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L'articolo di oggi non poteva non far riferimento alla festa del SS. Crocifisso che Pontasserchio si appresta a celebrare, il 28 aprile.Da quella ricorrenza è nata la Fiera del 28, che poi da diversi anni si è trasformata in Agrifiera, pronta ad essere inaugurata il 19 aprile per aprire i battenti sabato 20.La vicenda che viene narrata, con il riferimento al miracolo del SS. Crocifisso, riguarda la diatriba sorta tra parroci per il possesso di una campana alla fine del '700, originata dalla "dismissione" delle due vecchie chiese di Vecchializia. 

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Lei non è "abbastanzina informato" si informi chi .....
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per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Colori u n altra rosa
Una altra primavera
Per ringraziarti amore
Compagna di una vita
Un fiore dal Cielo

Aspetto ogni sera
I l tuo ritorno a casa
Per .....
Oggi è venuto a mancare all’affetto di tutti coloro che lo conoscevano Renato Moncini, disegnatore della Nasa , pittore e artista per passione. .....
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Intervista ad un medico in trincea: Paolo Stefani
di Gabriele Santoni

22/5/2021 - 22:49

 

Paolo Stefani, “il dottore” . Lo conosco da più di trent’anni. E’ il mio medico di famiglia. Fummo eletti nelle liste del PCI alle amministrative del 1990 al comune di San Giuliano Terme. Lui fu una conferma, io la novità. Era il tempo dei mondiali e delle notti magiche con Baggio e Schillaci, che guardavamo fra una riunione e l’altra in attesa del varo della giunta di Corrado Rossi. Il PCI, trasformatosi in seguito in PdS e RC,  aveva preso 15 consiglieri su 30.


In quei banchi al comune siamo stati sempre accanto. Abbiamo chiacchierato di tutto e dispensato battute fulminanti alle minoranze e non solo, che potremmo scriverci un libro. Era un gran suggeritore. Io facevo il Capo-gruppo.


Misurava la pressione a tutti, anche agli avversari politici. E prescriveva medicinali. Teneva a bada l’ansia della politica.


Quando alla fine della legislatura partì il percorso per la scelta del nuovo Sindaco, ci parlammo. Sapevo che anche lui come me era fra i papabili. Mi disse- Tocca a te. Io faccio il medico, che mi riesce bene. - Lo denominai “il Medico del Regime”. L’ho disturbato mille volte, anche di notte per un foruncolo. Aveva, e continua ad avere, nervi d’acciaio e un disincanto che ammalia. Ci parlavo e “guarivo”. Lo stesso succede anche ora che ho imboccato il sentiero dell’anzianità. Si vanta di aver migliorato la mia ansia, è vero.


Ho fatto con lui centinaia di cene, giocato a calcetto e condiviso il mare per un po’ di anni.


Figlio d’arte, suo padre era Ivo, medico comunista stimato da tutti, curava gratis i braccianti del Salviati.

 

Ha un difetto, è astemio ma a casa sua ho bevuto whiskey eccellenti.


Lo incontro per ragionare di questa fase difficile. “Virus e trincea”.
-Mi racconti al volo come sei arrivato a scegliere di fare il medico?
Ho fatto il liceo scientifico. Ero un anno anticipato. Studiavo bene, come si dice dalle nostre parti. Ero indeciso fra Medicina e Ingegneria


-Ingegneria? - dico - non ti ci vedo


Ride- Amico, io facevo i problemi a mente. Forse se avessi fatto l’ingegnere oggi sarei ricco. A fare il medico di base, si vive dignitosamente, ci mancherebbe. Si mette insieme pane, companatico e ti levi qualche voglia, ma i soldi non si ammucchiano. Non mi pento però e ti dico che le soddisfazioni sono altre. Operare nella medicina generale di base è per me il lavoro più bello del mondo. I contatti sono veri e capisci al volo il cambiamento del mondo. La base della medicina di famiglia è la relazione con il nucleo familiare, ed è la continua ricerca di orientare i pazienti verso la strada migliore. ll nodo centrale è il “contratto terapeutico”. Questo permette all’assistito di scegliere fra le opzioni che gli vengono proposte.


-Il medico di base deve essere anche psicologo.


Siamo più di uno psicologo perché si accompagnano le persone nel corso della loro esistenza, prendendoci cura della loro salute, nelle diverse fasi della vita stessa. Se il mio ruolo è quello che ti ho detto, dico ai miei pazienti e non solo: Vaccinatevi!


-Aspetta, andiamo per gradi.  Raccontami qualcosa che possa definirti meglio e ti faccia “entrare nella parte”.


