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Nei giorni 26-27-28 aprile verranno presentati manufatti in seta dipinta: Kimoni, stole e opere pittoriche tutte legate a temi pucciniani , alcune già esposte alla Fondazione Puccini Festival.Lo storico Caffè di Simo, un luogo  iconico nel cuore  di Lucca  in via Fillungo riapre, per tre mesi, dopo una decennale  chiusura, nel fine settimana per ospitare eventi, conferenze, incontri per il Centenario  di Puccini. 

. . . per questo neanche alle 5. 50 prima di colazione. .....
. . . alle nove dopocena non ciai (c'hai) da far altro? .....
. . . il plenipotenziario di Fi, Tajani, ha presentato .....
Ieri 19 Marzo ci ha lasciato un Vs. concittadino Renato .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Il sole nutre
col suo splendore
il croco il bucaneve
la margherita. . .
Il cuore
cancella il dolore
se alimentato dall'amore
essenza della vita
Quando .....
Oggi è venuto a mancare all’affetto di tutti coloro che lo conoscevano Renato Moncini, disegnatore della Nasa , pittore e artista per passione. .....
Un racconto di Arianna Andreoni per il 25 novembre
NYIRAMACIBILI
La donna che vive da sola nella foresta

18/11/2021 - 16:49


Quando capisci il senso della vita smetti di pensare al passato e inizi a lottare per cambiare il futuro
                                                                                                                                       
Ho scoperto la figura di Dian Fossey solo l’anno scorso, alla fine del mio quarto anno universitario.

È stata la mia grande passione per il cinema a farmela scoprire, infatti la sua vita è stata raccontata in un celebre film del 1988 intitolato Gorilla nella nebbia, tratto dal suo romanzo autobiografico diretto da Micheal Apdet e interpretato dalla a dir poco superba Sigourney Weawer che le valse la candidatura al premio Oscar come migliore attrice protagonista. Ho scelto di raccontare la vita di questa donna in quanto non viene spesso citata né nei libri né negli ambienti scolastici, dimenticare una donna che ha pagato con la vita il suo più grande sogno è come ucciderla una seconda volta. 
 
Dian Fossey nacque a San Francisco nel 16 gennaio 1932 da Kitty Fossey e George E Fossey III, rispettivamente modella e agente assicurativo.

La sua infanzia non fu un’infanzia serena. I problemi di alcolismo di suo padre portarono alla separazione dei suoi genitori nel 1938 e poco dopo sua madre sposò un ricco costruttore di nome Richard che odiò fin dal primo momento la piccola Dian a tal punto da ordinare alla servitù che la bambina pranzasse e cenasse con loro tranne che per la domenica e per le feste comandate.

Così la bambina trascorreva le sue giornate nella grande città californiana sempre sola, leggendo tanti libri e amando gli animali a tal punto da chiedere alla madre come regalo un pesciolino rosso che per la già speciale Dian, divenne il suo più caro e grande amico di tutta l’infanzia. 

Come tutti i bambini, anche Dian divenne una ragazza con grandi sogni da realizzare, si diplomò alla scuola superiore di San Francisco e dopo poco il suo patrigno la costrinse ad iscriversi alla facoltà di Economia, facoltà che lei odiava.

Era infatti la facoltà do Veterinaria che voleva frequentare! Così dopo aver trascorso del tempo in un ranch del Montana, i suoi zii, che amavano tanto la nipote capirono che l’economia non faceva per la ragazza, e così grazie al loro aiuto potette finalmente iscriversi ai corsi di veterinaria, ma purtroppo nemmeno qui fu tutto rose e fiori, infatti non riusciva a superare ripetutamente gli esami di chimica e di fisica, anche se andava forte con gli esami di biologia!

Dovette dire addio anche a quella facoltà che tanto amava, si iscrisse alla Facoltà di Terapia Occupazionale dove si laureò nel 1954 a ventuno anni.
Dopo aver ottenuto varie specializzazioni, si trasferì nel Kentucky dove iniziò a lavorare in un ospedale per bambini disabili. Qui si distinse per la bravura nel svolgere il proprio lavoro, lavoro che le risulterà molto utile quando andrà a studiare i gorilla… Ma procediamo per gradi!


Il lavoro andava a gonfie vele, Dian era stimata da tutti a tal punto da diventare un punto di riferimento per quei bambini che le accarezzavano il volto ogni giorno, ma nonostante ciò sentiva nel fondo del suo cuore il bisogno di evadere, di svolgere il vero mestiere della sua vita: la zoologa.

Era affascinata da ogni tipo animale, e l’Africa, quella terra così immensa e piena di colori se la sognava sempre sia a occhi aperti, sia quando sprofondava fra le braccia di Morfeo.
                            
Nel 1963, accadde una cosa che le cambiò la vita: fece il suo primo viaggio in Africa… di quasi di sette settimane! Ottenne le aspettative da lavoro, spese di tasca sua per tutto ciò che servisse per il viaggio e partì alla volta del grande continente.

