L'analisi del nuovo articolo di Franco Gabbani si sposta questa volta nel mondo di un associazionismo antesignano, le confraternite, necessarie per togliere dall'isolamento e dal mutismo le popolazioni delle campagne, anche se basate esclusivamente sui pricipi della religione.
E d'altra parte, le confraternite, sia pur "laiche", erano sottoposte alla guida del parroco.Sono state comunque i primi strumenti non solo di carità per i più bisognosi, ma soprattutto le prime esperienze di protezione sociale verso contadini ed operai.
LE NOSTRE STORIE E GLI ARCHIVI DELLA STORIA
di Franco Gabbani e Sandro Petri
All'interno di questa rubrica abbiamo sempre ospitato temi non di attualità, bensì legati alla storia, storia sociale, politica, ambientale e storia di ricordi del nostro territorio.
Ora vorremmo estendere la visuale storica, impegnandoci in un obiettivo ambizioso: fornire un quadro generale della vita delle comunità rurali dell'800 nel comune di Vecchiano.
Leggendo infatti i due saggi che Franco Gabbani, cittadino di Vecchiano, ha realizzato alcuni anni fa a partire dalla tesi di laurea presso il Dipartimento di Economia e Management dell'Università di Pisa, ho potuto conoscere in maniera approfondita e decisamente viva la realtà di quei tempi.
I due saggi si intitolano "I Salviati e i Comunisti" e "Parrochi, Padroni e Contadini".
Nel primo saggio si esaminano la figura di Scipione Salviati e le controversie tra i Salviati e le Comunità locali per l'abolizione delle servitù.
Nel secondo vengono analizzate le figure di Parroco e Padrone come quelle dominanti nelle comunità rurali di allora.
Il lavoro di Gabbani, frutto di ricerche presso gli Archivi Salviati, di Stato, Storico Diocesano e del Comune di Vecchiano, ha ovviamente prodotto due ponderosi volumi che riportano i documenti dell'epoca.
L'obiettivo che ora ci proponiamo, grazie a Franco, è di rendere più divulgativa e accessibile la narrazione per chi non è uno studioso e un ricercatore, trasmettendo le problematiche, le situazioni e il vissuto dell'epoca.
Naturalmente il quadro d'insieme non poteva essere presentato in un'unica soluzione, per cui abbiamo pensato di suddividerlo in una serie di pubblicazioni a cadenza mensile.
Apriamo con un articolo di presentazione dello steso Gabbani, che traccia il percorso che seguirà.
Sono certo che questi temi saranno di grande interesse per i nostri lettori.
Come prima foto abbiamo voluto mettere lo stemma della famiglia Salviati, sperando sia quello corretto, visto le numerose versioni che si trovano nelle edizioni storiche.
Sandro Petri
LE NOSTRE STORIE E GLI ARCHIVI DELLA STORIA
di Franco Gabbani
I brevi articoli che, a partire da questo, saranno pubblicati su “La Voce del Serchio” vorrebbero fornire almeno qualche squarcio della storia dei nostri luoghi a tutti quelli che ne hanno perso memoria e, soprattutto, a quelli che non l’hanno mai conosciuta.
All’origine delle mie ricerche d’archivio sta infatti l’amore per la storia del nostro territorio (il comune di Vecchiano).
La storia documenta il nostro passato, e ricostruirla vuol dire ricostruire, attraverso le fonti, avvenimenti di uomini e donne che contribuirono a determinare il corso degli eventi nel periodo in cui vissero e l’identità di quella parte di territorio che fu segnata dalle loro azioni.
La storia ci aiuta a conoscere le nostre origini ma ci aiuta anche a conoscere e a comprendere il nostro presente.
Ad esempio, se, percorrendo la strada che porta a Marina di Vecchiano, oltre a gustare il paesaggio, proviamo ad intuire e leggere la storia che lo ha generato, allora, al di là di una bella macchia, riusciremo a vedere anche Giorgio Keller, l’agente Alsaziano di Scipione Salviati, che nell’800, con le sue opere di bonifica idraulica e forestale, la realizzò.
E con lui riusciremo a vedere tutti quei contadini che scavarono e mantennero i fossi per assicurare un regolare scolo delle acque, trasformando quella zona paludosa e malarica in terreni fertili e salubri.
Ecco allora che la storia ci aiuta a capire lo spessore del presente, ci racconta il percorso compiuto da Keller e dai contadini per la realizzazione di un paesaggio che noi oggi, dopo più di 150 anni, possiamo ammirare e godere.
Gli articoli che appariranno rielaborano alcune pagine de “I Salviati e i Comunisti1 ”, una ricerca nata da una lunga frequentazione dell’Archivio Salviati presso la Scuola Normale Superiore di Pisa (che ringrazio).
I documenti dell’Archivio Salviati non ricostruiscono solamente la storia di questa Famiglia, ci raccontano, anche, le vicende dei componenti della comunità che all’epoca gravitava intorno alle loro terre: i Prini, i Mazzoni, i Bonafalce, i Raimondi, i Lomi, i Carmignani, gli Scotiguazza, i Nencioni, i Capitani, i Tinagli, i Tabucchi, i Lucaferro, i Gabbani, i Prato, i Cinacchi, i Bertelli, gli Andreoni, i Baglini, i Geminiani, etc..
Questo rende tra l’altro possibile, se lo vogliamo, la creazione di un filo ininterrotto tra le generazioni che, andando a ritroso, arriva a tempi lontanissimi, facendoci conoscere un po’ della vita di quegli uomini e di quelle donne che unendo i loro cromosomi hanno fatto sì che quel filo della vita arrivasse fino a noi.