Da tempo come sai mi occupo di organizzare i medici di base. Insomma, di questioni di organizzazione sindacale ecc. Una volta eravamo ad una tavola rotando in sei o sette medici, c’era anche il direttore del CNR di Pisa e qualche straniero, ognuno dei quali prima di affrontare l’argomento trattato doveva fare una piccola presentazione di quello che era nel mondo della medicina. Il cardiologo fece la sua parte e così gli altri, la pediatra ecc. Quando toccò a me dissi in perfetto inglese come era stato chiesto di esprimerci-  Good morning. I am Paolo Stefani, “country doctor- Mi guardarono come se li prendessi in giro, ma in realtà avevo scelto scientemente e con orgoglio la denominazione che meglio mi qualificava: Medico di campagna, quello che ero davvero.


Avendo ormai più di 60 anni tutti e due, ricordiamo insieme le figure dei medici di quando eravamo ragazzi. Professionisti che facevano tutto. Dal togliere un dente, alla riduzione di una lussazione. Eroi.


Stefani continua- La medicina del territorio deve fare uno scatto di qualità. I medici di famiglia hanno bisogno di maggiori risorse.


-Ma secondo te si è capito? - gli dico


Lo diciamo da decenni, ma nella pratica non si fanno grandi passi avanti. Il numero di infermieri sul territorio è irrisorio rispetto ai bisogni. Forse questa tragedia del virus qualcosa smuoverà, speriamo.


-Come sei arrivato sul territorio? Raccontami.


Mi sono laureato a 24 anni con centodieci e lode. La mia passione iniziale è stata la chirurgia polmonare e toracica. A 27 anni da specializzando ero responsabile della circolazione extracorporea dell’ospedale di Santa Chiara a Pisa. Sono stato anche mandato a Parigi a studiare una macchina sperimentale. Vengo però messo davanti ad un bivio. Quando mi stava arrivando il posto in ospedale, mio padre che era medico di famiglia, con la riforma sanitaria, lasciava 1200 pazienti. Un tempo i medici avevano un numero altissimo di pazienti. La riforma indicò di non averne più di 1500. Non ebbi dubbi, lasciai l’ospedale e mi occupai di quei pazienti lasciati da mio padre. Avevo chiaro che il lavoro in ospedale non mi avrebbe dato le soddisfazioni che mi ha dato quello sul territorio, soprattutto nel rapporto con la gente.


-Cosa è cambiato nella medicina di base, dai tempi dei medici come tuo padre ad oggi?


Oggi si ragiona in termini di lavoro collettivo, un tempo il medico era un individualista. La medicina di gruppo può offrire più competenze e servizi.


-Quanto ha influito l’esplosione dei social. E come la giudichi?


È stato un danno- risponde secco


-Si può dire che la Rete produce problemi?


Quando si va in rete e si pensa di curarsi da soli direi di sì. Il paziente invece come ho già detto, deve rispondere al contratto terapeutico. E deve esserci fiducia reciproca medico/paziente, che è fondamentale nel corso di una vita. Senza quella il medico rimane un distributore di certificati e medicine.


-Parlami un po’ della tua formazione.


Politicamente è semplice. Sono nato in una famiglia comunista. Mio padre medico, ha fatto più volte l’assessore alla sanità. Mi sono iscritto al PCI a diciotto anni. Nel 1985 mi fu proposta la candidatura alle elezioni amministrative. Allora era difficile dire di no al Partito. Ti chiamavano e ti dicevano- Ti devi candidare- la medicina però è sempre rimasta il mio primo interesse. Ho fatto politica con spirito di servizio, senza mai pensare ad una carriera.


-Sei stato anche uomo di sport.


- Questa è la ragione perché per un paio d’anni ho fatto l’assessore, proprio allo sport. Ho giocato a pallavolo in Lega Uisp e in seguito ho fatto l’arbitro.


-Ma torniamo alla medicina.


Fino al ’93 (avevo quarant’anni), ho fatto il semplice medico di famiglia. La finanziaria Amato di quegli anni fece ritrovare i medici di base in un’assemblea della FIMMG. Si discuteva la proposta dell’uscita dal Sistema Sanitario Nazionale per i cittadini che avessero un reddito superiore a 30 milioni. Intervenni e li trattai male, spiegando loro che era un errore e che il SSN doveva essere la bussola a cui tutti dovevano attenersi. Dal ‘93 sono in quella dirigenza. Adesso rappresento sindacalmente 160 medici di base. Il coordinamento di San Giuliano Terme e Vecchiano. Ho avuto anche incarichi all’Università e sono in una serie di commissioni.


-Come giudichi la nuova generazione dei medici che prenderà il posto della tua generazione?


Il livello è medio alto. E fare il tirocinio è una cosa ottima.


