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In questo nuovo articolo di Franco Gabbani le vicende storiche, incentrate tra la fine del '700 e l'inizio dell'800, travalicano i confini della Valdiserchio, come già accaduto in diverse occasioni, e d'Italia, espandendosi in Europa.E' la storia di un giovane costretto a seguire la carriera militare per problemi e ripicche amorose, con l'inevitabile nefasta conclusione, raccontata utilizzando le stesse parole dell'ussero, che ci danno uno spaccato di un'esistenza iniziata negli agi della famiglia gentilizia e terminata sui campi di battaglia 

Comune di Vecchiano
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Massimiliano Angori sindaco
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La ricerca è attiva in tutta Italia
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Migliarino Nodica Pisa e Vecchiano.
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. . . dalla parte della Palestina ? Perché il governo .....
Com’è noto il generoso 110% e i suoi fratelli, .....
Bravo Bruno da o di ovunque tu sia, sono con te. .....
. . . prima che siano passati almeno 30/ 40 anni chiederà .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Vivrò con la faccia che tu amavi
Coi miei giochi sempre nuovi
Col difetto di sognare
Lo so che ho imparato a dirti amore
Quando ormai ci era di andare
Dove .....
Se i limiti di velocità servono a tutelare la sicurezza, non capisco perchè le auto della Polizia Municipale si debbano nascondere per poi rilevare .....
Di Umberto Mosso
Dal Patto del Nazareno al Telegatto?

13/1/2022 - 11:02


DAL PATTO DEL NAZARENO AL TELEGATTO?

Oggi, a differenza di sette anni fa, mentre la politica alta non ha più una regia, il mondo dei Licio Gelli, Vittorio Mangano, Cesare Previti, Renato Squillante, Giampiero Tarantini, Walter Lavitola, Totò Cuffaro, Franco Fiorito, per non dire dei Lele Mora, Emilio Fede e Ruby Rubacuori, sembra voler bussare alle porte del Quirinale. Ma la Presidenza della Repubblica non è un Telegatto alla carriera.

Questo è il momento giusto per ricordare la vicenda del “Patto del Nazareno”, che fu l’origine della rottura della solidarietà politica nel PD e l’inizio della crescente opposizione interna a Matteo Renzi che si concluderà con le procurate sconfitte al referendum costituzionale del 2016 e alle elezioni politiche del 2018.

Quando Matteo Renzi diventa PdC, col consenso praticamente unanime del suo partito, compresi i leader della sinistra interna, riceve esplicitamente il mandato, dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, di riformare la Costituzione e la legge elettorale.

Due riforme attese da quaranta anni, che erano state indicate dallo stesso PdR nel discorso al Parlamento in occasione dell’inaugurazione del suo secondo mandato, che si ricorda come una forte reprimenda alle forze politiche che applaudirono calorosamente quanto ipocritamente.

Un principio generale della democrazia prescrive che quel genere di riforme, istituzionali, vadano fatte col massimo consenso delle forze politiche, senza distinzione tra maggioranza e minoranza, trattandosi di innovare le regole del gioco nelle quali tutti si devono riconoscere per essere rispettate. 

Quindi Renzi, come segretario nazionale del PD, invita tutte le forze parlamentari a unirsi per lavorare insieme. Tutte, ma l’unica forza politica che accetta l’invito è Forza Italia, che con Silvio Berlusconi lo incontra al Nazareno dichiarando la sua disponibilità ad aprire il dialogo sulle riforme istituzionali. Questo è ciò che i media chiameranno “Patto del Nazareno”.

L’opposizione interna a Renzi, il cui governo aveva iniziato la sua politica di riforme economiche e sociali smontando i vecchi assetti di potere che tenevano bloccato il Paese, vedendo minacciate anche le sue posizioni di potere, inizia ad insinuare che il Patto del Nazareno nasconda accordi politici segreti tra Renzi e Berlusconi che prevederebbero la convergenza politica tra sinistra e destra per realizzare riforme economico – sociali di stampo neoliberista e antipopolari.

Non bastano i fatti a smentire questa tesi, non essendoci nessun caso di voti del centrodestra espressi a favore del governo Renzi o di qualunque suo provvedimento. Tutto ciò che fa Renzi viene letto e comunicato, dalla così detta “sinistra” del PD, come un tradimento dell’ispirazione progressista del suo partito, nella prospettiva di un accordo politico che, da segreto, diventerebbe palese nel prossimo futuro. A meno che Renzi non sia fermato con qualunque mezzo politico. 

Da qui ha inizio la campagna di character assassination di Renzi, con menzogne, ostruzionismi, false interpretazioni di fatti e dati che, ovviamente, vengono utilizzati e rilanciati dalla destra, che non poteva certo farsi accusare di inerzia difronte ad una opposizione a Renzi interna al suo stesso partito.

Una destra che, fino ad allora aveva dettato l’agenda politica al Paese e che Renzi aveva ridotto all’angolo. 

La potenza di fuoco convergente, amico e nemico, e la sponda a questi continui attacchi da parte dei principali media, controllati dai poteri tradizionali che le riforme del governo stavano smontando, sono la ragione dell’unica, vera convergenza tra destra e “sinistra”, che procurerà la sconfitta del PD nel 2018, la condizione per fare fuori Renzi messa coscientemente in conto dai suoi oppositori interni.

Che la sconfitta di Renzi sarebbe stata anche la sconfitta del PD e il trionfo dei populisti e dei sovranisti era perfettamente chiaro. Lo spirito che li animava è ben espresso nel twit di un giornalista del FQ, che riproduco qui sotto. Pubblicato un anno fa esprime tutta la carica di inciviltà politica ed odio personale che sta alla base dell’antirenzismo che continuerà anche dopo il 2018.

Che il Patto del Nazareno non nascondesse alcun accordo politico con la destra, con la quale, per inciso, i massimi oppositori interni a Renzi erano già stati allegramente al governo, fu chiaro quando Renzi assunse la regia dell’operazione politica che portò Mattarella al Quirinale.

Tirò dritto, Renzi, anche contro l’opposizione di Berlusconi che si vendicò ritirando il suo appoggio alle riforme concordate sul tavolo istituzionale. Lo scempio fu completo quando l’opposizione “più di sinistra” mescolò, nel referendum del 2016, i suoi voti contrari con quelli della destra agevolandone il gioco. 

Oggi, nel caos di un regionalismo divergente e di un bicameralismo paralizzante, misuriamo meglio quell’errore frutto della character assassination di Renzi e che condizionò, come in parte ancora attualmente, l’opinione pubblica più attenta alle vecchie ideologie che ai propri interessi e a quelli vitali del Paese.

Per l’elezione di Mattarella, come pure per l’operazione tutta politica che portò Draghi a palazzo Chigi, Renzi antepose l’interesse del Paese al suo interesse personale, pagando prezzi altissimi, sia politici che personali.

Non basta riconoscerlo a denti stretti, né è Renzi a reclamare riconoscimenti per queste due mosse che ci hanno salvato da un destino peggiore. E’ il Paese che va risarcito dal danno che gli è stato procurato per avere interrotto il cammino riformista e favorito la destra populista e sovranista.

E va risarcito con nomi che uniscano gli italiani, di alto profilo etico e costituzionale, sia al Quirinale, sia a Palazzo Chigi. L’Italia ha grandi risorse.

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