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In questo nuovo articolo di Franco Gabbani le vicende storiche, incentrate tra la fine del '700 e l'inizio dell'800, travalicano i confini della Valdiserchio, come già accaduto in diverse occasioni, e d'Italia, espandendosi in Europa.E' la storia di un giovane costretto a seguire la carriera militare per problemi e ripicche amorose, con l'inevitabile nefasta conclusione, raccontata utilizzando le stesse parole dell'ussero, che ci danno uno spaccato di un'esistenza iniziata negli agi della famiglia gentilizia e terminata sui campi di battaglia 

Comune di Vecchiano
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Massimiliano Angori sindaco
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La ricerca è attiva in tutta Italia
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Migliarino Nodica Pisa e Vecchiano.
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. . . dalla parte della Palestina ? Perché il governo .....
Com’è noto il generoso 110% e i suoi fratelli, .....
Bravo Bruno da o di ovunque tu sia, sono con te. .....
. . . prima che siano passati almeno 30/ 40 anni chiederà .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Vivrò con la faccia che tu amavi
Coi miei giochi sempre nuovi
Col difetto di sognare
Lo so che ho imparato a dirti amore
Quando ormai ci era di andare
Dove .....
Se i limiti di velocità servono a tutelare la sicurezza, non capisco perchè le auto della Polizia Municipale si debbano nascondere per poi rilevare .....
Tutto sulla famiglia, la mia:(seconda puntata)

12/9/2022 - 20:52


Incontro tra Aristea e Alfonso


Era la domenica delle Palme, festa grande in paese. Per assistere alla processione venivano dalle borgate vicine, era l´occasione per rincontrarsi o per conoscersi. Mia nonna racconta:
Ricordo ancora l’abito che indossavo: un vestitino a fiori che mi segnava la vita per poi ricadere fino a metà polpaccio, chiuso davanti da una fila di piccoli bottoni in madreperla, mia mamma aveva applicato un colletto in picchè bianco e aveva raccolto i miei lunghi capelli in due trecce. Dopo essermi guardata più volte al piccolo specchio del lavabo uscimmo di casa per raggiungere la chiesa. La piazza del paese era gremita, a quel tempo gli uomini e le donne entravano in chiesa da due porte diverse: le donne dalla grande porta centrale e gli uomini da una porta laterale, una volta entrati gli uomini si posizionavano sulle panche davanti e noi donne dietro. Quella mattina la funzione andava per le lunghe con canti e preghiere tanto da annoiarmi. Avevo notato sulla panca davanti alla mia un ragazzo, non ricordavo di averlo visto prima. Di lui vedevo la nuca e ogni tanto il profilo. Dovevo trovare il modo di farlo girare. Il caso lo fece per me. Un improvviso colpo d’aria fece sbattere la porta rimasta socchiusa e lui assieme ad altri si girò. Gli altri non li vidi, bastarono pochi secondi sentì le mie guance colorarsi di rosso i miei occhi si abbassarono per l’imbarazzo. Per due anni non perdemmo una messa. Quel giorno compivo tredici anni.
Per non rovinare l’unico paio di scarpe che aveva, Alfonso tutte le domeniche percorreva la mulattiera che portava in paese con gli zoccoli. Le scarpe le riponeva in una sacca di tela che portava a tracolla e solo vicino al paese faceva il cambio. Le sue origini erano umili ma voleva fare bella figura con quella ragazza dalle lunghe trecce. Mio nonno aveva quattordici anni.
Erano passati due mesi e i ragazzi non si erano mai parlati. I loro sguardi furono notati da Alceste, il padre di Aristea che un giorno al ritorno dalla messa affrontò la figlia.
“A me quel ragazzo lì un mi garba! È analfabeta e non ha lavoro come si deve, un ti fa veni’ strane idee”
Mia nonna Aristea era giovane ma con un carattere deciso non si preoccupò più di tanto. A lei quel ragazzo garbava.
Alceste aveva saputo dai paesani che sua figlia e quel ragazzo non solo si guardavano si erano anche parlati sulla piazza della Chiesa davanti a tutti. Pensò bene di affrontare il giovane per dissuaderlo.
“Devi sta’ lontano dalla mi’ figliola, non hai né arte né parte non ti voglio più vedere”
Così dicendo si avvicinò minaccioso al ragazzo alzando la mano destra. Alfonso non guardò la mano alzata ma gli occhi dell’uomo e rispose:
“Io la vostra figliola prima o poi la sposo!”
Alceste tornò a casa su tutte le furie. Come si permetteva quel ragazzo rozzo e arrogante di affrontarlo cosi! Per i due giovani divenne sempre più difficile vedersi. A mia nonna fu proibito di uscire di casa per partecipare alla Messa della domenica. Solo grazie all’intervento della mamma che Aristea riusciva a farlo di nascosto.
 
Una grande decisione: partire per l’America


Erano passati quasi due anni. Non poteva andare avanti così. Alfonso doveva dimostrare al padre di Aristea di essere degno di chiedere la mano di sua figlia.
In quei giorni in paese era arrivato un uomo, un vecchio amico di Flavio: il padre di Alfonso. Era partito per l’America cinque anni prima in cerca di fortuna e l’aveva trovata. Era tornato per sbrigare degli affari.
Alfonso incontrò l’amico di suo padre nella bottega del paese, timidamente si fece avanti e si presentò, gli spiegò il suo problema senza entrare nei particolari. L’uomo ascoltò attentamente il ragazzo poi, forze per l’amicizia che lo legava al padre gli fece una proposta; partire insieme a lui.
Alfonso non se lo fece dire due volte. Andò a casa e lo comunicò ai genitori. Appena fu possibile informò Aristea e preparò i documenti per la partenza.
Aristea all’inizio non era convinta di quella decisione ma capì che era l’unica soluzione che gli avrebbe permesso di sposarsi.
 
