Un paese che amo, il paese della mia mamma.Anche ora quando vado a RIPAFRATTA sono la figlia della "Cocca".
Un paese con una storia importante che conserva vestigia di grande rilievo.
Un paese rimasto inalterato nel tempo, non ci sono insediamenti nuovi, potrebbe essere il set di film d'epoca perché anche le case, le facciate conservano la patina del tempo.Un paese che è ancora comunità.
C'è un aggressore e c'è un aggredito. Quindi non ci può essere nessuna equidistanza tra Russia ed Ucraina e su questo mi pare che siamo tutti d'accordo.
C'è chi dice né con la Russia né con la Nato. E onestamente in questo caso mi pare più un riflesso di un'altra epoca che un'analisi su quello che accade oggi (poi dovremo parlare anche di questo: della Nato, dell'Europa, della strategia a Est. Ma dopo).
Come sempre dunque il punto vero è su cosa sia giusto, possibile, utile, lecito fare per cercare la pace.
Se sia accettabile il sostegno militare a un popolo aggredito o se sia vero che armare il popolo ucraino produrrà solo una escalation pericolosissima.
Non è una discussione nuova, chi ha qualche anno e ricorda il dramma dei Balcani sa quanto ci dividemmo a sinistra su questo.
In questo caso però la situazione è molto diversa, non stiamo intervenendo direttamente come accadde allora. Abbiamo però deciso di fornire armi a un popolo aggredito che resiste.
È giusto? È sbagliato?
Sono convinto che di fronte a un'invasione qualunque paese abbia diritto a resistere.
Molti in queste ore sostengono che il presidente ucraino avrebbe dovuto scappare invece di rimanere a guidare il suo popolo, per evitare così una pericolosa escalation. Trovo queste obiezioni onestamente inaccettabili, soprattutto quando vengono da sinistra: se siamo per l'autodeterminazione dei popoli non possiamo decidere noi per gli ucraini. Che a quanto pare la loro scelta l'hanno fatta e ne sono convinti al punto di combattere per difenderla.
Dunque torniamo all'inizio del ragionamento: c'è un aggredito e c'è un aggressore.
È giusto dare armi all'aggredito per aiutarlo a difendersi?
Personalmente penso di sì.
Non solo in questo caso (penso, per fare solo un esempio, che sostenere di più i curdi quando combattevano da soli l'Isis sarebbe stato giusto).
Molti obiettano, anche dalle piazze di ieri, che l'Europa dovrebbe assumere un'iniziativa diplomatica invece di dare armi.
Vero, verissimo: serve soprattutto un'iniziativa diplomatica. Ma c'è, è in campo da settimane. Da prima che iniziasse la guerra. È in corso anche in queste ore. Solo che non sta sortendo grandi risultati perché Putin non ha oggi alcun interesse a sedersi davvero al tavolo negoziale. E perché l'Ucraina non vuole arrendersi.
Le sanzioni economiche ci sono, dure come mai in precedenza. L'iniziativa diplomatica c'è ed è mondiale.
Realisticamente perché abbiano entrambe efficacia ci vorrà tempo.
Oggi la scelta dunque è se lasciare soli gli ucraini o provare a sostenere la loro resistenza.
Questo significa accettare la logica della guerra? No, almeno non per me.
Significa cercare di fermarla, aiutando la resistenza di un popolo aggredito. Significa non cedere a un modello imperialista che pensa possibile sconvolgere confini ed equilibri con le armi.
Significa difendere un modello che con tutti i suoi limiti e i suoi errori ha garantito anni di pace.
E significa, soprattutto, rendere più probabile che si arrivi a un cessate il fuoco in tempi ragionevolmente brevi.
I primi colloqui di pace ci sono stati quando la reazione mondiale ha fatto capire a Putin che non sarebbe stata una guerra chiusa in tre giorni e senza conseguenze economiche e politiche per la Russia.
Non ci fosse stata quella reazione probabilmente Kiev sarebbe già caduta.
Per questo, ovviamente tra mille dubbi e tante riflessioni, penso che quello che abbiamo scelto di fare sia giusto.
Un'ultima riflessione: capisco tutto, soprattutto l'emozione e la passione che suscita questa discussione. Ed è giusto che sia così. Ma proviamo ad evitare la logica insopportabile della rissa e della delegittimazione reciproca. Chi è contrario a dare le armi non è "un amico di Putin". Chi è favorevole non è "un guerrafondaio servo della Nato".
Proprio quando invochiamo il dialogo come soluzione, cerchiamo almeno di essere in grado di parlarci senza stupidi insulti.