La Pro Loco Ripafratta “Salviamo La Rocca” organizza per sabato 18 maggio una conferenza dal titolo “Crocevia di cammini - Il confine pisano-lucchese tra itinerari e cammini, beni storici, turismo sostenibile e volontariato culturale”. L’evento si terrà a Villa Roncioni, nel borgo di Pugnano, comune di San Giuliano Terme, alle ore 10
La resistenza armata è etica.
L’intervento di Luigi Manconi su Repubblica di oggi è semplicemente straordinario.
Dovrebbero leggerlo tutti, soprattutto chi confonde pace con resa e difesa della democrazia e della libertà con cinismo e realpolitik.
Grazie.
“Chi abbia letto i racconti partigiani di Beppe Fenoglio ricorderà con quanta ansia le diverse formazioni della resistenza attendessero e, poi, con quanto sollievo accogliessero i lanci dei rifornimenti (armi, attrezzature, tabacco) da parte degli aerei degli eserciti alleati. E quanto quelle provviste che piovevano dal cielo contribuissero a determinare il morale dei combattenti, la loro capacità militare e l`equilibrio dei rapporti di forza sul campo. Di conseguenza fatico a immaginare perché mai - pur essendo nel frattempo cambiato il mondo - inviare mezzi militari ai resistenti ucraini costituisca un errore irreparabile e un rischio mortale.
Per me l`Associazione nazionale partigiani d`Italia è sacra, ma non riesco proprio a intendere le parole del suo presidente Gianfranco Pagliarulo quando afferma che «l`invio di armi in Ucraina espone il nostro Paese a un grave pericolo».
E, dal contesto, si evince che quanto si teme sia la rappresaglia contro l`Italia, oltre che l`acutizzarsi del conflitto. La conseguenza ultima, ma coerentissima, di un simile ragionamento è quella di chiedere - qualcuno già lo fa - la resa immediata dell`Ucraina.
Ma, con questa logica, si sarebbe dovuto rinunciare a gran parte delle azioni armate della Resistenza, con l`inevitabile mortificazione di qualunque ruolo dell`Italia nella guerra di liberazione e di qualunque successiva ambizione all`indipendenza e alla sovranità nazionale.
Ecco, pur considerando il profondo mutamento intercorso tra l`Europa degli anni Quaranta e quella odierna, credo che il sostegno ai cittadini ucraini per difendere l`identità, la dignità e il ruolo futuro di quel popolo, sia cruciale. Dico questo perché ritengo che le posizioni di quanti si dichiarano pacifisti vadano prese sul serio e trattate con rispetto, al netto di due considerazioni.La prima: mi sembra evidente che, come mi dice Massimo Recalcati, «l`inconscio di una certa sinistra detesta la democrazia». Così si spiega, forse, l`affannarsi di tanti nel precisare puntigliosamente che «Putin non è Hitler».….
In altre parole, la domanda è: cosa fare oggi - proprio oggi - mentre un colpo di mortaio annienta una madre, un padre e i loro figli in una strada di Irpin?
Ecco, fatta salva l`urgenza di tentare tutte le vie politico-diplomatiche, tutte le mediazioni internazionali, tutti i percorsi per negoziati, corridoi umanitari e cessate il fuoco: ecco, tentato tutto questo, perché mai non dovremmo sostenere, anche attraverso la fornitura di armi, gli ucraini che vorrebbero difendere quella famiglia?
È il senso di quella che già trent`anni fa, dopo l`assedio di Sarajevo e la strage di Srebrenica, chiamammo ingerenza umanitaria. Ed è, ancora, nient`altro che la trasposizione - nel ferro e nel fuoco dell`occupazione russa - dell`apologo del Mahatma Gandhi (ricordato da Vito Mancuso su La Stampa di domenica scorsa): un uomo in preda a follia omicida uccide con la sua spada chiunque incontri sul cammino: colui che trova il coraggio di ucciderlo sarà considerato un uomo caritatevole.….
Infine, c`è un`enorme questione etica: si deve adottare la massima prudenza per evitare effetti non voluti e che un domani quelle armi, inviate in Ucraina, siano rivolte contro di noi. Ma resta un dilemma ineludibile: davanti all`inerme che soccombe, gli "uomini caritatevoli" possono sottrarsi alle proprie responsabilità in nome del rifiuto della violenza e della guerra?
E consentire - ovvero non impedire - che l`inerme sia cancellato dalla faccia della terra e dalla storia non significa, forse, perpetuare la più grande delle ingiustizie?”