Il viaggio in America e il matrimonio
 
Usci di casa chiudendo la pesante porta di castagno senza girarsi.
Mi piace pensarla così l’uscita di casa di Alfonso in quella fredda mattina di gennaio del 1903. Aveva sedici anni.
Sua mamma gli aveva preparato una sacca di tela con abiti puliti e qualcosa da mangiare durante il viaggio: del lardo, una forma di formaggio e un pane con le patate.
Fecero a piedi la mulattiera coperta di neve per arrivare a prendere la corriera che gli avrebbe portati alla stazione per raggiungere il porto di Genova. Alfonso non aveva mai visto il mare. Il Bastimento stracarico di uomini e donne in cerca di fortuna salpò il giorno dopo. Il viaggio fu lungo e non privo di difficoltà. La prima il mare. Una immensa massa d’acqua di cui Alfonso non vedeva la fine, e la ricerca di uno spazio dove passare la notte. Dove gli odori o per meglio dire i mali odori si mischiavano tanto da non poterne riconoscere il suo. Quando la nave entrò in porto la vista di New York lo ferì come di uno stormo di corvi neri nel cielo azzurro. I grattaceli gli sembrarono giganti di cemento pronti a schiacciarlo. La vicinanza dell’amico di suo padre fu preziosa. L’uomo oltre che a trovargli un lavoro lo guidò in quel mondo sconosciuto dove per dire capo si diceva boss. Alfonso era manovale in una ditta di carpenteria edile. Un lavoro duro per un ragazzo di sedici anni “In due anni mi sono cambiato la camicia tre volte” lo ripeteva sempre mio nonno.
Alfonso nutriva per l’America lo stesso amore che una gallina ha per la volpe.
Dopo due anni Alfonso ritornò in paese. Era partito ragazzo ed era tornato un uomo. Un uomo con in tasca i soldi per comprarsi la casa ma non era ancora il momento. Andò a lavorare con il padre nel bosco. Pulivano le selve, potavano alberi di castagno per renderli più produttivi e ricavarne tavole per i mobili e travi per i tetti. Diventò bravo nella costruzione della carbonaia, una sorta di cumulo di legna e terra con un camino centrale. La scarsità di ossigeno non permetteva alla legna di bruciare: cosi si trasformava in carbone attraverso un procedimento lento.
Alceste continuava a vedere in Alfonso una minaccia per sua figlia… a lui quel ragazzo non piaceva. L’anno dopo Alfonso ricevette la cartolina per il servizio militare.
Dopo avere servito la patria per due anni ritornò a Focchia. I tempi erano quasi maturi per il matrimonio dovevano solo attendere la maggiore età di Aristea. Appena compiuti i ventuno anni Aristea preparò i documenti ma non sapeva come dirlo al padre. Poi trovò la soluzione “Non glielo diciamo, lo mettiamo davanti al fatto compiuto”. Parlarono con il Parroco del paese che li appoggiò.
Erano le cinque di mattina quando Aristea scivolò fuori dalla porta di casa senza fare rumore per raggiungere la chiesa. Lei e mio nonno uscirono da quel luogo Sacro felici. Aristea aveva un’ultima da cosa fare, andare a casa per prendere i suoi effetti personali mentre Alfonso l’avrebbe aspettata nella nuova casa.
Aristea aprì piano la porta. Suo padre era in cucina che l’aspettava con le mani sui fianchi e lo sguardo minaccioso.
“Dove sei stata? Svergognata hai passato la notte con quel…”
Aristea iniziò a tremare, come poteva dirgli la verità? Non gliela disse. Non andò nella nuova casa.
Alfonso non sapeva cosa pensare, fece passare otto giorni poi a passo svelto si presentò a casa del suocero. Dalla porta sentì la voce di Aristea che per l’ennesima volta litigava con il padre, non ci pensò due volte, con un calcio la spalancò e con la rabbia di chi era stanco di aspettare gridò a Aristea: “Siamo marito e moglie, quando vi decidete di veni’ a casa”! Aristea non se lo fece dire due volte, uscì dalla stanza senza girarsi. Alceste, rimase di stucco. Quell’uomo rozzo e analfabeta le aveva portato via sua figlia. (continua…)

 

Franca Giannecchini

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23/9/2022 - 22:22

AUTORE:
Maria Angela

GRAZIE INFINITE Franca per le emozioni intense e bellissime che mi sta regalando il tuo racconto.
Più di 50 anni fa eri la mia amica del cuore, il mio mito. Mi ricordo con nostalgia i nostri giochi nella fantastica soffitta della tua casa. Ho conosciuto i tuoi genitori e anche tuo nonno Alfonso, ritrovarli qui dopo tanto tempo è stata una sorpresa indescrivibile. Non vedo l'ora di leggere le nuove puntate.

13/9/2022 - 9:29

AUTORE:
adele

rapita dal racconto mi tocca aspettare per il seguito, spero non come Alceste 2 anni!
grazie di raccontare, sembra una novella.

12/9/2022 - 23:02

AUTORE:
silvia Cerretelli

Mi lascia con il fiato sospeso anche questa sera.
Grazie Franca.

Silvia