-Veniamo al Covid, questo flagello che ci ha trovati impreparati. E soprattutto i vaccini, mi pare sia scattata una fobia che non è giustificata, se non dall’ignoranza che genera paura.


Stira la faccia- Ti racconto un aneddoto. Il primo maggio mi sono alzato alle sette, sono andato alla Pubblica Assistenza a Metato, al mio ambulatorio, ho aperto e preparato i vaccini. Ho stampato la lista con i nomi e vaccinato 12 persone. Alle dieci ho chiuso. Tutto da solo. È grazie ai medici di base che la campagna vaccinale va forte. Nelle nostre zone abbiamo vaccinato il 95% degli ultraottantenni.  La medicina generale di base è capace di fare cose eccellenti con poche risorse a differenza del resto. Sul Covid ti dico quello che già ho detto. Il contratto terapeutico medico/paziente è la bussola. La medicina generale nei momenti drammatici è stata l’unico sportello di aiuto, anche solo per telefono abbiamo risolto tante situazioni critiche. Molti medici hanno rischiato il burn out. Aggiungo però una nota lieta.  Questa fase drammatica ha cementato la fratellanza fra colleghi. Oggi fra di noi c’è maggiore fiducia e reale capacità d’aiuto alle persone. Ci sono colleghi che sarebbero potuti andare in pensione e non l’hanno fatto perché non se la sono sentita di abbandonare la trincea in un momento così delicato e complicato.


Che ruolo hanno avuto le associazioni di volontariato?


Molto importante. Sia per le vaccinazioni che per il ruolo dei volontari, che sono complementari al sistema messo in piedi. Un esempio è stato il punto tamponi messo in piedi a Pontasserchio grazie alla Croce Rossa e la Protezione Civile.  Ma anche il centro della Pubblica Assistenza di Metato è un luogo strategico. Se ce n’era bisogno il Covid ha messo a nudo e smascherato una volta per tutte che l’Italia “ha mille sanità”. È emerso come i presìdi di base siano stati fondamentali e là dove funzionavano si siano evitati gli assalti ai Pronto Soccorso degli ospedali, come è accaduto in certe regioni. Il mio auspicio è che la sanità pubblica diffusa sul territorio, diventi il modello per tutta l’Italia.


-Perché questa paura nei confronti dei vaccini?


Sia chiaro, i vaccini hanno la pericolosità di qualunque farmaco. Ma va anche ricordato che tutto è relativo e che la cardioaspirina e il viagra hanno un profilo di pericolosità maggiore.


-Cosa fa il medico, stanco da un anno di trincea che ha visto situazioni gravi e anche qualche decesso, che sente rifiutare la vaccinazione proposta ad un paziente?


Bisogna far capire che l’assunzione del vaccino è meno pericolosa di un bagno al mare fuori stagione o un viaggio in autostrada. I vaccini antinfluenzali hanno la stessa pericolosità. Spesso gli esempi semplici aiutano. Pensa che la notizia del sanguinamento gastrico a causa dell’aspirina è routinario e non attira l’attenzione dei media, mentre le 25 trombosi gravi su 25 milioni di vaccini, una su un milione, invadono giornali televisioni e soprattutto il web, scatenando il panico.


-E sui provvedimenti? Aperture sì, aperture no. Orari. Colori delle regioni?


Non vorrei essere nei panni di chi li deve prendere, perché se chi decide ha indovinato lo vedremo fra mesi. La verità è che siamo arrivati al punto grave fra il morire di malattia e l’affamarsi e qui deve entrare in campo la Politica con provvedimenti includenti. Insomma va deciso chi paga la crisi. E io penso che i soldi vadano presi dove sono.


-Fra quanto usciamo da questo delirio?


A breve dai grandi numeri, se le vaccinazioni si completano, ma bisognerà imparare a convivere con una situazione che obbligherà ad avere richiami vaccinali. Sia chiaro, o vacciniamo il mondo o non se ne esce. Le varianti prodotte fuori dall’Europa si ripresenteranno.

“Nessuno si salva da solo”!


Madonna dell’Acqua 11 maggio 2021
 
 
 
 



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25/5/2021 - 22:05

AUTORE:
Daniela

Per me Paolo, che sicuramente è un ottimo medico, resterà sempre il figlio del " dottore". Per la mia famiglia di origine ma per tutta la nostra comunità il dottor Ivo Stefani è stato un punto di riferimento, dotato di grande umanità e con un impegno civile unico . Quando non c'era la mutua e le medicine si pagavano lui le regalava a chi aveva bisogno . Allo stesso tempo era il terrore dei vagabondi...mitico lo sguardo inceneritore quando arrivava in ambulatorio e la frase" Andate a lavorare. ". Non credo abbia mai fatto un certificato compiacente . Mi manca tanto .