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L'articolo di oggi non poteva non far riferimento alla festa del SS. Crocifisso che Pontasserchio si appresta a celebrare, il 28 aprile.Da quella ricorrenza è nata la Fiera del 28, che poi da diversi anni si è trasformata in Agrifiera, pronta ad essere inaugurata il 19 aprile per aprire i battenti sabato 20.La vicenda che viene narrata, con il riferimento al miracolo del SS. Crocifisso, riguarda la diatriba sorta tra parroci per il possesso di una campana alla fine del '700, originata dalla "dismissione" delle due vecchie chiese di Vecchializia. 

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Pisa, 17 marzo
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Comune di Vecchiano
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Vallo a far capire al cavolo riscaldato e garzone ritornato .....
. . . lo diceva anche il grande Totò che è la somma .....
. . . . e Calenda Carlo ha rimasto solo. . .
. . .....
. . . in tv c'era uno che diceva che tanti elettori .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Colori u n altra rosa
Una altra primavera
Per ringraziarti amore
Compagna di una vita
Un fiore dal Cielo

Aspetto ogni sera
I l tuo ritorno a casa
Per .....
Oggi è venuto a mancare all’affetto di tutti coloro che lo conoscevano Renato Moncini, disegnatore della Nasa , pittore e artista per passione. .....
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La Famiglia Salviati: una lunga storia in breve
di Franco Gabbani e Sandro Petri

3/10/2021 - 16:18


Come riportato nel capitolo introduttivo, la descrizione storica di Franco Gabbani delle vicende del territorio di Vecchiano è saldamente legata alle vicende della famiglia Salviati.

Perciò, pur essendo il quadro generale dell'analisi incentrato sugli accadimenti dell'800, è sembrato all'autore fosse necessario un breve ricordo di quella che fu la famiglia dominante di questo territorio per diversi secoli.

In questo secondo capitolo viene presentata la storia famigliare  dei Salviati, suddiviso in due parti, la prima dalle origini, quanto meno ben conosciute, dal 1200 in poi, con un albero genealogico dall'inizio del 1400, fino alla fine del 1700.

La seconda, più inerente al contenuto degli articoli, con un albero genealogico dal 1800 ai giorni nostri.

Dal prossimo articolo si entrerà più in dettaglio della storia sociale e politica del territorio nel periodo considerato, commisurando gli eventi con le situazioni più ampie che man mano si sviluppavano in Italia ed in Europa.

 

 Sandro Petri   

 

La Famiglia Salviati: una lunga storia in breve

 di Franco Gabbani

 

Nel precedente intervento abbiamo brevemente richiamato vicende e conflitti del nostro territorio che ebbero tra i protagonisti la famiglia Salviati.

Prima di raccontarli più riccamente, sarà allora utile dire qualcosa su questa importante famiglia nobiliare.Inizieremo questo percorso da quando, nel XII secolo, i Salviati giunsero a Firenze: probabilmente originari di Fiesole.

Già dal ‘200 avevano iniziato ad emergere in campo politico ed economico, rivestendo  importanti cariche sia nella Repubblica sia nella Signoria Medicea: furono priori, gonfalonieri, ambasciatori.

Alla fine del ‘300 erano annoverati fra le famiglie più potenti di Firenze, e, sempre in quel periodo, si andò sviluppando la loro attività economica che, limitata, dapprima, alla produzione e al commercio della lana, comprese, poi, funzioni bancarie.

 

Nacquero, così, i banchi di Pisa, di Firenze, di Lisbona, di Londra, di Bruges, di Costantinopoli.

L’attività commerciale e bancaria non impedì ai Salviati lo svolgimento di incarichi di grande importanza per Firenze, tanto che tra i principali protagonisti della vita politica ed economica della città di inizio ‘500 ci saranno due Salviati: Jacopo di Giovanni e Alamanno di Averardo, considerati i capostipiti dei due rami in cui la famiglia si divise e cioè, rispettivamente, del ramo romano e di quello fiorentino.

Jacopo aveva sposato la figlia di Lorenzo il Magnifico, Lucrezia, e, grazie ai suoi legami con i Medici, in particolare con i papi Leone X e Clemente VII, aveva esteso la sua attività economica anche allo Stato Pontificio ottenendo dal papa l’appalto delle gabelle e delle salarie1 di Romagna, aveva ricevuto anche incarichi presso la corte pontificia e si era stabilito definitivamente a Roma.