Visitò il Kenya, lo Zaire (oggi Repubblica democratica del Congo) lo Zymbabwe e la Tanzania. In quel periodo costellato da camminate e visioni di paesaggi e di animali selvatici che in tutti quegli anni si era solo immaginata incontrò tre persone che le cambiarono la vita: George Schaller (colui che per primo aveva iniziato a studiare i gorilla senza però molto successo) Louis Leakey e sua moglie Mary Leakey.
 
 Fu infatti Louis Leakey, il grande paleoantropologo che tre anni prima aveva scoperto la grande primatologa Jane Goodall (la più grande esperta di scimpanzé al mondo) a lasciare un segno indelebile nell’animo della giovane donna.

Louis le fece visitare gli scavi a cui lui, sua moglie e il suo staff stavano lavorando nel cuore della Tanzania, ma qui accadde un piccolo incidente….

Mentre la felicissima Dian stava correndo per vedere un reperto preistorico cascò in una buca profondissima. La sua caviglia diventò più nera del carbone e da quanto il dolore era forte vomitò sui reperti storici; meno male che Mary accorse con del succo di limone che le tranquillizzò lo stomaco! La volontà e la forza di Dian però erano talmente grandi e forti che continuò il suo viaggio con il piede fasciato facendo escursioni anche di cinque ore pur di vedere i gorilla, poi dovette fare ritorno negli Stati Uniti dove i suoi bambini l’aspettavano per riabbracciarla.


Passati tre anni, nel 1966 Dian incontrò di nuovo Louis a una conferenza a Louiseville.

In questa occasione Dian, propose all’uomo di essere inviata a fare un censimento sui gorilla di montagna che per colpa dei bracconieri erano in via di estinzione.

L’uomo fu colpito dalla caparbia della donna, ci pensò un po’ e poi le dette la risposta che sognava da una vita: Sì.

Ma c’era una condizione, prima di partire si sarebbe dovuta operare per farsi rimuovere l’appendice, molti studiosi prima di lei avevano rischiato la vita per appendici venute mentre si trovavano nelle terre remote d’Africa e Louis non avrebbe mai voluto che Dian corresse questo rischio.
La questione dell’appendice non fu solo precauzione, fu soprattutto una messa alla prova, ma la grandissima Dian non conosceva limiti per la sua passione e fu così che si operò nel giro di poche settimane e così potte partire per sempre alla volta dello Zaire.


Arrivata nello stato africano, la donna venne lasciata sola nel bel mezzo della giungla sui Monti Virunga, catena montuosa che attraversa Congo, Ruanda e Uganda e quando la gip che l’aveva accompagnata fece manovra per tornare indietro, Dian dovette tenersi stretta intorno a un palo di legno tanta era la voglia di correrle dietro, sapeva che quello sarebbe stato il suo ultimo contatto con la società.

Non aveva nemmeno una casa, l’unico suo riparo era una grossa tenda e per la toilette… beh dovette rassegnarsi in poco tempo a fare i suoi bisogni all’aperto.


La permanenza nello Zaire però non durò a lungo, nonostante nei sei lunghi mesi di permanenza, Dian avesse fatto passi da gigante nello studio dei gorilla di montagna, il paese che aveva raggiunto da poco tempo l’indipendenza dal Belgio fu teatro di una grande rivolta e la ricercatrice in quanto bianca venne rinchiusa in un carcere dove subì ripetute violenze sessuali da parte delle guardie, realtà che lei stessa raccontò anni dopo ai suoi più stretti amici.

Riuscì a scappare dopo due settimane, ma nonostante le violenze vissute non mollò il suo sogno, decise di trasferirsi nel Ruanda, qui sarebbe stata al sicuro e avrebbe ripreso la sua vita con i suoi amati gorilla.

Nel 1967 fonda il Karisoke Center istituto di ricerca situato presso il Volcanoes Reserch Center, ma oltre a questo tra le fredde e nebbiose foreste dei Virunga costruisce piano piano un bunkalow che divenne la sua casa, la casa dove vi trascorreva ogni serata a scrivere a macchina ciò che vedeva durante il giorno e che annotava su un block-notes.

Fu così che in poco tempo venne soprannominata “Nyiramacibili”, la donna che vive da sola nella foresta.
Quando Dian incontra nuovi gruppi di gorilla procede a piccoli passi, un passo falso può infatti compromettere tutto il suo lavoro e la vita stessa, così si avvicina sempre cautamente, facendosi ogni giorno sempre più amica dei vari gruppi che incontra. Imita i loro versi sia con la bocca sia dandosi dei colpi con la mano sulla coscia, ma anche registrando i loro versi per poi studiarli a casa, e fu così, con questi suoi modi originali divenne la più grande studiosa dei gorilla al mondo e una delle donne più importanti della storia del’900.
 
Il National Geographic, rivista per la quale Dian scriveva articoli riguardo le sue scoperte sui comportamenti dei gorilla decise così di inviare un fotografo naturalista al fine di riprenderla mentre era alle prese con i gorilla, il nome del fotografo era Bob Campbell. 

