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In questo nuovo articolo di Franco Gabbani le vicende storiche, incentrate tra la fine del '700 e l'inizio dell'800, travalicano i confini della Valdiserchio, come già accaduto in diverse occasioni, e d'Italia, espandendosi in Europa.E' la storia di un giovane costretto a seguire la carriera militare per problemi e ripicche amorose, con l'inevitabile nefasta conclusione, raccontata utilizzando le stesse parole dell'ussero, che ci danno uno spaccato di un'esistenza iniziata negli agi della famiglia gentilizia e terminata sui campi di battaglia 

Comune di Vecchiano
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Massimiliano Angori sindaco
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La ricerca è attiva in tutta Italia
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Migliarino Nodica Pisa e Vecchiano.
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. . . dalla parte della Palestina ? Perché il governo .....
Com’è noto il generoso 110% e i suoi fratelli, .....
Bravo Bruno da o di ovunque tu sia, sono con te. .....
. . . prima che siano passati almeno 30/ 40 anni chiederà .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Vivrò con la faccia che tu amavi
Coi miei giochi sempre nuovi
Col difetto di sognare
Lo so che ho imparato a dirti amore
Quando ormai ci era di andare
Dove .....
Se i limiti di velocità servono a tutelare la sicurezza, non capisco perchè le auto della Polizia Municipale si debbano nascondere per poi rilevare .....
Incontrati per caso...
di Valdo Mori
ALBERTO FREMURA

2/1/2023 - 16:27


La Torre di Calafuria o dè Mattaccini si trova a circa 7 miglia a sud di Livorno.
E’ in questa fortificazione eretta sulla scogliera circa 500 anni fa che il famoso pittore, ritrattista e vignettista Alberto Fremura ha creato, per un lungo tempo, la maggior parte dei suoi splendidi quadri a olio, acquarelli, incisioni e i disegni a china perle sue pepatissime vignette.
La Torre è stata anche il set cinematografico di alcuni film iniziando da quello di Macario “Il pirata sono io” del 1940. Giovani studenti di architettura hanno preparato all’interno della struttura le loro tesi di laurea incoraggiati e supportati dalle preziose informazioni di Alberto.
Calafuria deriva il nome da una piccola cala sotto alla Torre; non conosco invece le ragioni della seconda denominazione etimologica. Il Maestro ha pensato bene di rispettarla facendosi insignire del diploma di “Matto Onorario” dalla città di Gubbio. La manifestazione dell’investitura si svolge ogni anno nella cittadina umbra con tanto di battesimo in notturna tramite immersione nella principale fontana del paese. L‘attestato completo di “bolla” fa bella mostra di se appeso ad una parete dell’ultimo piano della Torre dove il Maestro si ritira, soprattutto di notte e in completa solitudine ,per creare i suoi capolavori artistici.
Narra la leggenda che la Torre sia popolata da fantasmi; posso assicurare che nelle lunghe notti trascorse insieme a parlare, ridere e scherzare sugli argomenti più disparati  dalla politica allo spettacolo ai pettegolezzi su personaggi in vista, nessun fantasma ha interrotto questi piacevoli incontri quanto meno inusuali tra un livornese ed un pisano che si sono limitati a originali e spesso comici reciproci dileggi.
E nel cuore della notte in un silenzio popolato solo da sensazioni di sogno il Maestro lavora aspirando profondamente l’ immancabile toscano aggiustandosi gli occhialetti tipo old-fashion mentre i tratti a china si susseguono lenti e sicuri sulla carta dando vita a nuovi volti e paesaggi.
Forse i famosi fantasmi ci sono davvero ma stanno nascosti zitti e buoni (tanto sono invisibili) in attesa di ascoltare una battuta o veder nascere una vignetta e farsi tante grasse risate.
Ho avuto il piacere di trascorrere molto tempo insieme a Fremura oltre che nella Torre in giro per Mostre e Convegni facendo tesoro dei suoi insegnamenti artistici ed umani elargiti con fraterna amicizia.
Tra i numerosi ricordi ed aneddoti da raccontare ne riporto uno poco conosciuto e relativo ad una sua passione giovanile: la moto.
Accanto al tavolo di lavoro tra colori, pennelli, fogli, bozzetti, appunti, matite e mille altri aggeggi per dipingere e disegnare rimasi colpito da una piccola foto appesa  al lato del tavolo. Raffigurava il Maestro in sella ad uno splendido esemplare di Moto Guzzi
“ E’ un carissimo ricordo – sospirò Alberto – una moto che mi ha dato sensazioni uniche e irripetibili”
Non mi sentii d fare domande e lasciai che continuasse a parlare con calma e partecipazione della sua creatura. 
 
“La mia prima ed unica moto è stata la mitica Guzzi Falcone, 500 di cilindrata, un solo cilindro, un suono di scappamento severo e ben scandito come il metronomo dl  un pianoforte.

Era la versione  Sahara color sabbia con cromature e rifiniture metalliche in nero opaco:  uno spettacolo a vedersi un suono sublime per gli orecchi. Aveva un sellino largo e comodo come una poltrona che dava al guidatore  una posizione anatomica rilassante specie per i percorsi lunghi da turismo.  La pagai n milione di lire: era il 1975 se ben ricordo.

Comunque  una moto con un gran carattere perfetta per due baffoni lunghi ed occhialoni da militare del  deserto dell’ultima guerra. Ma era pesante ed un giorno mentre la spostavo da fermo si adagiò piano piano sul mio piede. Poiché l’amavo non tirai nemmeno un sacramento. Il mio sogno è di riaverne un’altra, magari sempre Guzzi più moderna adatta ai tempi ma, soprattutto, più leggera”
 
 
 

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