 

Furono i suoi discendenti ad acquistare  proprietà e feudi nello Stato Pontificio: la tenuta di Savarna in Romagna, Giuliano, Rocca Massima e Colleferro nel Lazio e e il palazzo alla Lungara a Roma.2

 

Nel 1704, però, con la morte di Anton Maria di Francesco, si estingue il ramo romano dei Salviati e viene nominato erede dei diritti di primogenitura Antonino di Giovan Vincenzo dei Salviati di Firenze.

Il reddito di cui disponeva il Duca Antonino Salviati, agli inizi del XVIII secolo, era pari a quello di più di 2885 mezzadri3.

Faceva parte, dunque, di quell’esiguo gruppo di famiglie che gestivano gran parte della ricchezza e del reddito del Granducato.

 

Nei decenni successivi il patrimonio Salviati ebbe una lieve flessione, ma la situazione si ristabilì grazie al Cardinale Gregorio e al fratello Averardo, ultimi rappresentanti del casato.

Il Cardinale, nel 1784, aveva acquistato la Fattoria di Vecchiano: dalla seconda metà del XVIII secolo l’interesse della famiglia si era, infatti, concentrato quasi esclusivamente sulle ville/fattorie Toscane.4

Fino a quel momento la proprietà Salviati nel pisano consisteva in alcuni acquisti, effettuati nel 1521, che comprendevano i boschi di Migliarino, terre di lavoro, prati ed una torre medioevale, torre a Filicaia.

A questi beni si aggiunsero quelli acquistati, nel 1525, da Giovanni Battista Serristori e che passarono poi alla figlia Costanza, moglie di Alamanno Salviati (figlio di Jacopo del ramo romano dei Salviati).

 

Seguirono, successivamente, altri acquisti e livelli: di particolare importanza saranno i livelli della Prioria di S. Niccolò di Migliarino, di S. Paolo all’Orto di Pisa e quelli ottenuti dalla Mensa Arcivescovile.5

Fino al XVIII secolo una gran parte del territorio del comune di Vecchiano è, quindi, di proprietà dei Salviati, o della Mensa  Arcivescovile pisana, o della famiglia Medici (nel 1737 al Granducato mediceo succedono i Lorena), mentre parte del padule e del monte sono di uso civico.

 

E’ di quel periodo anche lo sviluppo di tutta una serie di piccole proprietà fondiarie coltivate in proprio dai contadini: sono la conseguenza delle allivellazioni6 operate dalla Mensa Arcivescovile dei beni di Malaventre, Nodica, Vecchiano, Avane, Filettole.

Si è creato anche un accorpamento fondiario: è il patrimonio della famiglia Prini che potenzia le sue proprietà con l’acquisto dalla Mensa Arcivescovile di terreni olivati e di fabbricati ad Avane e, dalla famiglia Dal Borgo, di terreni lavorativi con fabbricati a Nodica e Malaventre.

 

Ma è il patrimonio della famiglia Salviati che, nella seconda metà del ‘700, ha una notevole espansione, con acquisizioni e permute di beni Granducali e terre dell’Arcivescovado di Pisa.

In particolare furono annessi ai possedimenti Salviati la Tenuta di Poggio a Padule, e i terreni paludosi al confine con il bosco di Migliarino.

La tenuta era costituita essenzialmente da una grande estensione boschiva che andava dalla Macchia Lucchese alla foce del Serchio; corrispondeva, perciò, all’attuale territorio costiero del comune di Vecchiano.

La sua economia era basata soprattutto sul taglio del bosco, sul pascolo, nonché sulla caccia e la pesca, che richiedevano esigui investimenti di capitali rispetto alle strutture agricole mezzadrili delle fattorie.

 

L’annessione alla Tenuta della Fattoria di Vecchiano, nel 1784, fu un episodio di notevole rilevanza considerando che l’acquisizione favorirà l’attuazione di nuovi progetti di bonifica, che interessarono le zone della tenuta racchiuse nell’ansa del Serchio, e finalizzati all’incremento della superficie coltivabile con la creazione di nuovi poderi.

Nel 1797, infatti, si dette avvio alla Colmata7 nella zona delle Tagliate, Tagliatelle, Serchio Vecchio, Lama di Biagio, l’Ugnone, la Romita, che porterà, poi, Francesco Borghese Aldobrandini alla realizzazione di una fattoria con più di trenta poderi e l’avvio di tutta una serie di lavori che saranno portati a compimento da Scipione Salviati.8

 

Nel 1794 muore però il cardinale Gregorio Salviati e si estingue, così, anche la discendenza del ramo fiorentino di casa Salviati.9 

 

La morte del cardinale darà il via ad una successione ereditaria piuttosto complessa.

