Il mese scorso è stato presentato un nuovo libro pubblicato dall'Editore MdS, "Il coraggio tra i fiori di ortica", un'opera intensa e profonda cheracconta l'infanzia non solo nella sua dimensione più luminosa, ma anche nelle sue ombre, fatta di giochi e risate, ma anche nelle sue ombre, tra segreti, paure, abusi e battaglie quotidiane che i più piccoli affrontano con straordinaria forza.
Un libro che ci ha subito colpito e per il quale si preannunciava un sicuro interessamento e successo a livello nazionale.
“L’incendio suo seguiva ogne scintilla;
ed eran tante, che ’l numero loro
più che ’l doppiar de li scacchi s’inmilla.”
(Par. XXVIII, 91-93)
S'inmilla?
Siamo Paradiso e Dante (ancora insieme, ma per poco alla Sua Amata Beatrice) attraversa il primo cielo mobile e avvicinandosi a Dio trova ovunque angeli e "tenta" di definirne, di dircene il numero, di dirci quanti sono. E lo fa alla sua maniera.
Con questa terzina il poeta allude chiaramente alla leggenda orientale di Sissa Nassir, l'inventore degli scacchi per conto del Re di Persia, che quando quest'ultimo gli chiese cosa dargli in ricompensa per aver inventato il gioco, egli, argutamente, rispose che si "sarebbe accontentato" di qualche chicco di riso appoggiato sopra la scacchiera. E precisamente uno, sul primo quadrato, due sul secondo, quattro (sempre il doppio) sul terzo e così via a "raddoppiare" fino al 64esimo quadrato della scacchiera.
Il Re sulle prime acconsente, (spesso i potenti lo fanno) ma poi, fatti i calcoli, resta più che sorpreso e ci ripensa, perché quella che a prima vista sembra una manciata di riso invece equivale a una quantità di chicchi capace di coprire all'incirca tutta la superficie del globo terrestre oceani compresi.
Qui Dante per dirci il numero di questi angeli usa appunto “inmilla” e come sempre ha fatto sì che scendessero fiumi di inchiostro e di pagine nei settecento anni e passa successivi a commentare questo verbo “inmillare" non proprio chiaro.
Se avesse voluto, Dante, (senza farci perdere troppo tempo) avrebbe potuto usare la parolina "infinito", ma non lo fa.
La profonda costruzione geometrico/matematica dell'Aldilà dantesco, conserva fino in fondo caratteristiche numeriche che rendono "possibile", ovvero numerabile, contabile, la sua struttura fisica.
Tutto è governato da una legge misurabile e non "inmisurabile", tutto il Creato è dentro una logica chiara filosofico/matematica.
Tutto a parte Dio!
Il Creatore, è a lui che Dante invece riserva parole e poesia tutt'altro che numeriche e "finite" ma infinite e non comprensibili dal modesto nostro intelletto umano al Suo confronto.
Ma per restare alla mera poesia, ai meri versi, a Dante, per meravigliarci, ogni momento della sua Arte, basta chiudere gli occhi, pensare, riaprirli e sospettare che Dante, abbia magari un giorno giocato a scacchi con Dio.
Non so dirvi se abbia perso.