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In questo nuovo articolo di Franco Gabbani viene trattato un argomento basilare per la società dell'epoca, la crescita culturale della popolazione e dei lavoratori, destinati nella stragrande maggioranza ad un completo analfabetismo, e, anzi, il progresso culturale, peraltro ancora a livelli infinitesimali, era totalmente avversato dalle classi governanti e abbienti, per le quali la popolazione delle campagne era destinata esclusivamente ai lavori agricoli, ed inoltre la cultura era vista come strumento rivoluzionario. 

Sei fuori tema. Ma sappiamo per chi parli. . .
. . . non so se sono in tema; ma però partito vuol .....
Quelle sono opinioni contrastanti, il sale della democrazia, .....
. . . non siamo sui canali Mediaset del dopodesinare .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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San Giuliano Terme, 18 maggio
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di GIOVANNI SANTANIELLO - Intervista a Stefano Ceccanti (La Sapienza)
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Filettole- 21 Maggio ore 17,30
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Elezioni europee 2024
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Domenica 19 maggio alle 11 nei locali della Casa del Popolo di Campo
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Dal 17 al 19 Maggio ore 10.00 - 20.00
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Forum Innovazione di Italia Economy" II EDIZIONE
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Valdottavo, 17 maggio
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Pisa: quartiere delle Piagge
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Pisa, 16 maggio
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Credevo di riuscirci mare
Ma non ti potei solcare
Ma è vero giuro è vero
Pur cambiando la vela e mura
Se gira il vento dritta
Al cuore
Per amarti .....
La Proloco di San Giuliano Terme, attenta alla promozione e alla valorizzazione dell'ambiente indice il concorso "il giardino e il terrazzo più bello" .....
di Fabrizio Rondolino
La premessa di Orsini è che la Russia vincerà la guerra...

29/3/2022 - 8:48

La verità è che Alessandro Orsini – l’ultimo eroe dell’ininterrotto freak show a reti unificate che accompagna la nostra vita – ha ragione e dice la verità: o per meglio dire, poiché è questo nell’epoca del nichilismo compiuto il significato di verità, esprime l’opinione di una stragrande maggioranza di persone, di istituzioni, di leader, di Stati.


La premessa di Orsini è che la Russia vincerà la guerra; la conclusione, che l’Ucraina farebbe bene ad arrendersi subito. La premessa è discutibile – anzi, è tecnicamente falsa – ma la conclusione è esattamente ciò che noi fin dal primo giorno desideriamo.


Noi, ciascuno a suo modo: l’Europa, il Papa, i pacifisti, le leadership politiche e culturali, la Nato, la sinistra e la destra. Tutti noi vediamo questa guerra innanzitutto come un fastidio, come un accidente venuto a turbare l’equilibrio del nostro piccolo grande mondo, a intaccare le nostre riserve di gas, a rovinare i nostri affari, a contrarre il nostro Pil. Con Putin – come con tutti i “macellai” del mondo – abbiamo da sempre ottime relazioni, e il principio delle sfere di influenza (ereditato dalla Guerra fredda, di cui siamo orfani inconsolabili) ci rassicura nel torpore e negli affari.


Così, al tono sempre più acceso delle parole, che nel mondo della comuncazione totale non valgono più nulla, si contrappone un’evidente titubanza a fare ciò che andrebbe fatto: armare di più e meglio l’esercito e il popolo ucraino, inasprire le sanzioni, chiudere il rubinetto del gas russo, difendere i cieli dell’Ucraina, aprirle le porte dell'Unione europea. Noi parliamo, denunciamo, accusiamo, ma in cuor nostro pensiamo come Orsini che sarebbe meglio, molto meglio se questi slavi che vogliono essere anche occidentali la smettessero di combattere e ci consentissero di tornare ai nostri affari e al nostro torpore.


Ma c’è qualcosa che ci impedisce di confessare questa verità, che ci obbliga a reagire, e che prima o poi ci spingerà a fare le cose che dobbiamo fare. Qualcosa di straordinario, di inaspettato, di sorprendente, di eroico: gli ucraini. Hanno conosciuto per secoli il dominio russo, e non intendono per nessun motivo ritornarvi. Hanno scelto liberamente l’Occidente, e intendono restarvi ad ogni costo. La loro resistenza è la nostra coscienza. La loro volontà di difendere la propria libertà restituisce significato ad una parola che da noi significa arbitrio, irrisione, licenza.


Non è la guerra di Putin, ma la resistenza degli ucraini a turbare i nostri sonni, a risvegliarci dal torpore, a costringerci a domande radicali. Quando questa guerra sarà vinta, dovremo ringraziarli per averci insegnato a diventare come avremmo dovuto essere.





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