Così, se anche quelle famiglie, a differenza dei Salviati, non hanno potuto dare vita ad un loro archivio, oggi il lavoro attento sull’Archivio Salviati può forse permetterci di cogliere e salvare almeno qualche frammento anche delle loro vite.
Ma che cosa è l’Archivio Salviati? L’Archivio Salviati è uno “straordinario contenitore di memorie non solo familiari (…) si tratta di complessi documentari che sono stati prodotti, nel corso di molteplici attività, da un nucleo familiare o meglio da un insieme di individui/gruppi legati tra loro da vincoli familiari, e non solo familiari, nell’arco di più secoli e che sono stati conservati secondo determinate modalità, per rispondere ad esigenze di documentazione interna al gruppo familiare e parentale e. in senso più lato, di conservazione della memoria storica familiare”.2
Grazie soprattutto ai documenti di questo archivio, con gli articoli che seguiranno ripercorreremo una parte della storia della famiglia Salviati: più in breve, per la fase che va da quando arrivarono a Firenze nel XII secolo fino alla fine del ’700, in modo più approfondito per quanto concerne l’800.
In particolare approfondiremo i rapporti della famiglia Salviati con le comunità che vivevano nell’attuale comune di Vecchiano.
Avremo così modo di vedere la continua opera con cui i Salviati, dopo l’acquisto della fattoria di Vecchiano, nel 1784, si dedicarono all’attuazione di nuovi progetti di bonifica con il fine di incrementare la superficie coltivabile nelle loro terre e di indirizzare la gestione forestale verso un più efficace sfruttamento del soprassuolo.
Questo ci permetterà di parlare della trasformazione e dello sviluppo di questo territorio, del completamento dell’appoderamento, dell’introduzione di nuovi sistemi di coltivazione, della creazione della macchia, della regolamentazione dell’attività di tutti i dipendenti dell’Amministrazione.
La maggior parte di queste trasformazioni fu dovuta alle scelte di Don Scipione Borghese Duca Salviati.
Una figura di “Principe illuminato”, per certi versi, che ritornerà spesso in queste pagine.
Sarà infatti attraverso l’approfondimento delle iniziative prese dal Salviati per le proprie tenute di Migliarino e di Vecchiano e la ricostruzione delle relazioni venutesi a creare con i comunisti di Malaventre e le cinque comunità della Valle del Serchio, che potremo cogliere diversi aspetti della società e dei costumi delle nostre terre nel corso dell’800.
Del resto non è solo in quel passato remoto che le vicende della famiglia Salviati sono state strettamente intrecciate a quelle della comunità vecchianese.
Chi scrive ha l’età per ricordare come, ancora negli anni ’50, anche senza tenere conto dei coloni che occupavano uno dei poderi della Tenuta, molte erano le famiglie che avevano un loro componente alle dipendenze dei Duchi. Si trattava di fattori, guardie, impiegati dell’Amministrazione, addetti ai lavori della macchia (scuotitori, raccattini, ruscolatori, spinatori, barrocciai che trasportavano le pigne alla Mandria)3 .
C’erano donne e uomini occupati nella villa padronale e nelle case di fattoria, nei magazzini, nelle cantine, nelle officine, nelle scuderie, nella tabaccaia.
La Tenuta era ancora un piccolo mondo autarchico, dove tutto era ordinato e regolamentato.
Ricordo, a questo proposito, che a quell’epoca c’era ancora, all’ingresso della Tenuta, la postazione delle Guardie Salviati che controllavano gli accessi, perché nessuno poteva entrare senza permesso.
Ogni mattina alla garitta si fermavano gli operai in entrata che ritiravano una medaglia numerata da riconsegnare alla sera a dimostrazione della loro uscita dalla Tenuta.
Anche l’accesso al mare, a Bocca di Serchio, era consentito solamente dopo il rilascio di un permesso e ad un limitato numero di persone (in seguito, il tratto ,di spiaggia che va da Bocca di Serchio a Torre del Lago sarà chiamato Marina di Vecchiano o Lido di Migliarino).
Uno dei miei zii era tra i fortunati che beneficiavano di questa concessione, per cui potevamo accedere al mare, dopo aver presentato il permesso alla guardia di turno, ma l’ordine era quello di procedere lungo la via del mare senza fare soste, perché si transitava su una proprietà privata.
La strada verso il mare resterà ancora a lungo proprietà Salviati anche se sarà il comune di Vecchiano ad occuparsi della sua manutenzione.
Ci vollero infatti più di 50 anni e una lunga serie di cause legali perché la famiglia fiorentina riconoscesse l’uso pubblico della via del mare.
Questo passaggio è stato ufficializzato con una cerimonia il 13 Febbraio 2016, durante la quale il sindaco Giancarlo Lunardi, alla presenza del Duca Forese Salviati, di Donna Agnese Salviati, di Donna Bona Salviati e di numerosi cittadini del Comune, ha apposto il nuovo cartello che definisce l’uso pubblico della strada. Del resto già Scipione Salviati e, successivamente, il figlio Antonino, avevano cercato di impedire il libero transito sulle strade che attraversavano la Tenuta di Migliarino.
Ma di questo e di molto altro tratteremo nei prossimi articoli.
1 I ‘Comunisti’ erano in questo caso i componenti delle comunità di Malaventre, Vecchiano, S. Frediano di Vecchiano, Nodica, Avane e Filettole, durante l’800; da non confondere con gli aderenti al Partito Comunista.
2 E. Insabato, L’archivio della famiglia Salviati alla Scuola Normale Superiore. Fonti e documenti per la ricerca storica. Giornata di studi, Pisa, Scuola Normale Superiore, 15 Marzo 2013.
3 La Mandria era l’area dove si procedeva ad una selezione definitiva delle pigne.