Così i due iniziarono a lavorare a stretto contatto giorno dopo giorno e dopo un po’ di tempo, le loro labbra si unirono in un bacio.

Ma quell’amore, l’amore fra quella studiosa e il fotografo giramondo non poteva durare a lungo, Bob infatti era già sposato e aveva famiglia altrove.

La relazione andò avanti fra alti e bassi per quattro anni fino alla rottura definitiva.
Dian non era solo una studiosa e ricercatrice, era anche una donna contro il bracconaggio. Era consuetudine infatti che molti uomini del luogo uccidessero i gorilla dietro (nella maggior parte dei casi) richiesta di persone più potenti, così talmente era tanta la determinazione di Dian nello sconfiggere tale reato, creò un gruppo di soldati antibracconaggio da lei stipendiati.                             
 
I gorilla per lei erano la sua famiglia, il suo unico vero grande amore, a tal punto da darli dei nomi: Peanuts, Marchessa, Pablo, Beethoven, ma il suo preferito era Digit.

Il legame che aveva con Digit era unico e speciale, ma purtroppo anche Digit, il 31 gennaio 1977 cadde sotto il machete dei bracconieri.

Venne ucciso da uomini del posto dopo aver salvato la sua “compagna” incinta del secondo figlio e il suo cucciolo più grande da orribile morte certa.

Da quel momento la guerra di Dian contro i bracconieri si inasprì ancora di più, a tal punto da arrivare a incendiare le loro capanne. Iniziò anche una dura guerra contro il turismo.

Dian era solita sostenere che gran parte dei gorilla decedessero in conseguenza delle malattie portate dagli uomini che venivano a visitarli tra le fredde foreste, ma i turisti provenienti da tutte le parti del mondo non venivano solo per vedere quegli enormi animali che avanzavano fra il fogliame neri come la pece, venivano anche per vedere quella strana americana che aveva lasciato tutto per vivere con loro.

 

Scrisse anche un romanzo autobiografico intitolato Gorilla nella nebbia, quale titolo sarebbe stato più appropriato?

In questo bellissimo libro, Dian ripercorreva con tratti mai noiosi il suo arrivo in Africa, l’incontro con i primi gorilla e la lotta portata avanti contro coloro che volevano il bracconaggio al solo scopo di trarne un profitto economico.


Come ogni anno da quasi venti, Dian trascorse il Natele nella sua piccola casa di legno che addobbava in maniera perfetta da buona americana, ma non sapeva che il Natale del 1985 sarebbe stato l’ultimo trascorso tra quelle magnifiche foreste, al grande sogno di Dian infatti venne posto fine un colpo di machete. Arrivò la notte il 26 dicembre, Dian si preparò per andare a dormire, si era già messa sotto le coperte, quando un uomo, un mostro di cui ancora oggi non sappiamo il nome pose fine alla sua vita massacrandole la faccia con lo stesso arnese con cui i bracconieri erano soliti uccidere i gorilla caduti in trappola.
Il corpo venne ritrovato la mattina successiva riverso a terra lordo di sangue.

La camera da letto era stata messa a soqquadro. Il lume era andato a sgretolarsi in mille frantumi per terra, molti dei libri che Dian aveva divorato era stati selvaggiamente buttati a terra, i cassetti era rimasti semiaperti e in disordine e il materasso era stato spostato di traverso. L’intero staff venne arrestato con l’accusa di complicità nell’omicidio, ma dopo pochi mesi vennero tutti rilasciati per insufficienza di prove.

Un dettaglio significativo fu che analizzando i capelli che Dian aveva stretto tra le mani, tali capelli risultavano appartenere a un uomo bianco.
Fu indagato un giovane dottorando di ricerca statunitense di nome Wayne Mcguire, ma fece in tempo a fuggire prima che il Ruanda lo dichiarasse colpevole condannandolo alla pena di morte in contumacia.


Ancora oggi la morte di Dian rimane un mistero. Il suo corpo è seppellito nel grando cimitero dei gorilla accanto alla tomba di Digit e sulla sua lapida possiamo leggiamo “Nessuno amò i gorilla più di lei”.


Il lavoro di Dian però non è andato in frantumi; è solo grazie a lei se ad oggi possiamo continuare a vedere qualche gorilla aggirarsi fra le montagne dei Virunga.

Dopo la sua morte, molte donne e uomini hanno creduto e lottato per portare avanti il suo sogno, tra cui possiamo annovera Veronica Vecellio una giovane donna italiana che dopo aver visto il magnifico film Gorilla nella nebbia, ha sentito il bisogno di divenire primatologa, vive in Ruanda dal 1999 e quando lavora sorride, proprio come faceva Dian.
 
 

 
 
 
 
 
 
 

                                                    
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22/11/2021 - 14:37

AUTORE:
Anna Micheli

Grazie Arianna per avere condiviso questo racconto, che da un lato mostra il coraggio e il valore delle donne e dall'altro, purtroppo, ci ricorda che proprio le donne più forti e determinate sono messe a tacere da uomini di scarso valore, che hanno dalla loro solo la maggiore forza fisica.