Infatti il cardinale nel testamento aveva disposto che l’usufrutto del proprio patrimonio andasse alla sorella Laura Salviati duchessa d’Atri, che ad Anna Maria Salviati Principessa Borghese (figlia di suo fratello Averardo) andassero i beni del Patrimonio Libero, mentre al conte Carlo Caprara, figlio della sorella Virginia Ippolita e al Principe Camillo Borghese, figlio di sua nipote  Anna, erano destinati i beni primogeniali.10

Quando poi Carlo Caprara, nel 1816, morì senza lasciare eredi maschi, il suo patrimonio passò a Camillo Borghese.

Nel 1832 anche Camillo morì senza lasciare eredi legittimi per cui i diritti primogeniali, il titolo di Principe Borghese e tutti i beni passarono al fratello Francesco.11

 

Francesco Borghese, nei primi decenni dell’Ottocento, vivrà sia in Francia che in Italia, controllerà per lo più da lontano le sue proprietà e proseguirà gli interventi sul territorio che, dopo la morte della Duchessa d’Atri, non si erano mai arrestati.

Si trattava di interventi tesi alla trasformazione di quelle terre paludose e scarsamente produttive in terreni coltivabili, adatti ad essere appoderati, con il fine non ultimo di eliminare i pesi imposti su quelle proprietà dalle servitù12 a favore delle comunità locali.

 

Le servitù saranno la questione principale nei rapporti fra la casa Borghese/Salviati e i cosiddetti “Comunisti” del XIX secolo (da non confondere con gli aderenti al Partito Comunista): mentre infatti i Borghese/Salviati miravano ad abolire la perpetuità di queste servitù, i Comunisti si battevano per la loro difesa, nell’interesse della comunità; da qui le continue liti, seguite da cause e da sentenze, da tentativi di accomodamento.

Ma su questo torneremo ampiamente in seguito.

 

Francesco aveva sposato Adelaide de La Rochefaucauld dalla quale ebbe i figli Marcantonio, Camillo, Scipione e Maria.

Prima della sua morte, avvenuta il 29 Maggio 1839, Francesco aveva istituito per il figlio terzogenito, Scipione, la “Primogenitura Salviati”, indicando i Fondi che ne avrebbero dovuto far parte e stabilendo le condizioni.

Nel suo testamento olografo, del 25 Gennaio 1837, infatti, scrive:

“La primogenitura Borghese appartiene di proprio diritto a Don Marcantonio mio Primogenito (…)

La Primogenitura Aldobrandini parimenti appartiene di proprio diritto all’altro mio figlio Don Camillo mio Secondogenito        

(…) Non esistendo per altro nella mia famiglia alcuna Primogenitura a favore del mio Terzogenito Don Scipione e altronde volendo ripristinare in lui l’illustre nome della Famiglia Salviati, al quale oggetto ho già ottenuto da S. A. I. il Gran Duca di Toscana, l’analogo Diploma (…) stabilisco che tale primogenitura  debba progredire di Primogenito in Primogenito maschio nato da legittimo matrimonio del mio Terzogenito Don Scipione, che per il primo chiamo a questa Primogenitura finché durerà la linea diretta, discendentale di essi Primogeniti, escluse per modo di regola in tutti i casi le femmine, e loro discendenti”.13

 

Ed ecco qui di seguito, la parte finale della concessione sovrana con cui Leopoldo II Granduca di Toscana, il 7 Febbraio 1834, concede a Don Scipione Borghese la facoltà d’assumere il cognome Salviati:

"(…) Quindi è con la pienezza dell’Autorità Nostra, ed a tenore delle preci a Noi umiliatene, concediamo al mentovato Scipione Borghese ed ai suoi discendenti Maschi da Maschio la facoltà di assumere il Cognome Salviati con l’uso del relativo stemma, e del titolo di Duca di cui godevano i suoi Ascendenti Materni.

A tale effetto dunque ordiniamo che dalla nostra Imperiale e Reale Segreteria siano spedite le presenti Patenti ……..

