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L'articolo di oggi non poteva non far riferimento alla festa del SS. Crocifisso che Pontasserchio si appresta a celebrare, il 28 aprile.Da quella ricorrenza è nata la Fiera del 28, che poi da diversi anni si è trasformata in Agrifiera, pronta ad essere inaugurata il 19 aprile per aprire i battenti sabato 20.La vicenda che viene narrata, con il riferimento al miracolo del SS. Crocifisso, riguarda la diatriba sorta tra parroci per il possesso di una campana alla fine del '700, originata dalla "dismissione" delle due vecchie chiese di Vecchializia. 

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per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Colori u n altra rosa
Una altra primavera
Per ringraziarti amore
Compagna di una vita
Un fiore dal Cielo

Aspetto ogni sera
I l tuo ritorno a casa
Per .....
Oggi è venuto a mancare all’affetto di tutti coloro che lo conoscevano Renato Moncini, disegnatore della Nasa , pittore e artista per passione. .....
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Dai ponti al mare: ARZAVOLINO E LE CHEPPIE

2/5/2022 - 22:00

 
 
Sotto il ponte dell'Aurelia c'erano delle buche e un dislivello nell'alveo del Serchio faceva aumentare la velocità dell'acqua. Era lì che si annidavano lasche, rovelle e barbi che io e Canapino cercavamo di prendere dalla mattina alla sera appena finite le scuole.
Un giorno arrivammo a prenderne 130 ciascuno, una più una meno, perché alla conta il mucchio dei pesci cresceva o calava a seconda se chi contava era quello che li aveva presi o il concorrente. Questa pescata rimase molto tempo sulla bocca dei nostri amici, quasi quanto i tre quintali di eppie per Franco del Boschi.
La strada che da Migliarino andava a Bocca di Serchio e che portava alla nostra baracca situata sulla riva di S. Rossore passava, dal Marmo alla caserma della finanza, quasi per l'intero percorso sull'argine del fiume, vicinissima all'acqua, costeggiando casotti di vecchi pescatori che vivevano quasi completamente con il ricavato della pesca con i retoni.
Il primo di questi, partendo dai ponti, quello dell'Aurelia e quello della ferrovia, era della contessa Dal Borgo, tenuto da mio nonno Marino, poi veniva quello del Panicucci, quello di Ottorino che non si levava mai la pipa di bocca (una volta scendendo l'argine gli si ruppero i freni della bicicletta e cascò in Serchio quasi pedalando uscendone soffiando schizzi invece di fumo), poi si trovava il retone di Arzavolino, un bracconiere metatese (che dormì più di una notte sotto le stelle, in campi d'erba alta, per non farsi trovare e prendere dalle guardie di S. Rossore), poi quello di un dipendente della tenuta, quello di Mattone, del Vanni, il nostro, quello del Rossi e infine quello dei Giorgi, avanesi, che aveva le antenne, due su Migliarino e due addirittura sulla spiaggia al limite del mare.
Stavamo andando al mare io e Franco, in bicicletta sull'argine, quando, arrivati di fronte al retone di Arzavolino, trovammo il vecchio pescatore che urlava disperato e contento, con la rete a mezz'acqua che ribolliva dai tanti pesci che vi erano rimasti intrappolati e lui che non sapeva se continuare a tirare su con il rischio di rompere tutto dal gran peso o mollare e perdere l'opportunità di passare alla storia.
Noi ragazzi ci mettemmo ai burberini, Arzavolino andò in barca in mezzo al Serchio, abbassò un lato della rete per entrare nel quadrato d'acqua racchiuso dalla filaiola e cominciò con un retino a cercare di chiappare quanti più pesci possibile da buttare in barca mentre noi alzavamo con gli argani, piano piano, la rete ora alleggerita, finché questa non arrivò a strusciare la poppa e la prua. A quel punto rete nell'acqua ce n'era rimasta poca e l'acqua non era più acqua, ma squame, schiuma, sangue e ti veniva alla mente quel documentario sulla mattanza dei tonni a Favignana dove il pesce moriva dibattendosi, schiumando, scodando ed il rais Arzavolino tutto bagnato, gocciolante l'argento delle squame, immerso nei pesci fino alle ginocchia, con la barca ai limiti dell'affondamento e noi a bocca aperta finché le urla di gioia del vecchio ci scossero e ricalammo la rete di quel tanto da fare uscire la barca, ritirammo su e, dopo aver scaricato il primo viaggio, potemmo così finire la pescata nel modo consueto.
I pesci erano cheppie, quelle che a fine primavera risalivano i fiumi per deporre le uova più a monte possibile, succedanei salmoni nostrali, i cui figli alla fine della primavera successiva si sarebbero visti al tramonto fare piccoli salti fuori dall'acqua, quasi argentea pioggia e che noi chiamavamo allora “lattaini”.
Sia il fatto che le cheppie viaggiavano in enormi branchi a fior d'acqua e quindi visibili per poter tirar su la rete al momento giusto, sia perché Arzavolino aveva il retone nell'Oncino, il punto più stretto del Serchio dove l'imboscata riusciva più facile, tutto fece sì che quella fosse una pescata spettacolare: tre quintali.
Il Boschi è andato in marina, è andato ad abitare a Torre del lago e ci vediamo di rado, ma quando c'incontriamo ci salutiamo con un “ciao” e un “come va” e con una riposta di Franco che è sempre la stessa:
"Bene, ma i tre quintali di eppie?"
 
 
 

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