lavoro” che durò dal 1963 al 1971. Durante la fiera di Santiago fui invitato a pranzo da una ragazza cilena e nelle prenotazioni dissi educatamente “encantado, Umberto” alla madre e “piacere Micheletti” al padre che rispose: “piacere Guidi”.
Dopo tanto girare avevo messo a fuoco la fisionomia delle persone e raramente sbagliavo nazionalità. L’uomo era un lucchese, marinaio, che aveva trovato l’amore in quel paese con una bella dalla pelle bruna, anche se non isolana.
Voglio rovinarmi la nottata strangolandomi con i ricordi e aggiungere un altro ancor più insolito incontro. La squadra dell’Italia doveva solamente allestire il padiglione nazionale e ripartire, ma quella volta, a Bogotà, mi lasciarono come rappresentante per la durata della fiera.
Festa della giornata dedicata alla Germania, tutte le nazioni partecipanti, un annunciatore mi presenta e un tedesco dice che non ero il solo italiano, ce ne era un altro nel padiglione argentino.
A me la cosa fece poco effetto, ma per gli altri era una strana coincidenza che si accrebbe con le presentazioni: piacere Micheletti, piacere Banti, dove abiti, a Pisa, anch’io (mormorio di sorpresa) e io azzardo “a dir la verità a Migliarino e lui a dire il vero io a Nodica e a Migliarino ho un cugino, Lino Magli!
La sala esultava e giù bicchieri e abbracci fino a notte fonda.
Tutto il mondo è paese!