E comandiamo alla Deputazione sopra il Regolamento della Nobiltà che faccia prendere nota ove occorra delle preindicate assunzioni di Cognome, Stemma e titolo Ducale acciò abbiano effetto, e siano note a tutti queste sovrane nostre determinazioni.14     

 

E’ quindi da Don Scipione Borghese che discende l’attuale famiglia Salviati, come si può vedere dall’albero genealogico che riportiamo sotto.

Proprio per questo è sulla sua figura che avremo modo di soffermarci prossimamente.   

 

1 Salarie: erano le imposte sul sale che venivano appaltate a uno o più imprenditori i quali, dopo aver versato una cifra forfetaria, provvedevano personalmente a riscuotere il denaro dai cittadini in base al consumo.

 

2 E. Karwacka Codini - M. Sbrilli, Piante e disegni dell’archivio Salviati – Catalogo (Quaderni dell’archivio Salviati I), Scuola Normale Superiore di Pisa, 1993, pag. VIII.

 

3 Il reddito medio annuo pro-capite delle famiglie mezzadrili, che rappresentavano circa il 60% della popolazione dello Stato, intorno alle 550.000 persone, era allora di appena 12 scudi annui . Si veda: V. Pinchera , Lusso e decoro. Vita quotidiana e spese dei Salviati di Firenze nel Sei Settecento (Quaderni dell’archivio Salviati III), Scuola Normale Superiore di Pisa, 1999, pag. 32.

 

4 E. Karwacka Codini -  M. Sbrilli: Piante e disegni dell’Archivio Salviati,… , cit., pag. 32. 

 

5 S. N. S. –  A. S., Documenti sui beni immobili dei Salviati: palazzi, ville, feudi. Piante del territorio. Scuola Normale Superiore di Pisa, 1987, pag. 86.

 

6 Le allivellazioni sono contratti mediante i quali viene concesso ad un coltivatore un fondo dietro pagamento di un canone di livello.

 

7 Le colmate, che furono attuate dai Salviati, avevano come fine quello di rialzare  una porzione di terreno paludoso, preventivamente circondato da argini, e farci affluire le acque del Serchio affinché i suoi sedimenti lo rialzassero e lo prosciugassero.

 

8 Si veda M Agnoletti , L’evoluzione del paesaggio nella tenuta di Migliarino fra XIX e XX secolo. Regione Toscana-Direzione Generale- Politiche territoriali e ambientali, 2004, pp. 24-34.

 

9 L’albero genealogico riportato nella pagina sottostante è ricavato da: S. N. S. - A. S., Documenti sui beni immobiliari dei Salviati: palazzi, ville, feudi, cit., pag. 17.

10 Erano i beni del patrimonio familiare che spettavano di diritto al primogenito.

 

11 S. N. S. – A. S. : I Serie Miscellanea, Filza N: 156, Fascicolo N. 24.

 

12 Le Servitù risalgono al Medioevo e traggono origine dalla consuetudine della nobiltà e del clero di lasciare alcune  loro terre in libero uso alle comunità del luogo affinché ne traessero i prodotti indispensabili per la loro sopravvivenza. 

 

13 S. N. S. – A. S.: I Serie Miscellanea, Filza N. 222, Fascicolo N. 3.

 

14 S. N. S. – A. S.: Pacco N. 4, Documento N. 37.

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6/10/2021 - 21:22

AUTORE:
Marlo Puccetti

la dinastia di una famiglia mi ha sempre incuriosito per i risvolti che può avere avuto e mai immaginato. Anche la famiglia Salviati ha sempre attirato la mia attenzione. ora che leggo questo interessante intervento sulle vicende dei Salviati, mi sono sentito coinvolto dalla precisione con cui Franco Gabbani spiega la presenza dei duchi Salviati sul territorio vecchianese. Quando nel film "I medici" si parla dei Salviati mi era sembrato strano che avessero a che fare con i Salviati di Migliarino anche se di un altro ramo. Complimenti anche a Petri che propone queste nicchie di storia dei nostri territori. Aspetto di poter conoscere il seguito.

Marlo Puccetti

4/10/2021 - 14:02

AUTORE:
Andrea

Grazie alla Voce del Serchio per questi articoli sulla nostra storia. Molte informazioni non le sapevo e non mi perderò le varie puntate, che spero siano molte.
È certamente un gran lavoro di ricerca che è stato fatto ed è importante non perdere le storie delle varie vicende che si sono succedute. Apprezzo molto anche lo sforzo di fornire un racconto accessibile per complessità e lunghezza. Presumo ci sia un grande doppio lavoro dietro. Grazie ancora da un affezionato lettore