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L'articolo di oggi non poteva non far riferimento alla festa del SS. Crocifisso che Pontasserchio si appresta a celebrare, il 28 aprile.Da quella ricorrenza è nata la Fiera del 28, che poi da diversi anni si è trasformata in Agrifiera, pronta ad essere inaugurata il 19 aprile per aprire i battenti sabato 20.La vicenda che viene narrata, con il riferimento al miracolo del SS. Crocifisso, riguarda la diatriba sorta tra parroci per il possesso di una campana alla fine del '700, originata dalla "dismissione" delle due vecchie chiese di Vecchializia. 

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Lei non è "abbastanzina informato" si informi chi .....
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per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Colori u n altra rosa
Una altra primavera
Per ringraziarti amore
Compagna di una vita
Un fiore dal Cielo

Aspetto ogni sera
I l tuo ritorno a casa
Per .....
Oggi è venuto a mancare all’affetto di tutti coloro che lo conoscevano Renato Moncini, disegnatore della Nasa , pittore e artista per passione. .....
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Dai ponti al mare: FRA LE PAGLIE

15/7/2022 - 16:30

 
 
"Da buoni bambini, fate la piscia e la cacca che sul mare sennò torna male."
Con queste parole le mamme preparavano i figlioli mentre preparavano il tegamino con la pastasciutta e qualche panino col pomodoro o la mortadella o con quella cioccolata metà bianca e metà marrone che si comprava a etti e a taglio e che diverrà la madre di tutte le nutelle.
Nella borsa, "lo sportino", si doveva mettere anche un fiasco d'acqua perché quella che tempi addietro si prendeva con un secchio di lamiera zincata in un pozzo vicino alla baracca dei pescatori, era sempre più piena di boddicchi e legnetti e ultimamente anche di barattoli, cartacce e trugolai vari.
Solo se era domenica ed al mare veniva anche il babbo, allora all'acqua andava aggiunta anche una bottiglia di vino e d'obbligo anche un altro tegamino con un'altra pietanza.
In un'altra borsa si mettevano costumini di lana di riserva, un paio di asciugamani e chi non aveva la baracca già fatta o amici quel giorno assenti che te la potevano prestare, allora anche un lenzuolo da poter adattare a tenda di fortuna. Lavoro a maglia, secchiello e paletta se c'era un bimbo piccino, canna da pesca in due o tre pezzi di bambù se era più grande, giornalini già letti da scambiarsi, carte da gioco, dovevano trovare posto anch'essi nel borsone e d'altra parte era giusto che fossero due le sporte per bilanciare il manubrio della bicicletta.
Se si era stati buoni e le cose in casa andavano bene, allora dalla Silvana, prima di traversare l'Aurelia, si poteva sperare di avere l'ultimo numero dell'Intrepido Capitan Miki o Il piccolo sceriffo o Il monello, altrimenti andavamo con la speranza che li avesse comprati qualche altro.
Arrivati al mare ognuno metteva la sua roba nella propria baracca, le borse sulla tavola perché non si mangiasse pane e rena a desinare, le camicie e i pantaloni appesi ad un chiodo con sotto gli zoccoli o le scarpe e tutti a corsa a ritrovarsi all'ombra della capanna più vicina all'acqua, il fresco la mattina era dalla parte del mare, a chiacchera, a leggere giornalini ed aspettare l'ora del bagno che immancabilmente non era mai prima delle 11, neanche in pieno agosto quando ai migliarinesi si univano bagnanti forestieri che, inspiegabilmente per noi, non avevano orari per entrare in mare e non commuoveva per niente le mamme quella discriminazione che si creava sui tempi e fra bambini di fuori e nostrani.
Fino all'ora tutti i giochi erano provati e riprovati: a pagliaietto con la terribile penitenza finale del "direfarebaciarelettera o testamento" per lo sbadato o lo sfortunato che faceva cadere lo stollo, il giro degli zoccoli guidati dalla cantilena "allo scambio del giò giocava Cascindò aulì aulé" che uno a turno recitava scambiando velocemente senso di rotazione e facendo battere zoccolate sulle mani di chi non era pronto.
I giovanotti non avevano problemi sulla spiaggia per soddisfare il bisogno più frequente, bastava aspettare l'ora del bagno e si liberava la vescica con un bel sentore di caldo nel costume che si propagava velocemente fino alle cosce ed altrettanto velocemente spariva, mentre i bambini più piccoli, non vergognandosi del pisellino all'aria, eseguivano in ogni luogo, aiutati da mani materne.
Le ragazze che non richiedevano bagnarsi tutte intere, si sedevano a contemplare l'onda marina e rialzandosi poi con quel pezzetto di stoffa bagnata in basso avevano l'alibi dell'acqua che era arrivata fin dove stavano a sedere, ma le altre donne più vergognose o tutti gli altri “più bisognosi” dovevano andare lontano fra le dune.
La mattina era raro che si vedesse gente che si allontanava dalle baracche, i maschi da soli, le femmine a coppie, raramente in tre, ma il pomeriggio era un via vai di donne, uomini, bambini che, i più disinvolti con un foglio in mano, si dirigevano verso le paglie di S. Rossore.
Vicino alle baracche c'era una palizzata quasi completamente distrutta che segnava un possibile confine fra Serchio e mare e che sembrava nata per marcare la spiaggia a sud, solida e stabile e naturale, dalla lingua a nord, la nostra spiaggia, mobile stagionale e per questo non sempre segnata nelle stampe antiche della topografia pisana.
Per un tacito accordo, mai d'altronde verificato il contrario, noi stavamo al di qua di quei pezzetti di palo affioranti dalla sabbia dove si vedevano ancora segni di filo spinato e mai nessuno si era azzardato a costruire la baracca fuori da quel labile confine. Di là c'era S. Rossore, le guardie, i cani, la tenuta, il re(?), il presidente ed un mondo a tutti non gradito e che non gradiva certo noi, ma se alla mente si poteva comandare, al corpo bisognava ubbidire. Per questo, forse, c'era una rivalsa ed anche un po' di spregio. Si cacava in S.Rossore che solo per quei pochi minuti di lavoro dava riparo e protezione.
Qualcuno andava ostentando fogli di giornale o quelli che fino a poco prima avevano riparato due fette di pane col salame, altri fagottini di carta arrotolata infilati nel costume che dava strani segni di cose non al punto giusto, le donne in due, chiaccherando a testa bassa per darsi un contegno e tutto quell'andirivieni controllato e commentato da coloro che stavano oziando al fresco della baracca, questa volta quella più vicina al confine.
"Badalà quel buzzone che se caa quanto mangia si pareggia le dune di merda"
"Vai che al ritorno sei più leggero!"
"Luilì ‘un ce la fa a arrivà’ e si caa addosso prima"
"Hai visto che popò di topine sono la Sara e la Gabriella? Saddio com’é contenta la rena di vedenni tutto"
"Quel culone della Franca se invece di spinge’ col culo, tira, ci fa la bua nella rena"
"Vieni bimbino fatti anco pulì da tu ma'"
E fra battute maligne e maliziose di culi e passere all'aria, carezzati da sogni lascivi e da mosche cavalline che si facevano grasse con tutto quel bendidio che pioveva letteralmente dal cielo, tutto si riduceva a grandi risate e così il ritorno risultava sempre imbarazzante per quelli che ne erano usciti da poco e che temevano di aver lasciato qualcosa di personale od essere stati visti nell'atto più naturale, più democratico, più comune ma che andava però tenuto nascosto e segreto come se cacare fosse proibito !

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